3

Risuonare di strumenti sacri


La fonte che generava l'irresistibile energia che spingeva il Movimento non era - come il presidente insisteva a considerare - qualche alto funzionario manovrando dall'ombra per conquistare il potere. Detta fonte non era altro che la Regina del Messico, la quale stava esercitando al massimo tutto il potere derivato della sua autorità per condurre il Movimento al raggiungimento dei suoi elevati propositi.

Il ritmo di attività alle quali quotidianamente si sottoponeva Regina era incredibile e diventava davvero estenuante per coloro che l'accompagnavano. Nei giorni successivi alla Manifestazione del Rettore la sua figura sembrava possedere il dono di moltiplicarsi e di essere allo stesso tempo in diverse parti della città, sia in piazze e autobus che in fabbriche e ospedali. Allegra e sorridente, intonando strane canzoni ed esprimendo sempre un vero e proprio interesse per i problemi di tutta la gente che incrociava sulla sua strada, la Regina del Messico stava ottenendo un crescente appoggio popolare a favore del difficile compito in cui era determinata.

La maggior parte dei membri dei Centri di Messicanità avevano sospeso le normali attività per dedicarsi a tempo pieno alla diffusione del Movimento; per ciò organizzavano nelle strade "sessioni di sensibilizzazione", in cui si abbinavano rappresentazioni musicali con spiegazioni su quello che stava accadendo nella nazione. Regina cercava di partecipare a tutte le sessioni di questo tipo che le era possibile. La sua presenza suscitava invariabilmente un entusiastico appoggio alla causa che auspicava la carismatica Hostess.

Rendendosi conto della necessità di disporre di un veicolo in grado di trasportare il costante numero di persone dedicate a organizzare le sessioni di sensibilizzazione, e sapendo che i brigatisti del Politecnico portavano a termine i loro lavori in autobus della propria istituzione sequestrati per gli studenti, Regina decise di ottenere per i suoi collaboratori uno di questi veicoli. La sua gestione, realizzata personalmente davanti al dirigente del comitato di sciopero dell'ESIME, fu approvata favorevolmente, e a partire da quel momento, il veicolo che trasportava i membri dei Centri di Messicanità sembrò possedere anche la facoltà di moltiplicarsi e di essere contemporaneamente in tutte le rotte del Distretto Federale.

Al calare della notte il riposo non arrivava per Regina. Era il momento di comunicarsi telefonicamente con alcune delle numerose persone che all'interno del paese lavoravano instancabilmente per diffondere il Movimento. Non c'era praticamente notte in cui non sostenesse prolungate conversazioni con gli Autentici Messicani che viaggiavano senza sosta per tutta la Repubblica. Il lavoro di questi stava risultando determinante tanto per raggiungere la mobilitazione di certi settori sociali - in particolare il contadino, la cui presenza risultò già evidente nella manifestazione del 13 agosto - come per dare al Movimento una chiara consapevolezza che il trascendentale obiettivo che si perseguiva era il risveglio della nazione. Come risultato della incessante attività degli Autentici Messicani e dei suoi accompagnatori, il 21 agosto non aveva già nessun stato della Repubblica in cui non stesse funzionando almeno un centro di Messicanità.

La partecipazione di Regina nelle manifestazioni dei giorni 5 e 13 agosto ebbe importanti conseguenze. Finendo la prima di dette manifestazioni nella Plaza del Carillon, un impulso apparentemente irresistibile di andare fino allo Zocalo si era impadronito della moltitudine. La voce della Regina del Messico, unita a quella di alcuni centinaia di persone che l'accompagnavano, trattennero subito la disordinata marcia con la proposta di effettuare prossimamente una ben pianificata manifestazione. Realizzandosi questa e culminare nel sacro spazio in cui l'aquila divorasse il serpente, l'emozione oltrepassò di nuovo ai manifestanti e la miccia di una rivoluzione stava per accendersi. Anche in questo caso la legittima Sovrana della Nazione, appoggiata per una manciata di collaboratori, trattenne la precipitosa ira dal suo popolo segnalandogli quale era l'elevata meta a cui doveva incanalare tutti i loro sforzi: ripetere la vera impresa del pellegrinaggio azteca.

