Importanti ritrovamenti
Regina e i Quattro Autentici Messicani scesero dalla piramide conversando animatamente. La giovane commentava loro in tono scherzoso il profondo stupore che avevano manifestato nel vederla per la prima volta e rendersene conto che si trovavano davanti a una donna.
Raggiunta la base del monumento osservarono che in uno dei suoi lati si trovava un uomo inginocchiato. Era Simon, il Segreto Guardiano della Città Sacra chi era stato in ginocchio e pregando tutta la notte. Rapidamente arrivarono al suo fianco. L'anziano tentò di alzarsi ma gli intorpiditi muscoli delle sue gambe glielo impedirono. Dopo alzarlo in bilico lo reclinarono accanto a un muro. La giovane li parlò dolcemente, congratulandolo per la sua fedeltà nel compimento del compito al suo carico. Il volto del Guardiano rifletteva una profonda emozione. I suoi occhi rimanevano fissi su Regina e la sua paralizzata lingua non riusciva a pronunciare una parola. Don Rafael massaggiò le sue gambe fino a quando queste ultime recuperarono la loro naturale mobilità.
Dopo salutare il Guardiano, il gruppo accompagnò Regina a raccogliere la sua valigia fino al luogo in cui questa la lasciasse, dopo si diressero al posto dove si trovava l'automobile di don Uriel. Nel sedile posteriore si accomodarono don Rafael, don Gabriel e don Miguel. Il posto del volante fu occupato da don Uriel e quello accanto da Regina. Emettendo rauchi suoni, il volkswagen iniziò la sua marcia.
Don Uriel chiese Regina circa i suoi piani immediati e questa rispose che desiderava stabilirsi nella città del Messico, e iniziare al più presto la localizzazione del posto esatto in cui dovrebbero effettuare il rituale. Considerava che la soluzione migliore era che rimanessero insieme mentre realizzavano la loro missione, a tal fine sarebbe necessario affittare una casa in cui potessero stabilirsi tutti con le loro rispettive famiglie.
Regina tirò fuori della sua valigia un foglio su cui era scritto un nome e due direzioni. La giovane spiegò che gli indirizzi corrispondevano a quelli di una signora che aveva avuto una grande amicizia con i suoi genitori. Tenendo conto di quello che questi le raccontassero, detta signora era proprietaria di due case, una situata nella città del Messico e un'altra sulla sua periferia. Regina sperava che se la signora non era morta o cambiato indirizzo, forse potrebbe affittarle una di loro case.
Don Uriel chiese Regina di leggere entrambe direzioni per dirigersi alla più vicina. Così fece e l'Erede della Tradizione Olmeca commentò che, in effetti, una delle direzioni doveva corrispondere a quella di un domicilio situato nella città del Messico, ma che l'altra non si trovava nella periferia di quest'ultima come Regina supponeva, bensì in un piccolo villaggio situato a un'ora in automobile dalla capitale del paese.
Regina spiegò che lei era nata in quel villaggio 1 e che per ciò le sarebbe piaciuto tentare di affittare la casa in cui nascesse per utilizzarla come centro di operazioni, tuttavia, visto che era un tanto lontana dalla città, stimava che sarebbe meglio cercare di affittare l'altra casa.
1 La Aldea de los Reyes nello stato del Messico. Vedere l'inciso secondo del capitolo primo di questa opera: "La nascita."
Ben presto la volkswagen arrivò allo sgocciolare dell'immensa agglomerazione umana che costituisce la capitale della Repubblica Messicana. Osservando il fumo di numerosi camini, Regina sottolineò che, lungo il suo percorso dal porto di Veracruz, aveva notato la poca cura che si teneva nel rispettare la purezza dell'ambiente e impedire la distruzione delle risorse naturali. Tutti i suoi accompagnatori espressero con tristezza identica opinione: gli attuali abitanti del Messico stavano procedendo sistematicamente alla sua distruzione; avevano disboscato le foreste, eroso i terreni agricoli, sprecato le risorse non rinnovabili e inquinato le acque di fiumi e laghi. Il feroce processo distruttivo non sembrava diminuire ed era sicuro che molto presto raggiungerebbe livelli imprevedibili. La città del Messico costituiva l'esempio perfetto di tale folle comportamento. La sua incredibile crescita stava causando enormi danni all'ecologia di tutta la regione, perfino l'aria che la circondava cominciava a diventare una minaccia alla salute dei suoi abitanti.
La gravità dei mali di cui parlavano non fece altro che evidenziare ancora di più la trascendentale importanza del compito che li attendeva. Tanto la Regina del Messico come i suoi quattro collaboratori capivano molto bene che la sola causa che originava così diverse disgrazie era l'incoscienza degli abitanti del paese, stessa che non comincerebbe a scomparire mentre questo prolungasse la sua letargia. Don Gabriel chiese Regina quanto tempo lei stimava che trascorrerebbe tra un evento e l'altro, cioè tra il risveglio del paese e la consapevolezza dei suoi abitanti.
