Capitolo III


La formazione di una regina


Ho la strana sensazione che la prossima grande 
personificazione del futuro sarà una donna. 
Se il nostro cambio di rotta è rivolto 
verso una realtà più grande, 
sarà una donna che ci indichi la strada.

HENRY MILLER,
Dell'arte e del futuro



1

Kumba Mela sul Monte Kailas


I rossicci bagliori del tramonto, riflettendosi nelle migliaia di scaglie di oro collocate nei soffitti del Palazzo di Potala, accentuavano l'impressione che ha prodotto sempre questo edificio di somigliare un'immensa porta di accesso a un mondo magico.

Da uno degli alti finestroni del palazzo dell'ingegnere Richard Teucher contemplava, affascinato, l'ineguagliabile spettacolo che si estendeva sotto i suoi piedi:  la città di Lhasa, capitale del Tibet e il maggior centro sacro del buddismo vajrayana, risplendeva in tutta la sua strana bellezza.

Anche se il matrimonio Teucher e sua figliola Regina portavano già due anni di permanenza a Sera  —monastero vicino a Lhasa— era questa la prima occasione in cui visitavano la residenza ufficiale del Dalai Lama, supremo dirigente spirituale e materiale del paese delle nevi eterne.

Sentendo alcuni affrettati passi dietro di lui, Richard smise di ammirare il panorama e sorrise ai nuovi arrivati. Il lama Tschandzo Tschampa, Citlali e la piccola Regina ritornavano alla sala d'attesa, di cui erano uscite poco prima perché, proprio quando un solenne aiutante personale comunicò loro che stavano per essere ricevuti dal Dalai Lama, la bambina aveva annunciato la sua urgenza di andare in bagno.

Dopo aver percorso i lunghi corridoi furono introdotti ad un ampio soggiorno. Richard non riuscì a trattenere il suo stupore osservando lo straordinario volto scolpito che era ad una estremità della stanza. Otto figure di leoni con diverse espressioni, tutte esse di un grande realismo, sostenevano la base di quel mobile singolare del quale sembrava emanare una misteriosa energia.

Il lama Tschandzo Tschampa stava per cominciare una spiegazione sulla lunga storia e e la complessa simbologia del trono, quando si aprì la porta ed entrò nel soggiorno il Dalai Lama seguito da un piccolo corteo di alti dignitari, di fronte ai quali si trovava il lama Tagdra Rimpoche, primo ministro e reggente del paese.

I neri occhi di Citlali percorsero lentamente le pallide fazioni del Dalai Lama, considerato da tutti i tibetani come la reincarnazione di Tschenresi, un Bodihsattva nato alla fine del secolo XIV. Per trattarsi di un essere che portava già mezzo millennio di sostenere una certa unità di coscienza, l'aspetto del Dalai Lama risultava abbastanza giovanile, coerente con i quindici anni che aveva in quella che era la sua quattordicesima reincarnazione.

Il Dalai Lama si sedette nel suo impressionante trono e con un lieve cenno del capo fece capire che la cerimonia di ricevimento poteva dare inizio. I quattro membri del gruppo arrivarono fino ai piedi del trono e con rispettoso gesto estesero le mani per offrire i khata che portavano, cioè i larghi e fini nastri di seta bianca il cui dono costituisce la massima prova di cortesia tibetana.

La reincarnazione di Tschenresi si chinava già per ricevere i khata, quando improvvisamente il lama Tagdra Rimpoche alzò le braccia e con voce che indicava un'intensa emozione chiese di sospendere la cerimonia. Poi, davanti alla sbalordita attesa di tutti i presenti, arrivò fino al Dalai Lama e rimase un buon momento bisbigliandogli nell'orecchio parole che nessun altro poteva sentire. Quando concluse, il Dalai Lama parlò e spiegò quello che stava succedendo: in virtù della speciale facoltà che possedeva il reggente —che gli permetteva di osservare quello che accadeva nei mondi invisibili con la stessa facilità con cui il resto dei mortali contempla quello che succede nel piano sensibile— si era reso conto che avevano l'alto onore di essere in quei momenti davanti a un'autentica Dakini1, ragione per la quale non era la cosa giusta che fossero i governanti tibetani quelli che accettassero espressioni di riverenza, bensì al contrario, dovevano essere loro quelli che testimoniassero il profondo rispetto che un essere così produceva in loro.

