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Il risveglio di un popolo 


La manifestazione del rettore costituì, senza dubbi, il fatto per il quale cominciò propriamente il Movimento del '68. Prima di questo evento nessuno avrebbe potuto immaginare che il conflitto andasse a superare i limiti di una questione strettamente studentesca e capitalina. L'acqua dei cieli che lavò reale e metaforicamente il paese nel corso di tale manifestazione, cambiò il corso degli eventi. Da quel momento tutto cambiò. Improvvisamente la stragrande maggioranza della popolazione del paese risvegliò - o almeno semi risvegliò - e così facendo, cominciò a rendersi conto di quale era in realtà la situazione che prevaleva nella nazione.

Nulla di quanto la gente riusciva a vedere li rendeva felici. Corruzione ed inganno erano le fondamenta che sostenevano e mantenevano funzionando tutto l'"ordine" sociale, che sembrava strutturato per premiare ai peggiori elementi e punire a quanti cercavano di migliorarlo. Questo era particolarmente evidente per quanto riguardava l'organizzazione politica che governava il paese. In realtà il governo del lic. Diaz Ordaz non era né migliore né peggiore di quelli che lo avevano preceduto, quello che succedeva era che ora tutto il mondo lo poteva contemplare spogliato delle false vesti con cui i regimi emanati del PRI mascherano il loro nero comportamento. Il linguaggio degli alti funzionari - caratterizzato per una retorica insuperabilmente falsa e demagogica - non convinceva già nessuno e soltanto svegliava indifferenza e sarcasmo.

L'incorporazione popolare al Movimento fu palese dalla seconda grande manifestazione, successa il lunedì, 5 agosto, cioè, appena quattro giorni dopo la prima. La manifestazione che comandasse il rettore era stata integrata fondamentalmente per studenti e professionisti, unicamente alla fine del percorso - a seguito dell'invito che facesse Regina a coloro che osservavano il passo della marcia affinché si unissero a questa - si erano uniti alla colonna parecchie migliaia di persone di diversa condizione sociale. La partecipazione popolare avrebbe dato alla prossima manifestazione una fisionomia completamente diversa.

Il sabato 3 agosto, cioè due giorni prima della seconda manifestazione, ebbe luogo la terza riunione dei comitati di sciopero appartenenti alle sempre più numerose strutture educative solidale con il Movimento. La riunione che si effettuò preso la Scuola Superiore di Economia del Politecnico, risultò importante tanto perché in essa si adottarono le misure necessarie per svolgere la proiettata manifestazione, come perché fu adottato il testo definitivo del Pliego Petitorio, incorporando a queste le richieste di dare libertà ai carcerati politici e di procedere alla deroga degli articoli 145 e 145 bis del Codice Penale, i quali qualificavano un presunto reato di "dissoluzione sociale", che secondo le autorità contenute nel primo Pliego Petitorio furono ridefinite e precisate, in modo che quel menzionato Pliego rimanesse composto da sei punti, redatti come segue:

1. Libertà ai carcerati politici.  
2. Destituzione di Luis Cueto Ramirez e di Raul Mendiolea Cerecero, capo e vicecapo rispettivamente della Polizia del D.F. 
3. Scomparsa del Corpo di Granaderos e la non creazione di un altro simile.  
4. Deroga degli articoli 145 e 145 bis del Codice Penale Federale, strumento giuridico della repressione. 
5. Risarcimento alle famiglie dei morti e ai feriti che sono stati vittime dell'aggressione.  
6. Investigazione, azione penale e se applicabile destituzione e condanna alle autorità responsabili dell'aggressione.

Concludendo la giunta, i dirigenti dei comitati di sciopero decisero di tornare a riunirsi il successivo lunedì, prima dell'inizio della manifestazione; il posto fissato per ciò fu la Scuola Superiore di Fisica Matematica del Politecnico. Una piacevole sorpresa attendeva coloro che si recarono a detto appuntamento. Arrivarono  dalle più svariate regioni della Repubblica, rappresentanti studenteschi di un elevato numero di Università e istituti di istruzione superiore si presentarono alla riunione ad esprimere il forte sostegno che la provincia offriva al Movimento, il quale, grazie a questo, si trasformava di puramente capitalino in nazionale.