È difficile di precisare -rispose la giovane-. Si tratta in entrambi i casi di processi graduali e piuttosto lenti giudicati dalla dimensione del tempo umano. Una volta che le montagne abbiano risvegliato a tutto il territorio, questo vibrerà in modo diverso. La gente percepirà quelle vibrazioni e il suo atteggiamento varierà gradualmente; recupereranno prima un senso di rispetto a quanto li circonda e poi raggiungeranno una nuova concezione del senso religioso, sacro, dell'esistenza.
Man mano che la vettura si addentrava nella città, il transito di veicoli aumentava di continuo fino ad arrivare agli ingorghi stradali. Avanzavano lungo Avenida Insurgentes, estesa arteria che attraversa di nord a sud la capitale messicana. Improvvisamente, Regina ebbe una intuizione:
-Dove pensavate di portarmi? -chiese.
-Al Palazzo Nazionale -rispose don Miguel.
-Bene, allora andiamo di una volta, qualcosa mi dice che devo conoscere il posto dove si trova quel palazzo ancora che non vada a vivere là. Poi andremo a visitare la signora amica dei miei genitori.
Tenendo conto i desideri di Regina, don Uriel condusse la vettura direttamente verso il centro della città. Pochi isolati prima di raggiungere la loro destinazione lasciarono il veicolo in un parcheggio. Camminando tra strade pletoriche di gente in cui abbondavano edifici adibiti ad uffici e locali commerciali di vario tipo, il gruppo si fu avvicinando al suo obiettivo. Ad ogni passo che dava, la giovane sentiva con maggiore forza l'impressione di stare avvicinandosi a un luogo dotato di eccezionali poteri. Ondate di energia di intensità sempre crescente percorrevano il suo organismo. Non era un'energia che si opponesse al suo avanzamento, al contrario sembrava esortarla a che arrivasse immediatamente. Alla fine della strada si offrì sotto gli occhi di Regina il quadro generale della Piazza della Costituzione, conosciuta popolarmente con il nome dello Zocalo. Un'immensa spianata fiancheggiata per imponenti edificazioni: La Cattedrale Metropolitana, il Palazzo Nazionale, gli edifici sede delle autorità della città e molti altri che contribuivano a integrare un armonico insieme di magnifiche costruzioni.
Appena cominciava ad osservare lo spettacolo che si presentava davanti ai suoi occhi, quando Regina sentì che la vigorosa energia proveniente dal centro della piazza raggiungeva un'indescrivibile intensità. Senza che avesse opportunità di tentare di capire cosa stava succedendo, la Regina del Messico si sentì improvvisamente trasportata in un altro tempo, rimanendo tuttavia nello stesso spazio in cui si trovava. Tutto il paesaggio variò sostanzialmente in un secondo. Si trovava nel centro di un piccolo isolotto e una interminabile laguna di cristallina purezza si estendeva ovunque. Accanto a lei c'era un anziano le cui energiche fazioni e penetrante sguardo denotavano il vero guerriero, capace di forgiare nazioni e condurre i suoi abitanti alla conquista di elevati obiettivi. Dietro dell'anziano e di Regina, riempendo l'isolotto ed occupando numerose canoe raggruppate attorno al medesimo, si raggruppava una grande moltitudine di persone che osservavano, speranzosi e riverenti, quello che davanti a loro accadeva.
Sopra un fico d'India di rossi frutti, un'enorme aquila combatteva ferocemente con un ondulato serpente. Le spiegate e vibranti ali del volatile denotavano l'intensità della lotta. Sentendosi sconfitto il perverso rettile cercò invano di sfuggire dagli artigli che lo attanagliavano. Concluso l'incontro, con la schiacciante vittoria dell'aquila, questa spiccò il volo fino a perdersi in alto nel cielo.
La percezione del passato sparì così improvvisamente come era apparso. Regina si trovò ancora una volta contemplando la Piazza della Costituzione. Il suono prodotto per i motori di innumerevoli veicoli inondava lo spazio. Veri fiumi umani andavano avanti e indietro dappertutto. Un numeroso gruppo di turisti americani attraversava la piazza camminando in ordinate file.
Senza riprendersi ancora dalla singolare esperienza che aveva appena avuto, Regina si sentì dire a sé stessa:
-Questo è il nostro centro. Questo è il luogo dove l'aquila spiega le sue ali e divora il serpente. Sarà qui dove realizzeremo il rituale che sveglierà il Messico.
I Quattro Autentici Messicani ascoltarono gratamente sorpresi le affermazioni di Regina, perché queste implicavano che il primo obiettivo da raggiungere, menzionato da lei - la localizzazione del luogo esatto dove avrebbe luogo il rituale - era stato raggiunto.
Quando le vetture glielo permisero, i membri del quintetto attraversarono il viale che li separava dalla piazza e si addentrarono in questa. Proprio nel centro della vasta spianata ondeggiava una gigantesca bandiera. Regina arrivò ai piedi dello stendardo e aprendo le braccia per segnalare l'ampio spazio che la circondava, esclamò:
-Tutto questo sarà l'altare, dovremo pulirlo prima, è così sporco.
