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L'eredità di Cuauhtemoc


Nell'era moderna predomina tra gli esseri umani una visione della storia di carattere lineare, cioè, si ha la tendenza a considerare che il processo evolutivo si realizza in modo continuo e sempre dal basso verso l'alto. Nelle antiche culture, invece, prevaleva una concezione ciclica o in spirale del divenire storico. Così, ad esempio, abbondano le cosmogonie che alludono all'esistenza de altre umanità anteriori all'attuale, le quali si degradarono o perirono per non svolgere correttamente le funzioni per le quali erano state create.

Sulla base di quanto esposto in varie delle cosmogonie, non tutte le umanità che si svilupparono nel passato avevano un'apparenza fisica simile alla nostra. Tale è il caso delle formiche e delle api, punto terminale di un'evoluzione che ebbe luogo tra gli insetti, in un'epoca remotissima in cui questi occuparono lo stesso posto che hanno avuto negli ultimi milioni di anni i vertebrati, cioè la branca della vita che dispone attualmente di maggiori possibilità di prosperare verso stati superiori di coscienza.

Il più piccolo analisi circa la società delle formiche e delle api, evidenzia l'elevato grado di organizzazione e complessità raggiunto da queste società dopo un lungo percorso evolutivo. Allo stesso modo - e particolarmente nel caso delle api - provoca un profondo stupore rendersi conto che il progresso che avevano raggiunto nel dominio della chimica è innumerevoli millenni avanti di quello ottenuto nello stesso terreno mediante la presente umanità. Prova di ciò è il fatto che, attraverso la sua sola alimentazione, le api sonno in grado di regolare il sesso e le funzioni che dovrà tenere ciascuno dei membri della loro comunità.

Le prodigiose conoscenze che su questioni chimiche possiedono le api stavano per influire, attivamente, sugli eventi successi in Messico nel 1968.
Il forte suono risultante del volare di numerose api intorno a lei, finì per svegliare Regina. La Regina del Messico si accorse che giaceva sul pavimento della casa dell'Aldea de los Reyes. Ricordò subito il suo fallimento e un profondo sconforto la schiacciò di nuovo, paralizzandola a un tale livello che nemmeno cercò di alzarsi. Solo la curiosità le impediva di chiudere gli occhi e di calarsi completamente nella sua desolazione. Cos'era quello che motivava lo strano comportamento delle api? Queste entravano e uscivano della casa attraverso il tiraggio della canna fumaria, febbrilmente occupate in un lavoro che la giovane non indovinava a scoprire. Dopo un po' osservò che il trambusto delle api si fermava. Lo sciame svolazzò raggruppandosi e si posò nel suolo accanto a lei. Migliaia di insetti si sovrapponevano gli uni sugli altri in confuso e ronzante affollamento. La figura dell'ape regina spiccava per le sue dimensioni più grandi e spessa robustezza. Si era arrampicata sulle altre, utilizzandole a modo di vivente piattaforma.

Chiaro e preciso, il messaggio che l'ape regna desiderava comunicare fu arrivando alla coscienza di Regina. In esso si raccontava, a grandi linee, la causa che aveva provocato l'interruzione del processo evolutivo delle api. Trascurando quanto riguardava allo spirito si erano concentrate sulla risoluzione dei problemi materiali. Di conseguenza, sebbene riuscirono a costituire un'organizzazione socio-politica che funzionava alla perfezione, fallirono nella missione primordiale di lottare per una maggiore spiritualità. La decadenza risultante del suo fatale errore aveva causato che fossero perdendo la sua, in altri tempi, sorprendente intelligenza, fino a rimanere convertite in quello che erano ora: esseri sprovvisti di ragione assoggettati ad una tirannica organizzazione che funziona con la massima efficienza.