Le Dakini —chiamate anche per i tibetani "Khadoma"— sono esseri celestiali di natura femminile, in grado di adottare per qualche tempo una figura umana per la realizzazione di un determinato scopo.

Alzandosi in piedi il Dalai Lama scese dal suo trono e raggiunse la bambina di due anni che si aggrappava alle gonne di sua madre. Sollevandola tra le braccia la portò con sé fino a un vicino tavolo nel quale apparivano venerate reliquie che erano appartenute ai più importanti personaggi del lamaismo. Collocandola sul tavolo, la bambina prese immediatamente una piccola pietra a forma di tabella su cui era incisa una breve frase in sanscrito. Sicuramente il Dalai Lama conosceva la storia di ciascuna di quelle reliquie, perché senza esitazione affermò che quella scelta da Regina era appartenuta a una Dakini che aveva vissuto nei Himalaya molti secoli fa. Era diventata famosa per il fatto di possedere in grado massimo il dono di poter conversare con le montagne e farsi ubbidire di esse. Il paese recitava ancora versi in cui si narravano le sue azioni. La frase scritta nella reliquia scelta de Regina conteneva l'affermazione con cui quella Dakini iniziava sempre la sua allocuzione alle alte cime: Om that sat.2

È un mantra di origine millenaria, volto a creare un sentimento di individuazione tra due esseri appartenenti a diversi piani. Una traduzione approssimativa di questa frase sacra sarebbe "Io sono te."

Prima di chiudere l'udienza, il Dalai Lama formulò due insoliti inviti. Il primo consisteva in mettere a disposizione dei quattro membri del gruppo stanze nel Palazzo di Potala, in modo che fossero gli stessi saggi maestri che lo istruivano chi, insieme il lama Tschandzo Tschampa, si facessero carico dell'istruzione della bambina. Il secondo consisteva nella sua autorizzazione affinché sia Regina come i suoi genitori, pur essendo stranieri e non professare il Buddismo, potessero assistere alla cerimonia di Kumba Mela che stava per celebrarsi nel Monte Kailash.

Dopo aver ringraziato a nome della sua famiglia così speciali deferenze, Richard dichiarò che sarebbero tornati per rimanere nel Potala il giorno dopo, non appena ringraziassero i dirigenti del monastero di Sera la loro gentile ospitalità che li avevano offerto e raccogliessero da quel luogo loro effetti personali.

Durante il viaggio di ritorno al monastero di Sera, il lama Tschandzo Tschampa non riusciva a nascondere l'immensa soddisfazione che lo aveva sopraffatto. Quanto avvenuto nel palazzo costituiva la più concludente conferma secondo la  quale aveva avuto ragione nel vaticinare ai Teucher che sarebbero i genitori di un essere eccezionale. Con allegro gesto, il lama segnalò ai suoi accompagnatori una locanda che trovava proprio alla metà della strada che porta di Lhasa a Sera. Dopo aver affermato che lì vendevano una rinfrescante bibita propose loro smontare e riposare per un po' in quel sito.

Una volta installati di fronte a uno dei robusti tavoli di legno dell'ampia sala da pranzo della locanda, Richard manifestò che quello che gli aveva provocato maggiore impressione di quell'indimenticabile udienza al Potala era stato la personalità del lama Tagdra Rimpoche. Non aveva incontrato mai nessuno —affermò con sincera convinzione— su cui risulti così evidente il possesso di un elevato sviluppo spirituale.

Mentre sorseggiava il vasetto che conteneva la saporita bibita di riso, il lama Tschandzo Tschampa rivelò in tono riservato quanto sapeva sul reggente del paese:

Morendo il Tredicesimo Dalai Lama nell'anno 1933, il Tibet stava subendo una grave crisi a causa delle contrastanti tendenze che esistevano rispetto alla rotta che doveva darsi alla sua politica estera. La maggior parte dei membri dell'Assemblea Nazionale desideravano che il paese continuasse vivendo dentro il suo tradizionale isolamento, vietando l'ingresso agli stranieri e rendendo più difficile qualsiasi tipo di contatto con l'esterno. Un altro gruppo, meno numeroso ma più attivo, cercava di proseguire le attività avviate dal defunto governante, incline a ottenere la creazione di un Servizio Estero Tibetano che portasse il paese allo stabilimento di relazioni normali con le altre nazioni del mondo. Finalmente, esistevano piccoli gruppi che ricevevano denaro e consegne dei governi della Russia, Cina e Giappone, paesi che erano interessati ad annettersi il Tibet per il suo proprio e particolare beneficio.