Gli accompagnatori della giovane scambiarono espressioni di stranezza, perché il grande strato d'asfalto brillava impeccabilmente pulito. Percependo gli sguardi, Regina spiegò:
-Questo è il luogo dove scorre l'energia che mantiene unito al paese, qualcosa di simile a una grande sorgente da cui fluisce senza sosta una potente corrente, ma a quanto pare è da moltissimo tempo che nessuno si occupa di controllare e incanalare questa energia; questo è il motivo per cui tutto questo sembra, nella sua vera essenza, terribilmente trascurato e sporco.
-Le ho già detto che è da secoli che il Messico non ha governanti, miseramente potevano sapere dei temi sacri del nostro paese gli impostori che soltanto capiscono di rubare al popolo -disse don Miguel puntando il dito accusatore verso il Palazzo Nazionale.
Lo sguardo di Regina percorse con particolare attenzione la potente e austera facciata del Palazzo. Il polso della giovane accelerò osservando che sopra la porta centrale dell'edificio c'era una nicchia che conteneva una campana.
-Forse oggi sia il nostro giorno fortunato -affermò entusiasta puntando verso la campana-. Bisogna trovare al più presto gli strumenti musicali che ci serviranno per il rituale e uno di essi è una campana sacra.
-Quella è la campana con cui il padre Hidalgo convocò il popolo per iniziare la Guerra di Indipendenza -disse don Uriel.
A grandi passi il quintetto percorse mezza piazza per contemplare il più vicino possibile la campana oggetto di loro attenzione.
-No, non è quella che ci serve -affermò Regina dopo una lunga osservazione-. Sì, è uno strumento sacro, ma fu fatto per risvegliare la coscienza degli esseri umani e non quella delle montagne.
-Lì ci sono molte campane -indicò don Uriel puntando verso le alte torri della Cattedrale.
-Allora andiamo a vederle -esclamò Regina-. Sarebbe possibile salire alle torri per esaminarle da vicino?
-Spero di sì -rispose don Uriel-. Ho lavorato molte volte nel tempio facendo riparazioni e conosco diversi sacerdoti.
Ancora una volta il quintetto si mise in moto, camminando dritto verso la vicina e imponente costruzione della Cattedrale Metropolitana.
Nel momento stesso di penetrare nel santuario, Regina ebbe la stessa sensazione che sperimentasse all'arrivo al tempio taoista di Chengtu, trasformato in prigione. Lo stile architettonico in cui erano stati edificati entrambi i templi non poteva essere più diverso; tuttavia, l'obiettivo che guidasse ai suoi rispettivi costruttori era stato lo stesso. Così come il monastero cinese, la Cattedrale messicana costituiva un gigantesco strumento musicale detentore di una misteriosa capacità di risonanza. Regina dovette trattenersi per non esprimere la sua allegria facendo una capriola nell'aria. Con il viso risplendente bisbigliò in modo pacato ai suoi accompagnatori:
-Questa è stata la nostra giornata, qui si trova lo strumento sacro che utilizzeremo nel rituale.
-Ma lei non stava cercando una campana? -inquisì don Gabriel.
-Sì, ne avremo bisogno anche di essa, ma sarà proprio per produrre un certo tipo di risonanza in uno strumento sacro che deve essere da qualche parte di questo tempio.
-Che tipo di strumento? -domandò il Guardiano della Tradizione Maya.
-Uno molto grande fatto come con tubi.
Forse sia questo -affermò don Rafael, segnalando gli enormi tubi di uno dei monumentali organi situati nella parte centrale della chiesa.
-No, non lo è -rispose Regina-. Quell'organo è favoloso, ma credo che è europeo e ciò che cerchiamo è cinese. Gli antichi alchimisti cinesi possedevano il segreto per elaborare strumenti musicali sacri che operano per risonanza, i quali producono vibrazioni di tale sottigliezza che attivano la stessa coscienza dei chakras della Terra.
-Credo di sapere dov'è quel strumento -esclamò don Uriel-. È da questa parte.
Il gruppo avanzò dietro il Supremo Guardiano della tradizione Olmeca, fino ad arrivare dove si trovavano alcune alte grate di metallo che chiudevano l'accesso all'interno del coro.
-Sì, è questo -disse la giovane con voce che tradiva una grande emozione, mentre rimaneva con gli occhi inchiodati nella snella struttura della grata metallica di colore verdognolo; poi, come se parlasse sia per i suoi accompagnatori come per se stessa, Regina disse:
-Sapete una cosa? Per anni detestai i cinesi e quanto avesse a che fare con loro, poi ho vissuto in Cina e ho imparato in primo luogo a rispettare e posteriormente ad amare i suoi abitanti. Sono così speciali. Hanno una pazienza insuperabile. Preparare il metallo che si usò per fare queste grate deve aver portato diversi secoli. Sono fatte di una lega di oro, argento e rame. Il segreto sta non solo nell'esatta proporzione in cui devono mischiarsi questi metalli, bensì nel numero di volte in cui occorre rifonderli una volta dopo l'altra, sempre in determinate date tenendo conto delle posizioni degli astri. Come e quando arrivarono queste grate fin qui?
-È una lunga storia -rispose don Uriel-. Le portarono in epoca coloniale, nel secolo XVIII. Furono fatte a Macao, di lì le portarono a Manila e arrivarono al Messico nella Nao dalla Cina che veniva ogni anno al porto di Acapulco. Numerosi personaggi di quell'epoca unirono i suoi sforzi per riuscire a portarle, fu necessario superare molte difficoltà.