Notando il triste destino che attendeva la loro specie - proseguì raccontando l'ape regna - alcuni dei suoi più eminenti saggi, profondi conoscitori dei segreti della chimica, avevano elaborato un composto che essendo ingerito riattivava la memoria genetica, portando alla mente ricordi di fatti successi in lontani tempi. In questo modo, pronosticarono gli insetti chimici, la storia di quanto accaduto alle api non si perderebbe, e arrivato il momento, potrebbe servire da esempio alla nuova umanità che signoreggiasse il pianeta. Prima di iniziare suo mandato, si forniva per una sola volta alle api regina la sorprendente sostanza che permetterebbe loro di conoscere i segreti del passato.

Regina seguiva con vivo interesse l'insolita narrazione. Le rivelazioni della sua confidente l'avevano commossa e fatto dimenticare momentaneamente i suoi propri problemi. Quello che non riusciva a capire era il motivo per cui stava spiegandole tutto quello. Non ci mise molto a saperlo.

Riteneva arrivato il momento - affermò l'ape regna - di utilizzare a beneficio della nuova umanità la sostanza che riattivava la memoria. Comprendeva molto bene il grave impasse in cui si trovava il suo reale congenere, e al suo giudizio, questa doveva cercare di trovare la soluzione immergendosi nei suoi più ancestrali ricordi.

Regina non esitò neanche un istante. Estese un dito e prese con quest'ultimo l'appiccicosa sostanza che le era offerta. La portò alla bocca e l'assaporò con fruizione, poiché aveva un sapore del tutto simile a quello del miele ordinario. Ci vollero alcuni minuti a farsi sentire gli effetti. La sensazione di cadere sempre più a fondo in un precipizio di insondabile profondità si impadronì della sua coscienza.

Immersa in una sorta di sogno di indescrivibile realismo, Regina si vide a sé stessa scendere dalla scalinata di un'elevata piramide. Una città di grande bellezza e ordinata simmetria si estendeva intorno suo. Vie e canali integravano un multicolore mosaico. Alla base della piramide una variopinta moltitudine pullulava entro i confini di un enorme mercato. Conclusa la discesa si diresse ad una vicina e sontuosa costruzione. Stava calando la notte. Si sdraiò su una stuoia e per un lungo momento intonò una melodiosa invocazione. Era ovvio che stava praticando un misterioso rituale. Improvvisamente un profondo senso di angoscia invase il suo spirito. Era causato dalla certezza di aver adottato importanti decisioni senza prendere in considerazione certi fatti che potrebbero comportare gravi conseguenze. Tentò di alzarsi ma le risultò impossibile. Il rituale l'aveva trasportato ad un luogo situato aldilà dei diversi livelli di esistenza nei quali regna la dualità della vita e della morte. La tangibile sensazione di cadere in un abisso senza fondo la invase di nuovo.

L'impressione sgradevole di stare sprofondando nel vuoto non si prolungò per molto. Anche in questo caso le fu data a Regina il poter contemplare se stessa in immagini simili a quelle che avvengono nei sogni. Ora non era donna ma uomo e portava gli orpelli di un guerriero e le insegne di un monarca. Ancora una volta scendeva dalla stessa piramide, ma il panorama che da questa poteva contemplarsi era dal tutto diverso a quello dell'occasione precedente. La città era distrutta. Le sue case, templi e palazzi erano calcinati e in rovine. Una completa devastazione regnava ovunque. Arrivò alla fine della scalinata. L'aspettavano diversi guerrieri i cui visi denotavano indomabile fermezza. Rapidamente impartì le istruzioni su come doveva aver luogo l'ultima battaglia in difesa della città. Indicando la cima della piramide, pronunciò con tutte le sue forze una sola parola:

-Tlatelolco!

Regina aprì gli occhi. Nelle sue labbra ancora vibrava l'ultima sillaba della parola che aveva appena pronunciato. Continuava sul pavimento accanto a innumerevoli api che la contemplavano con preoccupata attenzione. Udì voci e passi che si avvicinavano al di fuori della casa. Lo sciame si mise in movimento, scomparendo rapidamente lungo il tiraggio del camino. Quattro figure penetrarono nella stanza e proferirono angosciate esclamazioni di stupore. La Regina del Messico fu issata in aria e portata al suo letto. I Quattro Guardiani della Tradizione erano accanto a lei con mille domande sbucando dai suoi occhi.