In virtù della piega che prendevano gli eventi, i dirigenti studenteschi decisero di creare un organismo che raggruppasse tutti gli studenti che erano in sciopero. Detto organismo ricevé il nome di "Consiglio Nazionale di Sciopero" e rimase composto da rappresentanti studenteschi appartenenti alle istituzioni educative del paese che partecipavano al Movimento. In questo modo, senza che ci fosse cerimonia alcuna, ma sostenuto dal consenso di diversi centinaia di migliaia di studenti di tutta la Repubblica, nacque il lunedì 5 agosto il Consiglio Nazionale dello Sciopero (CNH).

Una volta concordata la costituzione del nuovo organismo, i dirigenti studenteschi - che da quel momento in poi sarebbero chiamati "Delegati davanti al Consiglio" - si affrettarono a recarsi alla manifestazione che stava per cominciare. Erano le quattro del pomeriggio e una grande folla era in attesa nella Plaza de Honor dell'Unità Professionale di Zacatenco. Il loro numero oltrepassava le trecentomila persone e la loro composizione era in estremo eterogenea: studenti, professionisti, operai, impiegati, piccoli commercianti, etc. La partecipazione femminile era singolarmente evidente; c'era un numero uguale - se non più - di donne che di uomini. L'entusiasmo di tutti i partecipanti dava all'evento una atmosfera di festa. Ovazioni, scherzi, grida e canzoni. Quello non sembrava un atto di protesta, ma piuttosto l'allegra celebrazione per l'inizio di una nuova epoca.

Senza diminuire di una virgola il loro esaltato entusiasmo, i manifestanti effettuarono un percorso di vari chilometri attraverso le diverse strade e viali, finendo la marcia nel Casco de Santo Tomas (Plaza del Carillon). I vasti spazi della piazza e delle strade circostanti risultarono insufficienti per accogliere l'enorme folla.

C'erano diversi oratori nel raduno che si avviò concludendo la marcia. L'adolescente Genaro Alanis parlò per le scuole vocacionales e il professore Fausto Trejo per gli insegnanti che sostenevano il Movimento. Jose Tayde, di Chapingo, esercitò come rappresentante di tutte le istituzioni educative di provincia. Gilberto Guevara Niebla lo fece per l'UNAM e Raúl Álvarez Garín per le scuole superiori dell'Istituto Politecnico Nazionale.

Rievocazioni storiche e una descrizione della realtà nazionale furono i temi centrali degli oratori. Si sottolineò che erano molto vicini alla Scuola Nazionale di Scienze Biologiche e che in questo edificio aveva funzionato fino al 1956 il collegio del Politecnico, anno in cui tanto detto collegio come molte altre installazioni e scuole erano state occupate militarmente al tempo che si imprigionava innumerevoli studenti. Allo stesso modo, si fece un elenco delle principali repressioni e massacri effettuate in diverse parti del paese per gli ultimi cinque governi. La descrizione di quello che succedeva in quei momenti nella Repubblica non era anche niente incoraggiante. Autorità corrotte, attente soltanto a salvaguardare gli interessi stranieri e quelli delle classi economicamente potenti, mantenevano un stretto controllo sul popolo. Le prigioni erano piene di detenuti politici, essendo il più conosciuto di questi Demetrio Vallejo, un lavoratore ferroviario il cui unico ed imperdonabile crimine era stato voler organizzare un sindacato indipendente della manipolazione ufficiale.

Conclusi i discorsi, gli organizzatori dell'atto vollero mettere fine alla riunione. Sorse allora un adirato clamore di protesta, migliaia di gole impazzirono ripetendo la parola d'ordine che aveva finito per rappresentare l'espressione del più urgente desiderio nazionale:

-"Zo-ca-lo!"