Sapendosi che il martedì 27 agosto sarebbe la data in cui si effettuerebbe la manifestazione che partendo del Bosco di Chapultepec arriverebbe allo Zocalo, il paese intero trattenne il respiro dominato da una profonda attesa. In innumerevoli posti dell'interno della Repubblica molte migliaia di persone cominciarono a preparare le loro valigie, fermamente decise di essere presenti in un evento la cui importanza intuivano con certezza. Don Uriel, don Gabriel e don Rafael erano in viaggio per diverse rotte; Regina comunicò loro che dovevano tornare quanto prima alla capitale e così lo fecero. Non arrivarono da soli, insieme a loro venivano gli uomini e le donne più consapevoli in tutto il paese. La vecchia casa della calle Alumnos, come ciascuno dei domicili dove si stanziavano i Centri di Messicanità nel Distretto Federale, risultarono insufficienti per accogliere la crescente valanga umana che arrivava dalla provincia. Nonostante, l'inusitata solidarietà sorta tra ampi settori della popolazione dall'inizio stesso del Movimento permise di ottenere alloggio gratuito -nelle case di parenti ed amici - a quanti arrivarono alla capitale per prendere parte all'attesa manifestazione.

La tensione esistente in tutto il paese aumentava ogni istante. Non c'era giorno in cui non si effettuassero meeting e manifestazioni a sostegno del Movimento in diversi villaggi e città. L'afflusso di persone provenienti degli stati che arrivavano alla capitale era in aumento. L'ora indicata per avviare la manifestazione era le cinque di sera; tuttavia, dalla sera prima il transito della città del Messico cominciò a diminuire in modo significativo. Coloro che temevano che tutto quello finisse in un'esplosione di violenza procedevano a rifugiarsi nelle loro case, convinti che la cosa più saggia era rimanere in esse tutto il giorno successivo.

Il quintetto composto da Regina e i Quattro Autentici Messicani dedicò il giorno prima della manifestazione a percorrere per tre volte il sentiero che questa dovrebbe transitare. L'invisibile linea di energia che collega Chapultepec con lo Zocalo fu rivista accuratamente, fino a verificare che non esisteva in essa nessun blocco che ostacolasse la libera circolazione della sottile forza che per detta linea transita.

Un calpestio di passi che convergevano verso una stessa direzione fu riempiendo la capitale della Repubblica, la quale sembrava sconosciuta e strana, con le sue strade quasi vuote di automobili e di una tesa attesa che si percepiva ovunque. L'enorme parco situato di fronte al Museo Nazionale di Antropologia e Storia era il luogo di incontro. Da ben presto l'immensa spianata cominciò a riempirsi da una variegata collezione di eterogenei gruppi. Un centinaio di contadini provenienti da Pátzcuaro furono i primi ad arrivare. A mezzogiorno la spianata era già piena di gente. Il mormorio di centinaia di migliaia di voci produceva un ronzio che si sentiva da molto lontano. Erano arrivati numerosi contingenti di studenti e le loro rumorose ovazioni tuonavano lo spazio; tuttavia, non c'era il senso di festa di altre occasioni: quello di ora era grave e solenne, come si addiceva al preludio di un rituale sacro.

Regina rimase tutta la mattina nel suo domicilio, ricevendo la visita di numerosi gruppi che passavano a vederla prima di dirigersi verso il luogo di incontro. La Regina del Messico ripeteva più e più volte le condizioni necessarie che dovevano essere soddisfate affinché lei potesse portare a termine la prima parte del rituale: il numero di manifestanti dovrebbe essere di trecento novantaseimila come minimo, il percorso dovrebbe adattarsi strettamente all'invisibile linea di energia e la concentrazione di coscienza che si raggiungesse nello Zocalo doveva pulire questo da tutte le impurità.

Alle tre del pomeriggio Regina e i Quattro Autentici Messicani diedero fine alle interviste. Rinchiusi in una stanza rimasero pregando fervorosamente per un'ora. Concluse le loro preghiere lasciarono la casa e si diressero al vicino ingresso del Bosco di Chapultepec. Il Testimone accompagnava il quintetto. Le bancarelle di fiori esistenti all'entrata del bosco erano vuote. I suoi dipendenti erano già andati via al luogo dove dovrebbe partire la manifestazione. Regina e i loro accompagnatori giunsero fino al luogo dove anticamente c'erano i Bagni di Moctezuma. Il Segreto Guardiano del Bosco li attendeva preda di incontrollabile emozione. Si lavarono volti, mani e piedi, poi si diressero fino a dove si trovava El Sargento. Il vecchio guerriero era anche lui in possesso di febbrile agitazione, i suoi rami si muovevano senza sosta lasciando cadere una pioggia di foglie e fieno. Regina parlò con lui, sollecitandogli la sua autorizzazione per oltrepassare l'invisibile e sacra porta della quale l'ahuehuete era geloso custode. El Sargento concedé il suo permesso e Regina, i Quattro Autentici Messicani, il Segreto Guardiano del Bosco e Il Testimone passarono attraverso la porta. Il rituale che aveva per oggetto risvegliare il Messico aveva dato inizio.