-Non allarmatevi, sto bene - affermò Regina abbozzando un sorriso -. È solo che sono successe molte cose. Per iniziare vi comunico che abbiamo fallito nel nostro tentativo di risvegliare la coppia di vulcani. Il Popo è già completamente sveglio, ma la Donna Addormentata continua a russare. Nel momento in cui capii credo che svenni. Le api mi aiutarono, mi diedero una sostanza rara che riattiva la memoria ancestrale. Ho avuto due ricordi che vorrei commentare con voi; ho la sensazione che hanno a che fare con ciò che possibilmente costituisce attualmente il più grande mistero del Messico. Credo che se lo risolviamo sapremo anche che cosa bisognerà fare.

I Quattro Autentici Messicani rimanevano silenziosi e in attesa, ascoltando con assorta attenzione le parole di Regina; questa proseguì parlando:

-Nel mio primo ricordo mi vidi come una donna di mezza età. Scesi da una piramide ed entrai ad un palazzo. Mi appoggiai e diedi inizio ad un rituale per trasportarmi ad una dimensione oltre il tempo; quando l'avevo fatto, sentii che il mio lavoro ancora non era concluso che aveva dimenticato qualcosa di estrema importanza.

-Se n'è accorta in che luogo si trovava? -domandò don Rafael.

-Sì, ero nella Gran Tenochtitlan, nel tempio di Tlatelolco. Lo seppi non solo perché portava un abito azteco e c'erano canali in tutta la città, ma anche per il secondo ricordo, ma non voglio parlare di questo senza che analizziamo innanzitutto il primo. Devo sapere chi ero, cosa feci, e soprattutto, cosa smisi di fare.

-Lei dice che si vide nel suo ricordo praticando un rituale per andare ad un'altra dimensione? -chiese don Miguel.

-Sì.

-Allora non c'è dubbio di chi fosse lei, né dell'epoca in cui è successo quello che ora ricorda - affermò convinto don Miguel -; dev'essere stata Citlalmina, la controparte femminile di Tlacaelel. Nei tempi degli aztechi soltanto lei andò ad un altro piano dell'esistenza senza aver morto prima. Ciò è accaduto nel 1473, quando regnava Axayacatl.

-E perché lo fece? -domandò don Rafael rivolgendosi a Regina.

-Io che cosa ne so - replicò la giovane -. Ho avuto un solo ricordo di quel tempo e nient'altro.

Quattro curiosi sguardi si fissarono su don Miguel. L'Erede della Tradizione Nahuatl comprese che i suoi amici ritenevano che lui era a cui corrispondeva conferire maggiore chiarezza nella soluzione di quell'enigma. Con dubitativo accento disse:

-Non è facile rispondere a questa domanda. In realtà non è facile capire tutto ciò che riguarda l'espressione della dualità che incarnarono Tlacaelel e Citlalmina. Senza dubbi sono la coppia umana più importante che è mai esistita in Messico negli ultimi mille anni. Non a caso la storia ufficiale ha preferito di ignorarli e non parlare di loro, così evita che la gente si stia scervellando cercando di capire le azioni di personaggi che vanno ben oltre la mediocrità di oggigiorno.

-Non è stato Tlacaelel quello che propiziò i sacrifici umani tra gli aztechi? -domandò don Uriel.

-Sì è stato lui, e ciò costituì ovviamente un errore, una deviazione nel sentiero che ci avvicina a Dio, ma non possiamo nemmeno cominciare a giudicare questo tema senza prima conoscere tutte le circostanze che gli diedero origine, come ad esempio i secoli di decadenza che sopravvennero in Messico dopo la caduta di Tula. La meraviglia dell'opera di Tlacaelel e Citlalmina è precisamente l'aver promosso un Movimento di rinnovamento culturale che pose fine un lungo periodo di decadenza. Essi spinsero e diedero vita ad un rinascimento che comprendeva tutte le attività. E non solo quello, il loro maggior merito è l'essere riuscito ad educare un popolo con un profondo senso di responsabilità cosmica; oltre a ciò risulta persino una prodezza minore il fatto di essere stati, come così fu, dei principali artefici della creazione dell'Impero Azteco.