In tali difficili circostanze i membri dell'Assemblea Nazionale avevano avuto per due volte il buon senso di scegliere come reggente a persone che non si sentivano vincolate a nessuna delle fazioni che li dividevano. Il primo di essi era stato il lama Kjetson Rimpoche chi riuscisse a portare a buon fine la ricerca del bambino in cui si era reincarnato lo spirito di Tschenseri, e quindi, sarebbe il futuro Dalai Lama. Morendo il lama Kjetson la nomina alla carica di reggente era ricaduta nel lama Tagdra Rimpoche, il quale godeva già di grande fama per le sue eccezionali facoltà di veggente, che gli permettevano di prevedere con incredibile precisione tutti i tipi di eventi.

Agendo con grande saggezza e prudenza, il nuovo reggente aveva cercato di riconciliare le fazioni e ripristinare l'unità nazionale. Raggiunto questo, ciò gli aveva permesso di mantenere il paese in una politica di scrupolosa neutralità durante la Seconda Guerra Mondiale, evitando così le calamità che a seguito di detto conflitto colpirono nazioni vicine.

Con una profonda preoccupazione riflessa sul suo volto, il lama Tschandzo Tschampa diede termine alle sue confidenze politiche:

Recentemente il lama Tagdra Rimpoche aveva annunciato che la sua reggenza stava per finire. Raggiungendo il Dalai Lama i sedici anni di età—fatto per cui mancava già pochissimo tempo— questo assumerebbe il comando supremo del paese e il reggente si ritirerebbe a una nascosta caverna per dedicarsi a meditare e pregare durante quello che gli rimanesse di vita. Dal punto di vista di molti, l'anticipazione della data in cui normalmente il Dalai Lama doveva cominciare a esercitare il governo poteva significare solo una cosa: grazie alla sua visione profetica il lama Tagdra aveva notato che un grande male stava per succedere al suo paese, una sorta di evento a tal punto catastrofico che non c'era modo di poterlo evitare, motivo per cui il reggente aveva deciso allontanarsi dal governo ed aspettare che succedesse quel che doveva succedere.

Dopo aver espresso quanto sopra, Tschandzo Tschampa rimase in silenzio, ovviamente afflitto per l'incerto futuro del suo paese. Desiderando distrarre l'attenzione del lama di così spinoso tema, Citlali inquisì rispetto alla cerimonia del Kumba Mela menzionata dal Dalai Lama. In cosa consisteva detta cerimonia e dove era il Monte Kailas?

Recuperando la sua solita loquacità, il lama aveva proceduto a dare tutti i tipi di spiegazioni su un tema che gli era ben noto:

Contrariamente a quanto comunemente si credeva in Occidente, il pianeta Terra, come gli altri corpi che popolano l'Universo, non era qualcosa di inerte e insensibile, bensì al contrario, un essere dotato di vita e soggetto alle sue proprie leggi di crescita ed evoluzione.

Tuttavia —continuò il lama —, così come gli esseri umani per vivere devono ricevere attraverso l'aria il prana, cioè l'energia che sostiene tutto l'Universo, la Terra richiede ugualmente ricevere di continuo enormi quantità di quella stessa energia primigenia. Negli esseri umani la funzione di introdurre nei loro corpi il prana viene eseguita sostanzialmente attraverso il naso, il quale funziona in modo alternato, cioè per un certo tempo è la pinna destra quella che lascia passare la maggior parte dell'energia e posteriormente è la pinna sinistra quella che effettua detto lavoro. Allo stesso modo esistono sulla Terra due immense pinne che costituiscono il naso del pianeta e sono le cordigliere del Himalaya e delle Ande. Alternandosi ogni due mila anni nella sua trascendentale funzione, queste cordigliere trasmettono alla Terra le sottili energie, provenienti dal Cosmo di cui ha bisogno per continuare a vivere.