Marciando in silenzio, i sette pellegrini attraversarono il bosco e arrivarono al Museo Nazionale di Antropologia e Storia. Il ronzio del gigantesco sciame umano lì riunito prevaleva in un'estesa zona su qualsiasi altro suono. Non si aspettavano che ci fosse tanta gente. Don Gabriel, erede dell'insuperabile talento matematico degli antichi maya, calcolò che c'erano circa cinquecentomila persone aspettando il momento di iniziare la marcia. I membri dei Centri di Messicanità si trovavano congregati vicino alla grande scultura di Tláloc, preispanica divinità tutelare delle forze che danno origine all'acqua. Suonando le cinque del pomeriggio l'enorme moltitudine cominciò a muoversi.

Questa volta intestava la colonna la "Coalizione di padri di famiglia", organismo che riuniva gli innumerevoli genitori di studenti che su tutto il paese appoggiavano la condotta assunta per i loro figli e si solidarizzavano con il Movimento. Nutriti contingenti popolari e di studenti continuavano a prendere posto nell'interminabile colonna e iniziavano ordinatamente la sua marcia quando arrivava loro il suo turno di avanzare. Tra tante altre cose quella manifestazione andava ad essere una sorta di esame dei personaggi che veramente meritano apparire nella storia del paese. Ignorando i più recenti presidenti, i manifestanti inalberavano grandi disegni con le effigie delle molto contate personalità che ancora si trovano registrate nella memoria popolare: Cuauhtémoc, Miguel Hidalgo e Costilla, Ignacio Allende, Josefa Ortiz de DomínguezJosé María Morelos y Pavón, Vicente Guerrero, i Fanciulli Eroi, Benito Juárez, Emiliano Zapata, Francisco Villa e Lázaro Cárdenas. Anche se in numero molto inferiore a quello dei disegni che contenevano le figure degli eroi nazionali, alcuni manifestanti portavano ritratti del Che Guevara, guerrigliero argentino che contribuisse in modo significativo alla vittoria della rivoluzione Cubana ed era morto cercando di promuovere una ribellione in Bolivia.

Avanzando a buon passo, la testa della manifestazione lasciò il Bosco di Chapultepec e arrivò alla rotonda della Diana Cazadora. Nella parte superiore di un'allegra fontana brillava sfidante la figura in bronzo della femminile divinità romana della caccia, opera dello scultore Juan Olaguíbel. Il luogo dove si trovava la rotonda era molto di più che il semplice sedile di una fontana e una scultura, costituiva la demarcazione della fine del bosco e l'inizio della rotta che conduce allo Zocalo. Senza possedere conoscenza alcuna di geografia sacra, la risvegliata consapevolezza dei manifestanti permise loro di intuire il nascosto significato che comportava la simbolica presenza in quel sito dell'antica divinità. La procedura di un cacciatore che vive solitario nelle profondità di una foresta è completamente diversa da quelli che fanno parte di un popolo. Solo unificando la loro volontà - senza perdere perciò la loro individuale personalità - riescono i membri di una comunità raggiungere elevate mete. Presentendo questa innegabile verità, il ritmo e lo stesso modo di camminare dei manifestanti variava nel preciso istante di lasciare il bosco. Tutti cercavano di sincronizzare i loro passi con quelli dei loro vicini. Migliaia e migliaia di isolati passi si trasformavano nel vigoroso camminare di un solo ente collettivo la cui avanzata fremeva il pavimento.

Raggiunta l'unità, il grosso essere continuò la sua marcia muovendosi lungo la sempre più percettibile linea di energia. Ben presto arrivò di fronte al Monumento all'Indipendenza. L'angelo dorato che corona la colonna montante sembrava osservare compiaciuto quello che succedeva nella sua base. I manifestanti acclamarono gli eroi dell'Indipendenza i cui resti giacciono nel bel monumento eretto alla sua memoria. Un folto gruppo di studenti di medicina, adornati con il loro caratteristico abito di colore bianco, formavano steccato davanti alle porte dell'ambasciata statunitense per evitare ogni possibile attacco, la stessa cosa provenisse da studenti esaltati che di provocatori che tentassero di screditare il Movimento.