-Scusatemi, ma penso che stiamo andando un po' fuori argomento - affermò Regina -. Quello che vorrei sapere è cos'è ciò che si suppone feci in 1473.

-Fu qualcosa di molto misterioso e strano - proseguì don Miguel -. Succedé allo stesso tempo che si produceva l'unico conflitto interno grave al quale dovette far fronte il governo azteco. Tenendo conto la legge della dualità, i tenochcas avevano due grandi centri religiosi nella loro capitale. Uno era il Templo Mayor, dedicato a Tláloc e Huitzilopochtli, divinità maschili. L'altro era il Templo de Tlatelolco, consacrato alla Coatlicue e alla Coyolxauhqui, divinità femminili. I sacerdoti e i commercianti di Tlatelolco si sentivano sottovalutati e organizzarono una cospirazione. Citlalmina la scoprì e la rese nota alle autorità. Quando le truppe entrarono in Tlatelolco si trovarono il corpo di Citlalmina, sembrava addormentata e non stava né viva né morta. Era andata altrove.

Le fazioni della Regina del Messico rivelavano un profondo stato di concentrazione, come se grazie ad un grande sforzo cominciasse a ricordare dimenticati eventi. Con voce molto bassa affermò:

-Al momento di partire mi resi conto della necessità di rettificare la strada, bisognava sospendere i sacrifici e propiziare la trasmutazione volontaria e interiore. Compresi anche il pericolo che avvenisse una rottura dell'armonica dualità che sostentava tutte le nostre istituzioni. Che cosa succedé in Tlatelolco una volta soffocata la rivolta? Si proseguì a venerare in quel luogo le divinità femminili?

-No, i sacerdoti di Huitzilopochtli presero possesso del tempio e lo dedicarono al loro culto - rispose don Miguel.

-Me l'aspettavo, questo deve aver causato un profondo squilibrio in tutto il Messico. Ora riesco a spiegarmi il perché non siamo riusciti a risvegliare la Donna Addormentata. C'è nel paese un'alterazione nell'adeguata circolazione della sua energia. Tutto il femminile è da secoli letargico.

-Credo che anche questo spiega il perché abbiamo adesso una regina e non un re - indicò don Gabriel -, soltanto una donna poteva cercare di ristabilire l'equilibrio.

-Certo, ma credo che non abbia fatto un così gran bel lavoro - affermò Regina.

Il quintetto rimase in silenzio alcuni istanti. Le allungate espressioni dei loro volti evidenziavano la preoccupazione che li dominava.

-Bene- disse Regina rompendo il silenzio -, non molleremo solo per questo. Sappiamo già cosa ha causato il nostro fallimento, dobbiamo trovare al più presto possibile il modo per superarlo. Forse scopriamo la chiave nel mio altro ricordo.

Senza omettere dettagli la giovane raccontò ai suoi amici le seconde immagini che erano affiorate alla sua coscienza. Nessuno dei Quattro Guardiani della Tradizione ebbe il minore dubbio rispetto al personaggio ed all'avvenimento a cui riferivano dette immagini.

Era Cuauhtémoc dirigendo l'ultima battaglia - affermò don Miguel con emozionato accento.

-La cosa strana è che non sentivo che fosse propriamente una battaglia - affermò Regina -. Il mio stato di animo era esattamente lo stesso che avevo alla fine del primo ricordo. Quello che stavo facendo era praticare un rituale.

-Un rituale? -domandarono quattro attonite voci.

-Sì.

-A che scopo? -inquisì don Rafael.

-Non lo so.

-C'è una serie di questioni che sempre mi hanno intrigato per quanto riguarda la Conquista - manifestò don Uriel -. Molte volte gli aztechi sembrano essere in procinto di distruggere i conquistatori e si astengono di farlo nell'ultimo momento. Lo stesso Cortes viene catturato in un combattimento. Ma non colgono l'occasione per ucciderlo, anzi incomprensibilmente rimangono in attesa che vadano in suo soccorso.