-Tutte quelle persone stavano già lavorando per aiutarci a realizzare il rituale che risveglierà al Messico -affermò Regina sinceramente commossa davanti a quella prova di solidarietà spirituale che trascendeva il tempo-. Se non fosse per loro non avessimo potuto neanche cercare di avviare la nostra missione.
-Ritiene che erano consapevoli di quel che stavano facendo? -domandò don Miguel con una punta di diffidenza.
-Forse non tutti quelli che parteciparono, ma certamente coloro chi pianificarono ed effettuarono il difficile compito di portare queste grate, sapevano perfettamente quello che stavano facendo. E non solo loro, è chiaro che tutta questa Cattedrale fu costruita con la deliberata intenzione di fare di essa uno strumento musicale sacro. L'edificio è qualcosa come la parte in legno di un violino e le grate sono le corde. Ci manca soltanto individuare l'equivalente all'arco di violino che, in questo caso, è una campana. Sono certa che la troveremo.
Don Miguel stava per dire qualcosa ma a quanto pare ci ripensò e scelse di rimanere in silenzio. Regina presentì che il Supremo Guardiano della Tradizione Nahuatl differiva in qualche punto rispetto a quello che lei aveva appena detto; stava per chiederli che esternasse la sua possibile discrepanza, quando don Uriel chiese loro di accompagnarlo per ottenere il permesso di salire a vedere da vicino le campane del tempio.
Concesso il permesso, il gruppo salì le scale che conducono alle torri della Cattedrale. Contemplate a scarsa distanza, era possibile apprezzare la vera dimensione delle enormi campane. Dopo aver esaminato attentamente ognuna di esse, Regina segnalò la pesante massa di una più grandi al tempo che garantiva:
-Questa è quella che cerchiamo.
Abituato dalla sua più giovane età in tutte le questioni relative alla Cattedrale Metropolitana, don Uriel riuscì a identificare e a fornire i dettagli della campana in questione.
-Si chiama Santa Maria dell'Assunzione, è del XVI secolo e, delle campane di grande volume, è una delle più antiche che c'è in tutto il Messico. Ha registrate iscrizioni in latino. Ho sempre sentito che possedeva un suono molto speciale, completamente diverso a quello delle altre.
-Bene -esclamò Regina visibilmente soddisfatta-, abbiamo già il luogo e gli strumenti sacri per eseguire il rituale. Non appena si verifichino le condizioni necessarie cominceremo a festeggiare.
-Tra parentesi -disse don Gabriel-, in ogni rituale è importante il numero di partecipanti. Quante persone, oltre a noi, dovranno essere coinvolte?
-Un minimo di trecento novanta sei mila -rispose la giovane.
Negli sguardi dei Quattro Autentici Messicani si lasciò vedere lo stupore. Con voce che tradiva preoccupazione, il Guardiano della Tradizione Zapoteca domandò:
-Perché così tanti?
-Per assicurare la riuscita del rituale occorre concentrare, in un determinato momento, un certo tipo di energia che si genera solo dalla coscienza degli esseri umani quando questa si trova funzionando attivamente. Se esistessero quattrocento Autentici Messicani l'energia generata per la loro coscienza potrebbe essere più che sufficiente per eseguire il rituale. Invece non potrebbe realizzarsi ora anche se si riunissero tutti i milioni di abitanti del paese, sono addormentati, praticamente morti ai fini di potere generare l'energia necessaria nel rituale. Spero che questa situazione cambi molto presto. Essendo rimasto rotto il carcere della Luna la gente inizierà a risvegliarsi e a rendersene conto della realtà delle cose. Non arriveranno certamente a risvegliarsi del tutto, ma almeno avranno una certa capacità di azione, quanto basta per intuire l'importanza dei prossimi eventi e partecipare attivamente in loro. L'energia che generano mila persone semi-sveglie corrisponde a quella che produce una pienamente cosciente. Per poter eseguire il rituale si richiede la presenza di quattrocento persone coscienti o di quattrocento mila semi-sveglie. Dato che ci sono quattro completamente sveglie, soltanto abbiamo bisogno che vengano al rituale trecento novanta sei mila che siano semi-sveglie.
-Caspita, non credo che sia così tanto facile - disse don Miguel.
-Vedremo, concluse Regina con manifesto ottimismo.
Dopo aver girovagato a lungo sui tetti della Cattedrale - osservando dettagli della costruzione difficili da apprezzare dalla strada, come l'originale "linternilla" che incorona la cupola centrale- il gruppo scese all'interno dal tempio. Regina ritenne che sarebbe stato conveniente pregare ringraziando Dio per le fortunate scoperte che avevano appena fatto. Don Uriel disse che conosceva lo spazio del santuario che a suo parere risultava più adeguato per ciò e li condusse ad una cripta sotterranea.