Un gran numero di spettatori, riuniti nelle strade e finestre dei palazzi, contemplavano attenti il passo della manifestazione. Il loro atteggiamento era di evidente simpatia: calorosi applausi e grida di appoggio si ascoltavano ovunque. Gli occhi di alcuni anziani si inumidivano ammirando lo straripante entusiasmo giovanile ed a voce alta si lamentavano di mai aver potuto partecipare ad un atto così pieno di dignità come quello che stavano presenziando.

Il successivo monumento davanti al quale doveva passare la manifestazione era quello che ostenta l'effigie di Cuauhtémoc, opera dello scultore Miguel Noreña. Regina e il suo gruppo marciavano quasi alla fine della colonna. Arrivando di fronte alla statua dell'ultimo imperatore azteco il viso della Regina del Messico impallidì, i suoi piedi vacillarono e stette per cadere. Si ristabilì subito e rassicurò a coloro che l'accompagnavano:

-Non vi preoccupate, sto bene, mi sono sentita improvvisamente come se andasse ad un altro tempo, ma ora è passata.

Dopo aver oltrepassato il monumento eretto in onore di Cristoforo Colombo, i manifestanti arrivarono al gazebo El Caballito. In questo si alzava l'opera dal geniale Manuel Tolsá, considerata come une delle migliori statue equestri esistenti al mondo. La colonna girò a destra e proseguì la sua marcia. Passando di fronte al marmoreo Hemiciclo de Benito Juárez si lasciarono ascoltare numerose acclamazioni al presidente zapoteca. La già vicina prossimità del loro traguardo fece che la testa della manifestazione accelerasse il passo. Percorsa la avenida Juárez solo li separava dallo Zocalo la mezza dozzina di strade che compongono la avenida Madero. Tuttavia, anche se non vi era apparentemente ragione alcuna per ciò, i padri di famiglia che intestavano la colonna si fermarono all'improvviso. Un'espressione di confusione e sconcerto si lasciò vedere nei loro visi. Senza sapere perché presentivano che il logico e retto sentiero che si apriva davanti a loro non era l'adeguato, ma non riuscivano a determinare per dove dovevano continuare la loro avanzata. La paralizzante incertezza si prolungò per alcuni istanti che sembrarono secoli. Improvvisamente il signor José Agustín Román Herrera ebbe una rivelatrice intuizione:

-È da questa parte - affermò convinto al tempo che girava a sinistra e sprofondava nella avenida San Juan de Letrán e Cinco de Mayo non ebbe già vacillazione alcuna, la colonna prese per questo ultimo viale e andò diritta verso il loro obiettivo. L'ultimo tratto fu percorso con spirito concentrato e riverente. Il mormorio di voci si estinse quasi del tutto e il suo posto fu occupato per il ritmico risuonare di innumerevoli passi. Impaziente ed allerta, il vasto spazio sacro dove culminasse il pellegrinaggio azteca aspettava l'arrivo dei manifestanti. E finalmente questi fecero il loro arrivo. La chiara impressione di stare partecipando ad un evento storico predominava in tutte le coscienze. Così come l'enorme strato di asfalto si popolava accresceva nella moltitudine una tesa attesa. La notte era scesa ma l'illuminazione pubblica continuava spenta, evidente segno dell'avversione delle autorità verso l'evento.

Regina e il suo gruppo arrivarono allo Zocalo quando l'immensa spianata già splendeva traboccante di persone. Secondo la Regina del Messico, il fatto che i manifestanti fossero riusciti a trovare per se stessi l'esatta traiettoria della linea di energia, costituiva, senza dubbi, la migliore garanzia che potrebbero portare a felice termine il rituale. Un solo sguardo alla piazza bastò a Regina per notare il cambiamento operato in questa. Con allegro tono espresse:

-Il Zocalo è "pulito", tutta la "spazzatura" accumulata in secoli di abbandono è sparita; è già un altare.

Un'espressione di profonda gioia si vedeva sui volti di quanti accompagnavano Regina. Don Gabriel, attento sempre all'importanza dei numeri, affermò:

-Sono più di mezzo milione, è andato ben oltre il minimo richiesto per iniziare il rituale.

-Magnifico - disse Regina -, andiamo una volta per tutte alla Cattedrale.