Allarmati davanti alla sempre più sicura possibilità che i manifestanti iniziassero una marcia verso il centro della città, i fiammanti delegati davanti al Consiglio Nazionale di Sciopero cercarono di dissuaderli, argomentando che questo darebbe luogo ad una feroce repressione. I suoi sensati ragionamenti furono inutili; sempre più infiammata, la folla era in procinto di passare dalle parole ai fatti, diversi contingenti avevano iniziato già la loro mobilitazione con l'evidente proposito di incamminarsi allo Zocalo. Improvvisamente un gruppo che integrava svariate persone cominciò ad intonare un appiccicoso ritornello:
Non create disordine, andiamo con ordine 
in un'altra occasione.
La proposta contenuta nel ritornello fu sostenuta immediatamente dai dirigenti degli studenti, i quali espressero a grandi voci che si mobiliterebbero per organizzare in tempi brevi una manifestazione che avesse come scopo raggiungere lo Zocalo. Dopo aver ascoltato la ripetuta promessa che molto presto si darebbe formale adempimento al loro anelito, la folla riprese la calma. La ripetizione del ritornello si generalizzò e i gruppi che cominciavano a mobilitarsi fermarono la loro avanzata.

Ristabilito l'ordine l'atto si concluse senza intoppi. Felici e convinti che stavano per arrivare le giornate più importanti del Movimento, i manifestanti se ne andarono disperdendo; a quanto pare gli studenti ancora non esaurivano del tutto la loro energia perché proseguivano cantando e scoppiando in ovazioni a beneficio delle loro rispettive scuole.

L'annuncio che la prossima manifestazione si proponeva raggiungere lo Zocalo sollevò in tutto il paese un enorme stupore. Ignorando l'accordo imposto al presidente per un gruppo di militari - nel senso di permettere tre manifestazioni nella Piazza della Costituzione - la maggior parte delle persone credeva che il governo non tollererebbe mai simile atto. Nonostante, il numero di persone disposte a correre il rischio di un'aggressione cresceva di continuo. Il sostegno al Movimento si generalizzava adottando le più svariate forme. Autobus, case e mura erano dipinte con insegne a favore del Movimento. Raduni e manifestazioni per esprimere lo stesso scopo proliferavano anche negli angoli più remoti della Repubblica.

La Plaza de Carillon, martedì 13 agosto e le cinque del pomeriggio, furono il luogo, data ed ora per iniziare la marcia che cercherebbe di raggiungere lo Zocalo. Due giorni prima il Consiglio Nazionale di Sciopero - i cui membri facevano sessioni giornalmente nell'auditorium della Facoltà di Medicina in Città Universitaria - fece conoscere le disposizioni adottate per organizzare la manifestazione. La conoscenza di dette disposizioni lasciava vedere che gli organizzatori davano quasi per certo che le autorità utilizzerebbero la forza per impedire che la marcia arrivasse fino allo Zocalo. Così per esempio, le disposizioni nove e undici stabilivano quanto segue:
9.  Si procurerà che le chiese vicine al tragitto rimangano aperte per, in caso di attacco, rifugiarsi in esse. 
11. In caso di non arrivare allo Zócalo, il contingente si sparpaglierà per il primo quadro della città, creando raduni lampo e cercando di evitare scontri diretti con le forze pubbliche.
Il martedì 13 agosto, la città del Messico si rese conto che nei giorni precedenti erano arrivati ad essa molte migliaia di persone provenienti dall'interno del paese, le quali convergevano ora verso un solo punto: la Plaza del Carillón nell'antico Casco de Santo Tomás, autentico cuore dell'Istituto Politecnico Nazionale. Utilizzando ogni tipo di trasporti e perfino percorrendo a piedi considerabili distanze, gruppi di diverse dimensioni arrivavano senza sosta al punto di riunione. L'eterogeneità dei gruppi, provenienti di molte diverse regioni, costituiva una prova irrefutabile del carattere autenticamente nazionale che possedeva già il Movimento.

Dando le cinque del pomeriggio, la moltitudine si mise in moto. Alla testa della manifestazione c'era un nutrito contingente di insegnanti appartenenti alla "Coalizione di professori di scuola media superiore pro-diritti democratici", organismo di recente creazione che integrava gli insegnanti che erano a favore del Movimento - cioè praticamente quasi la totalità dei professori delle scuole preparatorie, vocazionali e professionisti di tutto il paese -. I mentori portavano un'enorme striscione con su scritto: "Gli insegnanti disapproviamo il governo per la sua politica di terrore."