All'ingresso della cripta una giacente scultura segnava il luogo dove si trovano i resti di frate Juan di Zumárraga, primo arcivescovo del Messico. Allo stesso modo, nei muri della camera era indicata con piastre metalliche l'ubicazione dei resti mortali dei diversi arcivescovi che, nel corso dei secoli, hanno occupato la diocesi della capitale messicana. Nel centro della cripta un semplice altare spiccava come unico ornamento un crocifisso. La base in cui si sostentava l'altare attirò subito l'attenzione di Regina. Si trattava di una pietra scolpita con caratteri appena percettibili che denotavano una grande antichità. Don Miguel si affrettò a rispondere alla silenziosa domanda contenuta nello sguardo di Regina.
-Quella pietra è sacra ed è nostra -affermò deciso il Supremo Guardiano della Tradizione Nahuatl.
-Sì -disse don Uriel-. Quella pietra proviene dal Tempio Maggiore degli aztechi. Stava in un luogo a cui soltanto potevano entrare l'imperatore e il Cihuacoatl. Veniva utilizzato nella cerimonia dell'incoronazione. Il nuovo monarca rimaneva pregando di fronte a essa nella parte centrale della cerimonia. Era l'unico giorno in cui il paese poteva vederla. Essendo iniziata la costruzione della prima Cattedrale, una molto più piccola di questa, si utilizzò affinché fosse piazzata come "la prima pietra."
-È molto più antica di tutto quello -affermò don Miguel, ovviamente compiaciuto di possedere su quella questione più informazione che qualsiasi altra persona-. Gli aztechi portarono questa pietra da Tula e a sua volta i toltechi l'avevano portata da Teotihuacan, ma già allora, quando la città sacra era giovane, la pietra era anziana. Viene de molto tempo fa, di altre Età in cui esisté una Umanità diversa all'attuale. È un oggetto sacro che concede il potere soltanto a chi lo merita.
Conclusa la sua spiegazione don Miguel rimase in rispettoso silenzio. I cinque occhi rimasero fissi nell'armoniosa unità che integravano la leggendaria pietra, la bianca lastra di marmo dell'altare e il crocifisso. Succedé allora un fatto ricoperto della grandiosità e semplicità che caratterizzano gli eventi che veramente possiedono dimensione storica.
Facendo qualche passo Regina arrivò fino all'altare e si inginocchiò. Alle sue spalle i suoi quattro accompagnatori si inginocchiarono anch'essi. La giovane tese entrambe le mani e la punta delle sue dita toccarono la ruvida superficie della pietra. Si verificò istantaneamente un qualcosa di enigmatico e inenarrabile. Era come se, improvvisamente, si fosse lacerato il velo che copre la realtà e si potessero afferrare senza troppo sforzo tutte le verità nascoste. L'altare, la pietra e il crocifisso, battevano cadenzatamente rivelando così la sua vera natura: costituiva il palpitante cuore del paese, l'organo che manteneva con vita l'addormentato corpo della nazione.
Con voce ferma e chiara Regina esclamò:
-Om that sat.2
2Io sono tu stesso.
Il cuore del Messico sembrò fermarsi momentaneamente per poi cominciare a battere frettolosamente, come se stesse facendo uno sforzo per trasmettere all'essere che si trovava di fronte a lui le segrete energie che danno origine a ciascuna delle sue pulsazioni. I ricordi ancestrali, le insondabili emozioni e le vastissime conoscenze accumulate dalla coscienza nazionale attraverso innumerevoli ere, le furono comunicate a Regina nel breve lasso di alcuni minuti, durante i quali la giovane rimase pregando con un'intensità mai raggiunta in tutta la sua esistenza. Quello era la piena realizzazione del vero scopo che desse origine in remoti tempi alle cerimonie d'incoronazione. La comunione tra il nuovo sovrano e il cuore della sua nazione, obiettivo già dimenticato da secoli per le decadenti monarchie dei tempi moderni.
Conclusa la trasmissione di ricordi, emozioni e conoscenze, il cuore del paese riprese il suo ritmo abituale e impercettibile di palpitazioni. Regina si rialzò. I suoi accompagnatori percepirono immediatamente che si era operato in lei una importante trasformazione. Senza aver perso la sua naturale semplicità e attraente simpatia, possedeva ora un chiaro portamento di autentica maestà. Il suo nome era già l'espressione di una verità palesemente evidente.
Il quintetto lasciò il tempio. Era passato mezzogiorno e una luce abbagliante impregnava l'enorme piazza e i maestosi edifici. Numerosi piccioni svolazzavano nell'atrio della chiesa. L'andirivieni della folla di persone che di continuo transitano per il centro della città del Messico proseguiva inalterabile.
-Bene -esclamò Regina abbozzando un ampio sorriso-. Quando mi ci portano a conoscere il "mio" palazzo?
Senza affrettarsi si avviarono verso la porta più vicina del Palazzo Nazionale, la cosiddetta Mariana. Penetrarono per essa e ai pochi passi trovarono un'elevata e snella scala che possedeva una singolare particolarità: i suoi gradini non erano sostenuti per supporto alcuno, bensì semplicemente incassati nella parete. Un'altra volta, don Uriel agisce in qualità di guida turistica.