Da una settimana, don Uriel aveva parlato con un sacerdote officiante presso la Cattedrale ed al quale conosceva da molto tempo fa. Il sacerdote aveva promesso di aspettarli in una porta laterale del tempio, aprire questa e lasciar loro salire fino alla torre dove si trovava la campana sacra che Regina precisava far suonare. L'Erede della Tradizione Olmeca bussò il numero concordato di volte sulla vecchia porta di legno. Digrignando sui suoi arrugginiti cardini la porta si aprì, i Quattro Autentici Messicani e Il Testimone penetrarono immediatamente. Prima che il sacerdote riuscisse a tornare a chiudere la porta, già si erano intrufolati da essa una ventina di studenti. Lanciando furibondi sguardi agli intrusi, don Miguel li esortò affinché uscissero.

-È meglio che rimangano - ritenne Regina sorridendo -, se apriamo la porta entreranno migliaia.

Voltandosi verso il sacerdote, la Regina del Messico espresse:

-Mi scusi, padre, non so se sarebbe possibile un ultimo favore. Si potrebbe illuminare la facciata della chiesa?

-Certo che sì - rispose il sacerdote -. Da queste parti ci sono i comandi.

Regina, sacerdote, Testimone, Messicani e studenti, camminarono in gruppo fino a dove si trovavano i comandi della luce. Li collegarono tutti, sia quelli dell'illuminazione esterna come interna. La Cattedrale si trasformò subito in una sorta di splendente imbarcazione circondata di ombre. Le sue numerose cappelle, alte colonne ed allungate navi brillavano particolarmente maestose e solenni. Proveniente della cripta sotterranea, e inudibile per altre orecchie che non fossero quelle di Regina e dei Quattro Autentici Messicani, arrivava il cadenzato suono che produceva il battere del segreto cuore del paese. Accendendosi le luci della facciata del tempio si verificò nel Zocalo un allegro rumore di centinaia di migliaia di voci; senza sapere perché la moltitudine congregata nella piazza considerò quel semplice atto come un felice presagio.

Il gruppo salì le scale che conducono al tetto e le torri del tempio. Gli studenti non sapevano che cosa voleva fare l'Hostess, ma si manifestavano in estremo felici di poter essere lì per scoprirlo. La vista del Zocalo dal campanile era impressionante. Non esisteva il minore spazio che non fosse pieno di gente, il rumore delle loro voci rivelava un sentimento di anelante speranza.

-Sono già circa seicentomila persone - affermò il Guardiano della Tradizione Maya.

-Bisogna cominciare immediatamente - disse Regina dirigendosi direttamente fino a dove si trovava la campana Santa Maria dell'Assunzione.

Rendendosi conto che il proposito dell'Hostess era suonare una delle campane, gli studenti fecero altrettanto. Prendendo le lunghe corde che pendevano dagli strumenti cominciarono a tirarle, producendo con questo un sonoro e fragoroso rintoccare.

Don Miguel si infuriò di nuovo e stava per sgridare i giovani, ma Regina lo contenne:

-Non importa - opinò condiscendente -. Occupiamoci del nostro.

La Regina del Messico si mise sotto la campana sacra e prese la fune che pendeva da questa, gli Autentici Messicani si inginocchiarono in ognuno dei quattro estremi del luogo, con i visi rivolti verso i diversi punti cardinali. Per qualche minuto il quintetto rimase immobile, con gli occhi chiusi e riflettendo una profonda concentrazione nei loro volti. Poi Regina iniziò a tirare della corda e la campana cominciò a suonare.

Roco, sonoro, commovente, il rintocco dello strumento elaborato per gli alchimisti novo-ispanici del secolo XVI superò subito quello delle altre campane. Era il rimbombare di una forza schiacciante che cercava anelante un ricettacolo che gli permettesse di tramutarsi nella più sottile di tutte le energie. E il contenitore capace di realizzare così prodigiosa trasformazione esisteva e si trovava soltanto a pochi metri sotto la campana. Le grate del coro della Cattedrale, prodigiosa realizzazione degli alchimisti cinesi raggiunta dopo un paziente lavoro di secoli, cominciarono ad operare.

In un primo momento, le raffinate risonanze che producevano le grate di tombacco furono solo catturate per l'addestrata percezione uditiva di Regina, ma poi, i Quattro Autentici Messicani cominciarono anche a percepire l'affascinante gioco di tonalità che si staccava dalle grate e che era diffuso in tutte direzioni grazie all'appropriata costruzione della Cattedrale Metropolitana, la quale stava operando al massimo come quello che veramente è: un sacro e gigantesco strumento musicale.