-A dire il vero, loro seppero sempre che il suo tempo aveva concluso e che l'Impero andava a perire - opinò don Miguel -. Ecco perché quando arrivarono gli europei, Moctezuma accettò ceder loro il comando; non è perché fosse un codardo, lui sapeva già quello che stava per accadere, come lo sapevano tutti.

-Allora come è possibile che Cuauhtemoc riuscisse che lo assecondassero in una lotta che andrebbe oltre l'eroico? -esclamò don Uriel -. Neanche questo ha senso.

-Invece ce l'ha - replicò con fermezza Regina. La Regina del Messico pronunciò con tale forza quelle parole che i suoi accompagnatori la guardarono con sorpresa. La giovane aveva subito una improvvisa trasformazione. I suoi grandi occhi diffondevano fulgori e tutto il suo essere rifletteva un stato di massima concentrazione. A quanto pare quanto espresso per don Uriel e per don Miguel sulla Conquista aveva finito per produrre la anelata comprensione dei riacquistati ricordi. Con vigorosa voce espresse:

-Tutta ciò che riguarda la Conquista risulta chiaro e acquista significato quando si capisce di cosa si trattava davvero. Gli aztechi capivano molto bene che il loro destino era segnato. Non realizzarono pertanto una guerra cercando obiettivi militari. Sapevano che anche se sconfiggessero le milizie di Cortes quello non cambierebbe le cose, perché dopo di quelle truppe potevano arrivare sempre altre. La sua vittoria era impossibile, la fine dell'Impero era segnato per forze ben superiori alla volontà umana. Fecero allora l'unica cosa che è possibile fare in questi casi: effettuare un rituale. La loro lotta con i conquistatori è questo, un rituale di sacrificio, nel quale il popolo azteco si immolò cosciente e volontariamente.

-E quale fu lo scopo di quel rituale di sacrificio? -chiese don Uriel con voce rotta dall'emozione.

-Lo stesso scopo che ha avuto sempre ogni rituale di autentico sacrificio: perdere la materia e salvare lo spirito. È qualcosa di molto simile al comportamento assunto dai primi cristiani. Quando questi entravano cantando al circo romano per essere divorati dalle fiere, lo facevano sapendo che avrebbero perso la loro vita corporale, ma che grazie a ciò avrebbero salvato la loro anima. Lo stesso fecero gli aztechi, con la differenza che lo spirito che stavano tentando di salvare non era l'individuale di ciascuno, bensì lo spirito del Messico.

-In che modo? -domandò don Gabriel.

-Sì, affinché avesse successo il doloroso ma necessario innesto che stava per iniziare nell'essere del paese, era necessario prima di tutto assicurarsi che sopravvivesse il suo spirito, il quale correva pericolo di perdersi nel decorso della delicata operazione.

-E come possiamo sapere se è stato raggiunto lo scopo del sacrificio, cioè se si riuscì a salvare lo spirito del Messico? -domandò don Uriel.

Regina sorrise e disse: -Mi sorprende che me lo chiediate, il fatto che esistano ancora Autentici Messicani, sebbene siano soltanto quattro, dimostra che il sacrificio raggiunse il suo scopo. Ci sono anche altre prove che lo confermano. Il Messico riuscì a preservare i due attributi più importanti di qualsiasi essere sacro: il suo simbolo e il suo nome. La nostra nazione continua ad avere lo stesso simbolo che ha avuto sempre: l'aquila, emblema dello spirito, trascende la materia rappresentata dal serpente. Allo stesso modo, il nostro paese ha conservato il suo autentico nome.

Adottando un'espressione in estremo seria, insolita in lei, la Regina del Messico affermò:

-Penso che siamo arrivati al punto centrale di tutta questa questione, al mistero che comporta la più grande sfida in cui si trova attualmente la nostra nazione; se non lo risolviamo adeguatamente il Messico non solo non potrà risvegliare, ma perfino, è molto probabile che neanche possa sopravvivere.