-Questa scala fu costruita al tempo di Maximiliano e Carlota, due illusi che nel secolo scorso sognarono essere imperatori del Messico. Carlota si rifiutò di salire di qua, era sicura che in qualsiasi momento poteva crollare. Gli ingegneri Juan e Ramon Agea che erano quelli che avevano fatto la scala, si misero sotto con i suoi parenti mentre una scorta di lancieri saliva e scendeva a passo di carica. Solo allora Carlota si azzardò a salire.
Ridendo e facendo battute sul fatto che la scala potrebbe reggere loro, il gruppo ascese da quest'ultima. Don Uriel successivamente condusse loro per un ampio corridoio verso la sezione centrale dell'edificio: un grande cortile incorniciato da arcate che conferivano a tutta la costruzione un aspetto di armonica robustezza. I muri dei lunghi corridoi erano decorati con pitture murali. Erano questi quelli che don Uriel voleva mostrare a Regina.
Ciascuno dei murales conteneva una visione sintetica di alcuna delle antiche civiltà messicane. Guardaroba e costumi, architetture e artigianato, apparivano rappresentati con vigoroso realismo e colorito. Si trattava indubbiamente di un'opera pittorica di magistrali caratteristiche. Don Uriel sentì che i murales esprimevano da soli molto di più di quello che di essi si potesse affermare e si astenne di cercare spiegazione alcuna. Regina fu contemplando accuratamente ognuno dei murales. Conclusa la sua osservazione disse:
-Realmente sono straordinari. Chi li dipinse?
-Diego Rivera -rispose don Uriel.
-Mi piacerebbe conoscerlo.
-Non è possibile, è già morto.
-Allora magari possa conoscere altre delle sue opere.
-Non abbiamo finito di vedere i suoi dipinti che ci sono qui in Palazzo. Nei muri della scala centrale ce ne sono altri.
Ritornando dallo stesso corridoio che avevano appena percorso, si diressero verso la larga scala centrale dell'edificio. Gli alti muri situati ai fianchi di questa trattenevano uno stretto riassunto della storia del Messico, realizzato secondo la molto personale interpretazione dell'artista. Tutto un mondo d'immagini nel quale raffiguravano innumerevoli personalità, appariva rappresentato con eloquente plasticità.
-Oh! -esclamò sbalordita Regina-. Chi furono tutte queste persone?
-Eroi, villani, creduloni, c'è di tutto -disse don Uriel, segnalando una figura del murale che vestiva una sgargiante divisa, aggiunse con sprezzante accento:
-Quel tizio si chiamò Lopez di Santa Anna, morì nel secolo scorso ma continua essendo l'esempio da seguire per quelli del PRI, la banda di delinquenti che da anni monopolizza difatti l'attività politica del Messico.
-In che modo? -inquisì Regina.
-Per rimanere nella presidenza, che occupò undici volte, Santa Anna utilizzò essenzialmente tre procedure: corruzione, tradimento e demagogia. Il suo malgoverno era corrotto fino al midollo, ma quello li proporzionava precisamente il più completo appoggio di quanti desideravano trarre profitto del marciume. Per quanto riguarda il tradimento, Santa Anna trascorse la sua vita facendo accesi discorsi contro gli stranieri e facendo finta di combatterli quando questi invadevano il paese. Tutto era una farsa, in realtà andava d'accordo sempre con gli invasori per venderli parte del territorio nazionale a prezzi più economici di quelli che poteva offrire qualsiasi altro traditore. E per quanto riguarda alla demagogia, nessuno lo superava dicendo il maggior numero di bugie nel più breve tempo possibile. Lusingava poveri e ricchi promettendo concedere loro quanto li chiedevano. Fingeva essere, conforme li conveniva, liberale o conservatore, che erano i due partiti politici di quell'epoca. La verità è che non aveva principi né scrupoli di nessun tipo. L'unica cosa che lo spingeva era l'illusione di sentirsi potente. Ignorava che era solo uno schiavo e che il possesso dell'autentico potere è stato sempre fuori della portata di gente come lui.
Regina ascoltava con profonda attenzione le spiegazioni di don Uriel. Questo proseguì:
-Quelli del PRI hanno superato il suo maestro Santa Anna perfezionando al meglio ognuno dei suoi metodi, con l'aggravante di aver creato un sistema che non è legato all'esistenza di una sola persona, ma è istituzionale. La base di appoggio e il motore di detto sistema è la corruzione. Ogni sei anni avviene una sorta di potatura che rivitalizza l'intero apparato politico. Un elevato numero di funzionari pubblici sono spostati dai loro carichi. Sconsolati e nostalgici, dedicheranno il resto delle sue vite alla nostalgia per il passato e per la custodia della loro ricchezza illecita. I loro posti sono prontamente occupati per nuove ondate di funzionari sempre più disonesti e incompetenti. Dietro di quelli che entrano aspettano file d'impazienti aspiranti, fermamente convinti che non appena diano loro l'opportunità supereranno per un ampio margine i segni di rapina raggiunti dai loro predecessori.