In questa occasione, la maggioritaria presenza di contingenti non studenteschi costituiva la caratteristica più saliente della manifestazione. Essendo così numerosi come erano, gli studenti non rappresentavano né la metà dei partecipanti. C'erano innumerevoli abitanti di Città Nezahualcoyotl,1 operai di molte diverse fabbriche che assistevano in aperta opposizione alla consegna di non farlo, impartita per la CTM,2 e i gruppi di contadini provenienti di varie regioni del paese, principalmente degli stati del Messico, Morelos, Puebla e Tlaxcala, cioè i più vicini al Distrito Federal.

1 Città di Nezahualcoyotl è un insieme di quartieri popolari emersi nel squattrinato e polveroso letto del lago di Texcoco. Anche se questi quartieri sono ubicati dentro i limiti dello stato del Messico, in realtà fanno parte dell'area urbana del Distrito Federal. Nel 1968 i suoi abitanti ammontavano già a circa un milione. Le loro condizioni di vita erano estremamente precarie, perché mancavano i servizi di base di acqua potabile, di pavimentazione, di drenaggio e di illuminazione.
2 Confederazione dei Lavoratori del Messico, organizzazione sindacale ufficiale il cui obiettivo fondamentale è stato sempre mantenere controllati gli operai da parte del governo.


Avanzando in perfetto ordine, l'allungata colonna effettuò un prolungato percorso attraverso popolosi quartieri della capitale. Da tutte le parti riceveva espressioni di simpatia, da applausi e acclamazioni, fino all'incorporazione di nuovi contingenti che senza sosta ingrossavano le loro file. Era una vera marcia trionfale e coloro che la realizzavano sembravano in possesso di una straripante gioia. L'iniziale paura che l'atto sarebbe soffocato sparì ben presto, risultando evidente che non esistevano forze pubbliche nascoste nelle vicinanze delle strade e viali per dove transitavano i manifestanti.

Alle otto di sera, dopo aver camminato più di cinque chilometri, l'avamposto della colonna avvistò la desiderata meta: la grande spianata della Piazza della Costituzione. Una sorta di scossa elettrica percorse tutta la colonna.  In qualche strano modo coloro che partecipavano alla marcia presentirono l'esatto istante in cui l'avanguardia arrivava allo Zocalo. Spontaneo e vibrante di emotività si lasciò sentire l'Inno Nazionale. Diverse centinaia di migliaia di voci lo intonavano con fervente tono. La sensazione di stare recuperando un prezioso bene predominava nello spirito di coloro che facevano il loro ingresso nella piazza. Da parecchio tempo che questa si era trasformata in un semplice scenario di fallaci rappresentazioni ufficiali. Il popolo, ora, recuperava lo spazio che gli era stato rubato.

Rapidamente la spianata fu riempendosi con i variati contingenti che integravano la manifestazione. Un sentimento di vittoria prevaleva nell'ambiente. Facce compiaciute e sorridenti si osservavano ovunque. Un incessante mormorio di allegri voci riempiva il vasto spazio circondato de coloniali edifici. Lo spettacolo era molto diverso da quello offerto spesso nello stesso luogo, i greggi umani che le autorità erano abituate a portare per auto-glorificarsi. L'apatia e l'indifferenza di detti greggi contrastava, radicalmente, con lo straripante entusiasmo dei manifestanti.

Parlarono cinque oratori e le sue accusatorie voci spogliarono completamente la reale natura - anti- patriottica e corrotta - del gruppo governante. Un sentimento di profonda ira fu prendendo possesso della folla. Quando concluse l'ultimo oratore, le quattrocentomila persone congregate nella piazza erano già una sola ed infiammata volontà. Repentini cambiamenti della storia sono stati propiziati da moltitudini possedute di stati di animo simili. La presa della Bastiglia - un fatto che avrebbe avviato la Rivoluzione Francese - è prova chiara di ciò. La crescente ondata di rabbia cercava un alveo per straripare. La forte ed allungata sagoma del Palazzo Nazionale era una calamita che attraeva su di sé tutta la collera generata nello Zocalo. Senza dire una parola la inferocita moltitudine aveva preso la decisione di lanciarsi all'assalto dell'edificio in cui si basa il potere politico del paese. I primi passi verso le porte del Palazzo cominciarono a darsi.