Richard e Citlali si trovavano così attenti ascoltando le dissertazioni del lama che non si resero conto che Regina, dopo aver terminato la sua bibita e saltellare un po' vicino al tavolo, lasciava la sala da pranzo attraversando una porta vicina. Il lama Tschandzo Tschampa proseguiva le sue cosmologiche spiegazioni:

La funzione respiratoria sia degli esseri umani come del pianeta Terra può assumere, per la sua realizzazione, due forme diverse. Una di esse è puramente meccanica e la sua implementazione garantisce solo la sopravvivenza di chi la realizza. L'altra richiede di tecniche particolari e permette di convertire l'assorbimento di prana in un potente strumento di sviluppo interiore. Nel caso della Terra, questa forma particolare di assorbimento può effettuarsi solo se gli esseri più evoluti, spiritualmente parlando, collaborano ad esso. Questo è precisamente l'obiettivo della cerimonia di Kumba Mela che si portava a termine ogni dodici anni sul Monte Kailas, considerato da sempre come il cuore della Cordigliera Himalaya. Per altro, era in corso un cambiamento nella polarità del pianeta a seguito dell'inizio di una nuova Era Astrologica, e come risultato, in futuro sarebbe il turno della Cordigliera delle Ande di trasmettere alla Terra il prana cosmico. Perciò, concluse, la prossima cerimonia sarebbe l'ultima che si realizzerebbe sul Monte Kailas, perché per i prossimi duemila anni detta cerimonia avrebbe luogo a Machu Picchu, situato nella Cordigliera Andina.

Un urlo di terrore, pronunciato da una voce maschile nel cortile della locanda, siglò le speculazioni del lama. Citlali notò all'improvviso che Regina non si trovava nel salone e, impaurita, uscì correndo nella sua ricerca seguita da molto vicino da Richard e il lama. Arrivando al di fuori quello che contemplarono fece loro rimanere paralizzati di spavento.

Nel grande cortile della locanda c'erano varie gabbie con diversi esemplari di animali selvatici. Una di esse conteneva un paio dei famosi leoni tibetani di alta montagna, specie quasi estinta e considerata dai zoologi come uno dei più feroci animali che popolano la Terra. Accanto alla gabbia, pallido e tremolante, si trovava il proprietario della locanda, autore del grido che si ascoltasse momenti prima. Il motivo del suo terrore risultava ovvio. All'interno della gabbia la piccola Regina allegramente giocherellava con i leoni, tirandoli per la criniera e cercando di scivolare tra le loro zampe. A quanto pare la presenza della bambina non solo non scomodava ma persino piaceva ai felini che d'animo molto disponibile le seguivano il gioco spingendola delicatamente da un lato all'altro come se si trattasse di una specie di palla.

Fingendo una calma che era molto lontana di sentire, Citlali chiamò Regina ordinandole di uscire immediatamente dalla gabbia. Obbedienti alla voce di comando di sua madre, la bambina s'infilò faticosamente tra le grosse sbarre ed arrivò fino ai suoi genitori con innocente espressione rispecchiata nel viso. Le sue pupille scintillanti evidenziavano l'intensa gioia che aveva provato il suo appena concluso giocherello con i leoni.

I Teucher non rimproverarono sua figlioletta. Lo shock subito li aveva lasciati esausti. A passi incerti arrivarono fino ai suoi cavalli e insieme al lama intrapresero la strada verso il monastero di Sera, la cui bella e imponente sagoma si profilava in lontananza.

Uscendo dalla locanda Regina agitò ripetutamente le piccole manine verso la gabbia dei leoni e questi sembrarono capire il suo gesto, poiché cominciarono a ruggire con forza, come se stessero salutando gentilmente una gradita visita.
Il ronzio di centinaia di ruote di preghiera riempiva l'atmosfera con il suo ritmico tono. Nei visi dei monaci ed eremiti che li manovravano si rifletteva la profonda emozione che li produceva il poter essere in quel posto in quel momento. Ben al di sotto di loro, in fondo della valle che si estende ai piedi del Monte Kailas, il suono delle preghiere della grande moltitudine che lì si affollava si percepiva da lontano ma incessante, evidenziando l'indescrivibile fervore che animava a centinaia di migliaia di pellegrini. Al di sopra di dove si trovavano monaci ed eremiti, nella cima del Kailas, stava per cominciare l'ultima e più importante di tutte le cerimonie che che facevano parte della celebrazione del Kumba Mela.