Dopo una breve pausa, motivata per il fatto che il quintetto dovette cedere il suo posto a un nutrito gruppo di turisti che desideravano contemplare i murales, don Uriel continuò:
-In materia di tradimento, quelli del PRI hanno superato anche Santa Anna. Rendendosi conto che si arrivavano mai a vendere il territorio nazionale sarebbe finito molto presto l'affare per loro, idearono qualcosa di ben più produttivo. Invece di vendere lo spazio del paese, hanno cominciato a ipotecare il loro tempo.
-In che modo? -domandò nuovamente Regina.
-Molto semplice, ogni nuovo governo sta aumentando in forma accelerata il ritmo di crescita del debito estero. A questa velocità molto presto il debito acquisirà tali proporzioni che il suo pagamento diverrà impossibile, e allora sarà necessario destinare la maggior parte delle risorse nazionali ai semplici pagamenti di interessi. Si sarà compiuto così il peggiore dei tradimenti: vendere il futuro del paese.
Data la gravità di quello che sentiva, Regina cercò di leggere sulle facce dei suoi altri compagni la approbazione o il rifiuto a così nefaste predizioni. Tre preoccupati volti le fecero sapere che stavano in completo accordo con quanto espresso per don Uriel. Quest'ultimo finì la sua esposizione:
-Tutto quel mondo sotterraneo di corrotti e traditori che integrano la fauna politica intende mascherarsi con vesti patriottiche. Nel suo impossibile tentativo per riuscirci usano la demagogia a dirotto. Allo stesso tempo che saccheggiano la popolazione, i malgoverni del PRI non cessano di dire che agiscono sempre cercando il beneficio popolare. Nel momento in cui vendono il paese agli interessi stranieri, attaccano verbalmente le stesse aziende e governi con cui realizzano la vendita. Francamente, non vedo né come né quando finisca questo.
Quattro paia di occhi caderono su Regina chiedendo un'opinione. La Regina del Messico rifletté qualche istante e poi disse:
-Credo che il problema è sempre lo stesso. La degradazione dell'organizzazione politica, come l'inquinamento ambientale e in genere la distruzione dell'ecologia non sono altro che manifestazioni di una stessa causa: l'attuale carenza di consapevolezza che colpisce il Messico. Comunque la si rigiri ritorniamo sempre alla stessa cosa. Il paese si trova in uno stato di letargia simile alla morte e di lì provengono tutti i suoi mali. C'è solo una vera soluzione, questa è a lungo termine e solo noi possiamo iniziarla. Se ci riusciamo nel nostro tentativo di risvegliare il Messico le cose cominceranno a cambiare. Sarà lentamente ma inesorabilmente. Le nuove generazioni possiederanno una crescente lucidità di coscienza. Come risultato di quella lucidità non permetteranno che siano i peggiori elementi della società quelli che occupino i carichi pubblici. Si stravolgerà l'attuale processo di degradazione e detti posti cominceranno a essere occupati da persone sempre più oneste ed efficienti. E così, arriverà il giorno in cui possa di nuovo costituirsi un autentico governo. Un'autorità capace di guidare il popolo a incontrare Dio.
La ferma certezza con cui Regina esprimeva sempre le sue convinzioni era del resto contagiosa. I quattro volti degli Autentici Messicani evidenziavano ora un promettente ottimismo.
Con accento gioviale che pretendeva di essere di rimprovero, la giovane espresse:
-Sentite, non avete l'abitudine di dormire né di mangiare di tanto in tanto? Porto più di ventiquattro ore senza dormire o cibo da provare, se non vi disturba desidererei trovare un posto in cui mangiare.
-Ci scusi - manifestò, addolorato, don Rafael-. Siamo così felici di essere con lei che non siamo riusciti ad assisterla debitamente.
-Qui vicino ci sono diversi ristoranti -disse don Uriel.
-Qui vicino ci sono diversi ristoranti -disse don Uriel.
Concludendo la loro visita al Palazzo Nazionale, Regina e i suoi accompagnatori scesero per la scala principale e uscirono dalla porta centrale dell'edificio. Seguendo i suggerimenti di don Uriel si incamminarono verso l'hotel Majestic il cui ristorante, ubicato in un'elevata terrazza, permette una magnifica vista di tutta la Piazza della Costituzione e delle costruzioni che la circondano.
Mentre mangiavano con eccellente appetito i membri del quintetto chiacchieravano animatamente. Regina ribadì la sua soddisfazione di aver già localizzati gli strumenti sacri che dovrebbero essere necessari per svolgere il proiettato rituale. Segnalando la Cattedrale Metropolitana, la giovane disse:
-Credo che tutti i messicani saremo sempre in debito con i costruttori di questa Cattedrale. Vi immaginate l'enorme dose di saggezza e generosità che vi sono accumulate in essa. Per molti secoli, tanto in Messico come in Cina, una lunga catena di persone consacrarono la loro vita a cercare di riuscire che questo edificio arrivasse ad essere quello che è. Esse sapevano che non avrebbero mai visto il risultato dei loro sforzi; senza conoscerci, si fidarono pienamente di noi. Non possiamo deluderli.
Le forti fazioni di don Miguel lasciarono vedere un sentimento di profondo disaccordo con quanto aveva detto Regina. La giovane ricordò di aver osservato la stessa espressione quando si trovavano all'interno della Cattedrale. In questa occasione, il Supremo Guardiano della Tradizione Nahuatl non tenne per sé i motivi del suo disaccordo:
-Coloro chi gestirono la costruzione di quella chiesa furono gli spagnoli -affermò seccamente.