Dopo di pronunciare così gravi affermazioni, Regina sintetizzò in una domanda il cruciale enigma:

-Se la Conquista fu un rituale, perché credete che gli aztechi difesero come ultimo bastione Tlateloco e non il Templo Mayor?

Nessuno dei Quattro Autentici Messicani osò pronunciare parola alcuna, i loro speranzosi sguardi si mantenevano fissi in Regina, chiedendole che fosse lei che desse la risposta. E così fece:

-Fu un segno, un segno che è stato registrato nella nostra storia per essere adeguatamente interpretato quando arrivasse il momento di farlo. Oggi questo momento è arrivato. Aver finito in Tlatelolco il rituale con cui si riuscì a salvare lo spirito del Messico, ora lo vedo molto chiaramente, ci indica che è in quel luogo dove sarà necessario eseguire un altro rituale che a sua volta permetta di superare lo squilibrio che colpisce il paese dal 1473. Esiste un stretto legame tra Tlatelolco e la Donna Addormentata, come succede anche tra il Zocalo e il Popocatepetl.

-Che tipo di rituale sarebbe? -inquisì don Uriel prevedendo la risposta.

-Un rituale di sacrificio, ovviamente volontario e consapevole. Quattrocento persone... e me, ci offriremo in olocausto per riuscire a ristabilire il perduto equilibrio del paese.

Un'espressione di attonito orrore si lasciò vedere nelle quattro nobili fazioni dei Guardiani della Tradizione. All'unisono cercarono di formulare una protesta ma questa non arrivò ad essere espressa. Un imperativo gesto di Regina congelò nelle gole qualsiasi parola che cercasse di dissuaderla dal suo proposito.

-È la mia responsabilità e la compirò - espresse tagliente.

I Quattro Autentici Messicani si guardarono tra loro. Pienamente sicuro che non faceva altro che manifestare l'unificato sentire del quartetto, don Miguel affermò rotondo:

-Può contare incondizionatamente su di noi.

-Solo ci manca ottenere altri trecentonovantasei volontari - disse don Gabriel.

-Saranno persone che abbiano un amore così grande che possano amare perfino i loro carnefici, altrimenti non sarebbero veri martiri, ma soltanto vittime - espose don Rafael.

Don Uriel ponderò alcuni istanti prima di esprimere i suoi punti di vista, i quali, anche se sembravano essere scollegati con il tema che si affrontava, in realtà mantenevano un'intima connessione con questo.

-In base a la loro essenza, gli attuali abitanti del Messico formano una sorta di croce di quattro lame. Tre di queste lame sono molto antiche e corrispondono alle diverse comunità indigene che essendo apparentemente innumerabili, possono in realtà fondersi in tre grandi gruppi in base alle rispettive eredità culturali che le nutrono: nahuatl, zapoteca e maya. L'altra lama della croce è ancora molto giovane, perché si cominciò a formare nel secolo XVI sulla base del nuovo incrocio di razze: infatti questa lama appena si sta consolidando e acquisendo la sua propria personalità; nonostante, è a essa a cui corrisponde in questi momenti dare mobilità a tutta la croce rivitalizzando alle altre tre, dato che, per la loro stessa antichità, sono affette di una certa decrepitudine. Il rituale di sacrificio che si proietta permetterà, se raggiunge i suoi propositi, cominciare a dotare i nuovi abitanti del paese di un profondo senso di responsabilità rispetto agli obblighi che hanno verso la loro nazione. Finora non hanno mai saputo cosa vuol dire affrontare la sfida di dover adempiere un compito cosmico e sacro. Questa sarà la prima occasione. Ignoriamo la percentuale che ognuna delle lame della croce apporterà all'integrazione del gruppo di martiri, ma per le circostanze in cui si disinvolse il Movimento, è logico supporre che un'alta percentuale di detti martiri proverrà dalla lama che corrisponde ai nuovi abitanti del paese. Questo rituale di sacrificio costituirà, pertanto, il fatto storico che segnerà l'inizio dell'emergere dei nuovi olmechi.