C'erano tre tappe perfettamente definite nella realizzazione di detto Kumba Mela. La prima consisteva nel festeggiamento popolare che aveva luogo nella valle e che durava quasi due settimane. Tutti i pellegrini provenienti di ben diverse parti —soprattutto dell'India e del Tibet— potevano partecipare a tali celebrazioni che si caratterizzavano da una gioa inusitata: danze, giochi, e altri divertimenti di svariata natura facevano le delizie della moltitudine.

Nella seconda tappa prendevano parte unicamente alcuni centinaia di religiosi ed eremiti tibetani e indù, che consideravano la loro inclusione in così selezionato gruppo come il più alto privilegio che chissà fosse loro concesso per tutta la sua esistenza. Cominciando quella tappa —che si sviluppava su una spianata situata a metà del Monte Kailas— si sospendevano gli atti d'intrattenimento nella valle e i pellegrini scambiavano questi per costanti preghiere. Per tre giorni le preghiere, i mantra e il suono delle trombe sacre che si usavano nei rituali, si lasciavano ascoltare a qualsiasi ora. Il Kailas si trasformava così in una specie di immensa campana la cui incessante risonanza annunciava l'imminente arrivo delle più sottili energie dell'Universo.

Finalmente, la terza tappa consisteva in una cerimonia intitolata cosmica che si effettuava in un antichissimo altare di pietra scavato nella parte superiore del Kailas. Tutt'al più sette persone, considerate come i più alti iniziati della sua epoca, potevano prendere parte alla realizzazione della trascendentale cerimonia destinata a promuovere l'elevazione spirituale del pianeta.

In questa occasione la cerimonia era presieduta dal lama Tagdra Rimpoche. Faceva meno di un mese che il giovane Dalai Lama era stato dichiarato ufficialmente un adulto ed assunto personalmente il governo del suo paese, motivo per cui corrispondeva già al nuovo governante l'alta distinzione di condurre il rito centrale del Kumba Mela; tuttavia, in un atto che evidenziava l'affetto e rispetto che il Dalai Lama professava a chi dirigesse con notevole successo per oltre dieci anni i destini del Tibet, aveva delegato al lama Tagdra Rimpoche la missione di presiedere la cerimonia.

Il solenne e semplice rituale era sul punto di giungere al termine. I primi raggi del Sole, filtrandosi tra le innevate cime dell' Himalaya, illuminavano la levigata superficie del pietroso altare scavato nel Kailas. Con forte voce che sembrava volere attraversare le montagne, il lama Tagdra Rimpoche cominciò a pronunciare i segreti mantra che solo potevano proferirsi in quell'occasione. I sei alti iniziati che lo accompagnavano salmodiavano soavemente un canto, al tempo che facevano suonare alcune piccole campanelle.

A scarsa distanza dal punto in cui si effettuava il rituale, i Teucher, unici ospiti autorizzati a testimoniare l'evento, rimanevano profondamente impressionati davanti a quello che osservavano. Regina si manteneva altrettanto attenta, ma senza perdere l'allegra e un po' birichina espressione che continuamente predominava sul suo viso.

Con brusco gesto il lama Tagdra Rimpoche alzò le braccia al cielo e pronunciò un'ultima parola, la sacra sillaba "Om" che sembrava vibrare per lungo tempo nello spazio. Qualcosa di strano succedé nell'ambiente, fu come se scomparisse all'improvviso la naturale tensione che accompagna la veglia di tutti gli esseri viventi e questi fossero rimasti improvvisamente immersi in un profondo sonno.

Richard ricordò che in duemila anni non si terrebbe una cerimonia simile in quel posto, e che pertanto, questa aveva avuto il carattere di un solenne addio a tutte le gigantesche montagne che compongono la Cordigliera dell'Himalaya, le quali iniziavano un lungo e riparatore riposo. Comprese anche che tutto quello doveva provocare negli iniziati lì presenti un logico senso di tristezza nostalgica, poiché già né il Tibet né l'Himalaya sarebbero ciò che erano stati durante tutta l'Era dei Pesci: il massimo centro  di ricezione delle più fine energie provenienti dall'Universo.

Conclusa la cerimonia, la alta presenza di spirito che caratterizzava la personalità del lama Tagdra Rimpoche sembrò averlo abbandonato. Come se anche lui, come le alte montagne, stesse sul punto di perdere la sua capacità di veglia, il suo volto lasciò vedere un sentimento non celato di profonda stanchezza. Identiche emozioni apparvero simultaneamente nelle fazioni degli altre sei iniziati. Lo sconforto che regnava in essi era palese e costituiva un triste spettacolo. Il soffocante silenzio cominciò a risultare insopportabile.