Imbambolati e desiderando che quell'istante non concludesse mai gli Autentici Messicani rimanevano statici, ascoltando l'eccezionale sinfonia destinata a produrre effetti nella stessa coscienza della nazione. Solo alcuni mistici, nei suoi momenti di maggiore elevazione, sono riusciti a sentire concerti simili. Convinti che è un certo tipo di musica di questa indole quella che fa muoversi l'Universo intero, hanno denominato questi suoni "la musica delle Grandi Sfere."

Nella affollata Piazza della Costituzione il concerto della cattedrale stava producendo le più varie reazioni. Cominciando il suonare delle campane la gente lo ricevé giubilante; dopo venne il grave rintocco della Santa Maria dell'Assunzione e sollevò un ambiente solenne e in attesa. Tutto il mondo presentiva che qualcosa singolarmente misteriosa e trascendente stava per succedere. E succedé. Sebbene i suoni generati per le insolite grate di tombacco non risultavano udibili per gli uditi ordinari, in qualche modo tutti quanti si trovavano presenti nello Zocalo riuscirono a percepire i suoi effetti. Un'ondata di intensa emozione invase la piazza. Innumerevoli persone piangevano apertamente, non erano lacrime di dolore ma il pianto che si produce come risultato di un'allegria profonda ed inaspettata. Molti si abbracciavano sentendo nel farlo scoprire per la prima volta l'autentico senso della solidarietà della specie. Altri si erano inginocchiati e pregavano devotamente. Per tutti costituiva una rivelatrice e trasformativa esperienza.

-Ce l'abbiamo fatta! -esclamò Regina con trionfale voce nel momento di smettere di suonare le campane. I Quattro Autentici Messicani si alzarono e circondarono la giovane dandole delle pacche affettuose sulla spalla, volevano parlare ma l'emozione dominava e impediva loro di articolare parola. Il viso di Regina lasciava vedere chiari segni di stanchezza, indicativo del fatto che non era stato niente facile la missione che aveva appena compiuto. Con voce stanca e giubilante spiegò:

-Le risonanze furono rilevate dal chakra del pianeta che corrisponde al Messico. Il chakra è stato riattivato e l'altare dove si officerà la parte principale del rituale - dicendo questo segnalò verso il Zocalo - è già pronto per essere utilizzato. Credo che raggiungeremo il nostro proposito di avviare il risveglio del Messico.

Regina e i loro accompagnatori scesero al piano terra della Cattedrale: dopo aver salutato, con sentiti ringraziamenti, il sacerdote che aveva permesso loro l'accesso, uscirono furtivamente dal tempio. Fuori gli oratori che prenderebbero la parola si preparavano per dare inizio al raduno. L'atmosfera era la tipica di una grande festa popolare.

Dopo aver raggiunto il suo obiettivo e in considerazione alla stanchezza che sentiva, Regina scelse di non rimanere a presenziare il raduno. I servizi pubblici di trasporto erano stati sospesi dalla mattina in un vano desiderio delle autorità di ostacolare l'assistenza alla manifestazione. Perciò, il piccolo gruppo si vide costretto ad intraprendere a piedi la via del ritorno a loro domicilio. Nel suo percorso fecero due scale per riposare; una nell'Alameda ed un'altra su una panchina del Paseo de la Reforma. Arrivando al Bosco di Chapultepec, i vecchi ahuehuetes, diretti da El Sargento, le avevano preparato una piacevole sorpresa.

Un incessante agitare di foglie e rami produceva una bella e ritmica melodia simile ai cantici di antichi inni sacri. Erano le voci dei millenari abitanti del bosco, testimoni oculari di passate epoche di splendore. Nella solenne cadenza del loro canto c'erano sfumature di gioiosa speranza, al tempo stesso che un caldo riconoscimento alla prodezza appena realizzata dall'autentica Sovrana della Nazione.

Sorridente e soddisfatta Regina ascoltava la vegetale sinfonia. Si era seduta sulla ringhiera che circondava la larga figura del Sargento e da lì, insieme ai suoi amici, teneva il ritmo della melodia degli ahuehuetes battendo le mani. Notando che gli alberi più giovani non osavano intervenire nel festeggiamento, ma si accontentavano con rimanere come rispettosi spettatori dello stesso, li sollecitò con gravi voci che si unissero al cantico. E così il bosco intero si trasformò in un'esplosione di giubilante entusiasmo. Di sicuro Nezahualcóyotl, ultimo dei grandi giardinieri di Chapultepec, presenziava in spirito l'allegra celebrazione degli alberi della foresta. Doveva essere stato molto contento di poter contemplare questo spettacolo.