La Regina del Messico aveva ascoltato accuratamente tutte le opinioni, esprimendo la sua conformità da lievi cenni del capo. Quando don Uriel finì di parlare, Regina disse:

-Non sarà facile trovare trecentonovantasei persone che riuniscano tutte le caratteristiche degli autentici martiri, specialmente quell'amore ai suoi propri carnefici che lei menziona - dicendo questo indicò verso don Rafael.

-Sarà ora quando vedremo a che punto sta la semina - ritenne don Gabriel -. Tutto dipenderà dal grado di maturità raggiunto da coloro che stanno partecipando nei Centri di Messicanità.

-Esatto - concluse Regina.

Il quintetto portava molto tempo parlando ed era notte fonda. All'improvviso sentirono un'automobile che si fermava di fronte alla proprietà dove era la casa. Pochi secondi dopo appariva Il Testimone con un'espressione di allarme riflesso nel suo volto. Dopo conciso saluto, fece conoscere i motivi della sua inaspettata presenza. La casa della calle de Alumnos era stata perquisita dalla polizia. Le loro proprietarie e occupanti (la madre e la sorella del Testimone) si erano salvate dell'arresto grazie a che stavano visitando un vicino di casa. Immediatamente gli avevano parlato al telefono - proseguì raccontando appena l'arrivato - per chiedergli che si dirigesse di corsa alla Aldea de los Reyes, ad informare Regina del pericolo che correva se ritornava al suo antico domicilio, perché la polizia si trovava in esso aspettandola.

Tenuto conto delle circostanze, Regina ed i suoi accompagnatori decisero che la soluzione migliore era rimanere alcuni giorni nella Aldea. Non solo perché richiedevano di un periodo di preparazione per il rituale che proiettavano, bensì perché la selezione dei martiri che parteciperebbero a detto rituale doveva realizzarsi in mezzo dei più grandi svantaggi, cioè quando la Luna avesse recuperato pienamente il suo potere di trasognatezza sugli esseri umani e soltanto alcuni fossero in grado - per se stessi e non per l'aiuto di una piramide che nullificava l'influenza lunare - di comprendere la realtà di ciò che stava accadendo e offrire le sue vite a beneficio della loro nazione.

Da lunedì 16 a martedì 24 settembre 1968, la Aldea de los Reyes mantenne alla perfezione il compito che le è caratteristico: fare che passino del tutto inavvertiti i lavori che in essa realizzano importanti personaggi. Mentre i poliziotti di tutta la Repubblica cercavano affannosamente alla "sovversiva Hostess allenata in Cina e i suoi quattro pericolosi subalterni", il quintetto approfittava della serena calma del posto per disporsi al sacrificio. Digiuno e preghiera erano i suoi principali strumenti. Gran parte del tempo lo dedicavano nel sostenere lunghe conversazioni con il Popocatepetl. Lo svegliato vulcano aveva molte cose di interesse da raccontare e non si fece il difficile per comunicarle.

Il pomeriggio del martedì 24 settembre, Regina considerò arrivato il momento di ritornare alla città. Dopo di pregare un ultimo rosario nella coloniale cappella della Aldea, il quintetto salì sulla sua fedele volkswagen. Pioveva forte e il traffico sull'autostrada era un po' congestionato. Mentre l'auto si muoveva verso la capitale, la Regina del Messico fece conoscere quale sarebbe il primo obiettivo a compiere nella realizzazione del suo nuovo proposito.

-Prima di tutto dobbiamo rintracciare qual è "la porta" di entrata a Tlatelolco, l'equivalente di ciò che è Chapultepec in relazione allo Zocalo. Bisognerà "pulire" quella rotta sacra prima di poter eseguire il rituale in Tlatelolco.

-Questo non è niente difficile - indicò don Uriel -. Quel posto non può essere altro che il Tepeyac.

-Allora cominceremo da lì domani stesso il nostro lavoro - disse Regina.