-Cosa c'è di sbagliato in questo? -domandò Regina stranita.
Don Miguel si agitò irritato nel suo sedile; poi, valutando ognuna delle sue parole, espresse i suoi pensieri:
-Cosa c'è di sbagliato in questo? -domandò Regina stranita.
Don Miguel si agitò irritato nel suo sedile; poi, valutando ognuna delle sue parole, espresse i suoi pensieri:
-Lei è la Regina del Messico, l'unica e legittima autorità che abbiamo avuto dopo la morte dell'Imperatore Cuauhtémoc; tuttavia, con tutto il rispetto, sembra ignorare il danno che gli spagnoli hanno fatto al nostro paese. La Conquista spagnola fu qualcosa di atroce. Il paese intero fu devastato in modo molto peggiore che se avesse sofferto un terremoto e tutte le piaghe possibili. I nostri templi furono distrutti e i nostri codici bruciati. L'antico sapere dovette essere nascosto, come se fosse una cosa negativa. La gente è da allora disorientata, confusa, non ha trovato la forma di ritornare ad essere sé stessa.
Don Miguel non aggiunse altro, ma l'espressione del suo viso rivelava tutto il dolore e il risentimento che aveva generato nell'anima del popolo nahuatl il trauma della Conquista. Così come lo facesse poco prima di fronte ai murales del Palazzo, Regina osservò con profonda attenzione le fazioni degli altri messicani cercando di scoprire se quello che aveva appena sentito esprimeva il parere di uno solo o l'unificata opinione di tutti. Non le fu difficile concludere che sia don Gabriel come Don Rafael possedevano su quel argomento criterio e sentimento totalmente simile a quelli del Depositario della Tradizione Nahuatl. Non era il caso di don Uriel nel cui sguardo si potevano osservare le contrastanti emozioni che detta questione generava nel suo interno.
Regina comprese che si trovava davanti ad un problema particolarmente delicato e che dovrebbe mostrare una grande cura nell'esprimere un'opinione, perché i suoi accompagnatori prenderebbero questa come la risoluzione data dalla Sovrana del Messico ad un tema che apparentemente manteneva scissa la coscienza nazionale.
Lo sguardo della giovane percorse un'altra volta la Cattedrale, il Palazzo Nazionale e le altre costruzioni che costeggiavano la piazza. Non erano semplici edifici di grandi dimensioni. Era ovvio che costituivano la rigida concretizzazione di un spirito eccezionalmente potente. Osservando il volto di don Uriel, Regina catturò in lui la presenza del medesimo spirito. Capì allora le trascendentali conseguenze dell'evento successo nel suo paese quattro secoli fa. Prima di dare le sue conclusioni, formulò una domanda inaspettata:
-Mi credereste se vi dicessi che posso parlare con le piante?
I quattro udenti di Regina mossero all'unisono la testa in segno di assenso, manifestando così di non vedere niente di strano nel fatto che la Regina del Messico avesse la facoltà di comunicarsi con i membri del regno vegetale. La giovane spiegò:
-Lo imparai mentre ero in Tibet, in una valle meravigliosa dell'Himalaya. Poi mi portarono in Cina. Lì ci lavorai come giardiniera e mi insegnarono l'arte dell'innesto. Non è stato facile praticarlo. Nel fare un innesto ad una pianta questa soffre terribilmente: una parte del suo essere è distrutta e il suo posto occupato da un corpo strano la cui assimilazione si ottiene dopo un lungo e doloroso processo. Le piante si lamentavano con me e per un po' mi fu impossibile effettuare innesti, fino a che arrivò il giorno in cui riuscii a fare comprendere alle piante che attraverso questo procedimento potevano ottenere un miglioramento e rinnovamento integrali.
I Quattro Autentici Messicani ascoltavano profondamente interessati, ma senza riuscire ad intravedere dove voleva arrivare Regina. Questa proseguì:
-Le nazioni in molti aspetti sono simili alle piante. In occasioni richiedono di un innesto per rinnovarsi. È un'operazione dolorosa e difficile ma indispensabile. La nostra Nazione passò per quella prova. Credo che abbiamo bisogno di capire molto chiaramente la vera natura di quel processo, altrimenti saremo sempre a lamentarci di qualcosa che fu lacerante, ma necessario e vantaggioso.
La metaforica e botanica spiegazione utilizzata da Regina aveva raggiunto il suo scopo. La piena comprensione del passato accese la piena unità nel presente. Il risentimento non esisteva più nei nobili volti dei Quattro Autentici Messicani. Il primo problema esposto alla legittima Sovrana del Paese delle Aquile aveva ricevuto un'adeguata soluzione.
La metaforica e botanica spiegazione utilizzata da Regina aveva raggiunto il suo scopo. La piena comprensione del passato accese la piena unità nel presente. Il risentimento non esisteva più nei nobili volti dei Quattro Autentici Messicani. Il primo problema esposto alla legittima Sovrana del Paese delle Aquile aveva ricevuto un'adeguata soluzione.