E 'stato proprio in quel momento quando un gruppo di solo poche centinaia di persone - esattamente lo stesso che, nella manifestazione precedente, aveva fatto una chiamata all'ordine - cominciò a ripetere, più e più volte, un ritornello nel quale si proponeva un'azione del tutto diversa a cui tutti stavano per intraprendere.
La Via Sacra 
dobbiamo seguire: Il Bosco, Reforma, la Grande Cattedrale.
Così come esiste un inconscio individuale c'è anche un inconscio collettivo, ricettacolo di ricordi che apparentemente sono rimasti cancellati dalla memoria dei popoli. La peregrinazione degli aztechi, ostinati nel corso dei secoli in trovare il luogo dove corrispondeva loro dare inizio alla loro missione, non fu altro che l'ultimo di una lunga serie di eventi del tutto simili, avvenuti ripetutamente nell'antico Messico. Anche se la storia ufficiale non conserva già - tranne il citato caso della peregrinazione azteca - ricordo alcuno di questi eventi, la sua memoria sussiste in qualche sezione ripiegata dell'inconscio collettivo degli attuali abitanti del Paese delle Aquile. E in quei cruciali momenti, quando il popolo si preparava con animo determinato a prendere d'assalto il Palazzo Nazionale, la proposta di svolgere un compito che potrebbe essere descritto solo come sacro, si riversò nelle profondità dello spirito di ciascuna delle persone che colmavano la piazza. Ondate di ancestrali ricordi emergevano da tutte le coscienze. Le poche parole contenute nel ritornello proponevano un piano di azione che comportava un proposito molto più elevato del semplice attacco alla sede del potere politico. Era necessaria ristabilire la comunicazione con le forze superiori che trascendono l'uomo, obiettivo cercato dai rituali di tutti i tempi. E il rituale la cui realizzazione veniva proposta ora alla moltitudine era chiaro: bisognava arrivare allo Zocalo uscendo dal Bosco di Chapultepec e ripetendo esattamente lo stesso percorso della tappa finale del pellegrinaggio azteca.

La già iniziata avanzata contro Palazzo Nazionale si fermò.  Centinaia di migliaia di persone avevano ora una trascendentale missione da svolgere e ognuna di esse si giurava a sé stessa non fermare il suo impegno fino a portarla a termine. In silenzio e con gli occhi fiammeggianti i partecipanti alla manifestazione cominciarono a disperdersi. Ben presto la Piazza della Costituzione si era svuotata. Nonostante, un clima di tesa aspettativa prevaleva perfino nelle stesse pietre degli antichi edifici.
Il successo raggiunto nella manifestazione che concludesse nello Zocalo fu motivo, nei giorni successivi alla sua realizzazione, dei più svariati commenti e interpretazioni. Secondo le persone con più conoscenza sulle questioni politiche - giornalisti, intellettuali e certamente gli stessi funzionari pubblici -, il governo aveva perso il controllo della situazione e la sua caduta era solo una questione di tempo. L'appoggio deciso ed aperto che davano al Movimento i settori maggioritari della popolazione, indicava che il tradizionale controllo esercitato dalle autorità emanate del PRI sulle forze sociali del paese aveva cessato di esistere. Sebbene i dirigenti dei sindacati operai e delle organizzazioni contadine continuavano ribadendo con frenetica disperazione il loro ripudio al Movimento e il loro appoggio al governo, era chiaro che i membri di detti sindacati e organizzazioni non obbedivano già alle consegne dei loro leader. Compresa la stampa, che svolgesse fino ad allora come semplice eco delle dichiarazioni ufficiali, cominciavano a darsi alcuni segni di indipendenza. L'appena nominato direttore del quotidiano Excélsior, il signor Julio Scherer García, era riuscito a riunire ad un gruppo di brillanti editorialisti che commentavano gli eventi esprimendo liberamente i loro punti di vista; i quali, nella maggioranza dei casi, erano completamente contrari agli ufficiali. Altrettanto succedeva nei settimanali Siempre! e ¿Por qué?, guidati rispettivamente dai signori Jose Pages Llergo e Mario Menendez Rodriguez.