La musicale voce di Regina ruppe di un taglio la densità quasi palpabile del turbato ambiente. "Lama la, lama la"3, ripeteva più e più volte mentre attraversava a grande velocità la scarsa distanza che la separava dal lama Tagdra Rimpoche. Arrivando a questo si abbracciò alle sue gambe al tempo che rideva con incontenibile gioia.

3 La particella "la" si usa come manifestazione di speciale rispetto quando ci si rivolge a certi lama.

La risata della bambina, quale magico incantesimo, cambiò in un istante tutto l'intero quadro. Il lama la prese in braccio e la tenne per un lungo momento mostrandola agli altri iniziati. Luci di speranza si accesero in tutti gli occhi. Gli ascetici e segnati volti lasciarono vedere il radicale cambiamento operato nel suo spirito. Uno per uno, gli iniziati portarono in braccio Regina, bisbigliandole tenere parole ed accarezzandola delicatamente. La bambina si lasciava amare, evidentemente compiaciuta davanti a quelle espressioni di apprezzamento. Dopo restituirla ai suoi genitori tutti rimasero nuovamente in silenzio, ma il loro atteggiamento era già molto diverso da momenti prima, ora prevaleva un noto ottimismo che si rifletteva in ciascuno dei sorridenti visi. Anche l'aria stessa, nel fischio incessante che produceva scontrandosi con le ghiacciate rocce, sembrava intonare un vibrante cantico d'auguri alla piccola rappresentante della nuova Era.

Riassumendo in un solo termine il pensiero di tutti, qualcuno degli iniziati pronunciò la parola "Ande" e questa cominciò ad essere ripetuta con diversi accenti e tonalità. Gli sguardi dei membri del piccolo gruppo si inchiodarono nell'orizzonte, come se volessero riuscire a contemplare all'altra metà del naso della Terra, situata all'altro capo del mondo: la lontana Cordigliera delle Ande.

Marciando in fila per uno stretto sentiero, gli iniziati e i Teucher intrapresero la camminata verso la valle. Arrivando nel bel mezzo della montagna si trovarono con i religiosi e gli eremiti che li aspettavano per proseguire insieme la discesa. Il lama Tagdra Rimpoche salutò gentilmente ciascuno dei presenti e dopo aver effettuato la consegna, a una commissione di lama, di tutte le insegne che denotavano il suo alto carico, si cinse i semplici capi d'abbigliamento degli eremiti e, mimetizzato fra questi, lasciò il posto, prendendo una scorciatoia che costeggiava la montagna. A quanto pare era sorto un grande affetto nella piccola Regina per l'ex reggente del Tibet, poiché i suoi genitori dovettero fare uso della forza per evitare che la bambina andasse nel suo inseguimento.

I membri dell'immensa moltitudine congregata ai piedi del Kailas si preparavano per iniziare il viaggio di ritorno ai loro diversi luoghi di origine. Un grande chiasso regnava ovunque. Lo spettacolo di tutta quella folla costituiva qualcosa di veramente pittoresco. Enormi bandiere, appartenenti a diverse popolazioni e monasteri sventolavano agitate dal vento. Gruppi di teatro e danza, agghindati con i suoi vesti e maschere appariscenti, davano le sue ultime esibizioni. Lunghe file di yaks intraprendevano il sentiero portando dietro i più svariati effetti. Dappertutto si ascoltavano tamburi e trombe, che i pellegrini suonavano al momento di partire.

La lunga carovana dei lama venuti del Palazzo di Potala fu una delle ultime a lasciare la valle. Dentro c'erano i Teucher montando due robusti, nani e pelosi cavalli tibetani. Citlali e sua figliola viaggiavano sulla stessa sella. Regina non aveva il suo caratteristico sorriso. Come se fosse oggetto di una sorta di fascino, manteneva lo sguardo fisso nell'imponente figura piramidale del Monte Kailas, fino a quando finalmente, dietro una curva del sentiero, finì per perderlo di vista. "Addio amico", bisbigliò la bambina con vellutata vocina.

Nella cima del Kailas una improvvisa bufera coprì di fine neve l'altare scolpito nella roccia. Duemila anni dovrebbero trascorrere affinché nuovamente tornasse ad essere utilizzato.