Nell'unica cosa in cui differivano i presunti conoscitori della politica, era nella forma in cui dovrebbe prodursi il predetto crollo governativo. Per alcuni stava giusto per esplodere una rivoluzione popolare simile a quella avvenuta nel 1910. Secondo queste versioni, il paese si alzerebbe in armi e provocherebbe un sanguinante conflitto armato prima che il governo rinunciasse. Secondo altre opinioni quello che accadrebbe sarebbe qualcosa di simile a quello che aveva appena accaduto in Cecoslovacchia, vale a dire, trovandosi privato di qualsiasi appoggio della società civile, l'apparato governativo si dissolverebbe e sarebbe sostituito per un altro sorto dalla propria società. In entrambi i casi i beninformati erano d'accordo in stimare che la scomparsa nel paese del prolungato monopolio politico del PRI comporterebbe di sicuro un intervento armato del governo degli Stati Uniti d'America, perché questo non si accontenterebbe così facilmente di perdere la sicurezza che gli dava avere nella sua frontiera ad un regime servile.

La diffidenza degli stessi politici nella sopravvivenza del regime a cui servivano era a tal punto scarsa che cominciò a prodursi una vera migrazione delle famiglie dei funzionari pubblici di livello alto e livello medio verso gli Stati Uniti. Analogamente, le riserve in dollari della Banca del Messico cominciarono a diminuire vertiginosamente, perché tanto i politici come le persone facoltose del settore privato, stavano scambiando le loro fortune per valute estere.

Contrariamente ai timori dei funzionari pubblici e le supposizioni degli analisti politici, i giorni trascorsero senza che il paese manifestasse sintomo alcuno di sentirsi interessato a rovesciare al governo. Ciò non significava che stesse diminuendo l'appoggio che la popolazione offriva al movimento; al contrario, questo si estendeva senza sosta e prendeva sempre più forza grazie all'evidente simpatia che li conferivano gli abitanti delle strade più remote della Repubblica. Ben presto divenne chiaro quale era in realtà la finalità che perseguivano i sempre crescenti gruppi popolari che partecipavano nel Movimento. Un vero e proprio clamore nazionale fu crescendo fino ad esprimersi in una specifica esigenza: bisognava effettuare una grande manifestazione che partendo del Bosco di Chapultepec arrivasse fino allo Zocalo.

Nella prima strada della avenida Madero della città del Messico esiste una singolare costruzione denominata Casa de los Azulejos. L'edificazione appartenne, durante i tempi della Colonia, ai Conti di Orizaba e deve il suo nome al fatto che, tanto la sua facciata come gran parte dei suoi interni, sono coperti con splendidi mosaici di fine ceramica che possiedono diverse tonalità di azzurro. All'inizio di questo secolo, la Casa de los Azulejos fu trasformata in ristorante, stabilendosi in essa il primo anello di cui anni più tardi arriverebbe ad essere la vasta catena di stabilimenti Sanborns. Anche se la qualità del cibo di detto ristorante non fu mai di prim'ordine, i suoi tavoli rimanevano occupati notte e giorno per clientela che prendeva caffè e dibatteva calorosamente sulla politica nazionale e internazionale. Nel 1968, l'abitudine di incontrarsi nel Sanborns de [Calle] Plateros per discutere gli eventi continuava ad essere praticata da numerose persone, soprattutto da intellettuali borghesi, i quali, pur evitando qualsiasi intimità con i membri delle classi popolari, si consideravano i loro difensori e potenziali guide per il fatto di aver letto alcuni degli scritti di Marx e di Lenin.

Mercoledì pomeriggio 21 agosto 1968 regnava una grande animazione nei tavoli occupati per gli intellettuali riuniti nella Casa de los Azulejos. Quella mattina il Consiglio Nazionale di Sciopero aveva rilasciato l'annuncio di una manifestazione che avrebbe luogo martedì 27 agosto e il cui percorso sarebbe dal Bosco di Chapultepec allo Zocalo. Gli intellettuali commentavano stupiti il febbrile entusiasmo con cui il popolo aveva ricevuto la notizia. Un laureato in filosofia che fumava una elegante pipetta, sintetizzò in poche frasi i sentimenti di tutti i presenti:

-Ho passato anni aspettando che il popolo risvegliasse, per così poterlo guidare ad una rivoluzione. Oggi il popolo ha risvegliato, ma non è interessato minimamente a fare una rivoluzione, tutto quello che vuole è  realizzare un pellegrinaggio.