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 Un reggente 'no muy gente'


Il generale e Lic. Alfonso Corona del Rosal, reggente del Dipartimento del Distretto Federale, contemplava dal suo ufficio -ubicato in uno degli edifici situati dal lato sud della Piazza della Costituzione- le ultime luci del tramonto spegnendosi nei coloniali edifici che circondano la piazza. Il suo sguardo si posò parecchio tempo nella facciata del Palazzo Nazionale.

"Così vicino eppure così lontano", pensò mentre iniziava, per ennesima volta in quel giorno, il suo esercizio mentale preferito:  rivedere i vantaggi che aveva a suo favore per ottenere la presidenza della Repubblica. Questi consistevano, essenzialmente, in condividere due tratti comuni con il lic. Gustavo Díaz Ordaz. Uno era di natura fisica e l'altro di carattere morale. Come il primo mandatario, il capo del Dipartimento del Distretto Federale possedeva un'enorme bocca ed alcuni denti particolarmente grandi e sporgenti. E, come il signor presidente, il signor reggente era dotato di una personalità in estremo crudele e spietata.

Il rumore dei passi del suo segretario personale mise termine alle futuristiche riflessioni del massimo funzionario della capitale della Repubblica. Distogliendo il suo sguardo dal Palazzo Nazionale, il reggente lo inchiodò nell'uomo vestito di grigio che si avvicinava. Questo aveva un'espressione tra titubante e preoccupata. Senza prendere posto il segretario informò che nell'anticamera si trovava il Chupetas, capo della gang di porros denominati i Ciudadelos, composta da individui che figuravano sull libro paga del dipartimento del D.F., come "personale di pulizia." In base al racconto del capo degli porros, nella mattina di quel giorno si era verificato una rissa nella Piazza della Cittadella. Uniti, gli studenti di quella zona della città erano riusciti a sconfiggere sia gli porros del Dipartimento del D.F. come quelli della Segreteria di Governo. Perciò -concluse il segretario- si era rotto il controllo stabilito sulle tre scuole situate in detta zona.

Il generale e lic. Alfonso Corona del Rosal indicò al suo segretario che desse ordine al Chupetas di rimanere nell'anticamera nell'attesa di istruzioni. Successivamente si diede al compito di analizzare l'inaspettato problema a cui andava incontro. Consapevole della preoccupazione del presidente in merito al possibile sorgere di un conflitto studentesco, decise di agire immediatamente per evitare che detto conflitto si producesse. L'adeguata soluzione di quell'incidente -concluse gioioso- poteva benissimo dargli alcuni "metri" di vantaggio nella "corsa" per la presidenza della Repubblica.

Dopo aver meditato attentamente sulle misure che conveniva adottare, il signore reggente stimò che la cosa più opportuna era infliggere un severo pestaggio agli studenti delle tre scuole che così ingenuamente avevano preteso scrollarsi di dosso i meccanismi di controllo che li sottomettevano. L'organismo repressivo più adeguato per impartire la punizione era il Corpo di Granaderos, ristretto gruppo d'assalto inquadrato dentro la Polizia Capitalina.

Rivedendo mentalmente la sua proiettata operazione di punizione, il capo del Dipartimento del D.F. giunse alla conclusione che il piano in questione presentava solamente un inconveniente. Vari dei professori della Vocacional Due erano militari che erano orgogliosi di essere maestri di detta scuola, perché i suoi genitori, militari anche, erano stati fondatori dell'Istituto Politecnico Nazionale nell'epoca in cui fosse presidente della Repubblica il generale Lázaro Cárdenas.  Tenuto conto delle sue ambizioni politiche -unico movente di tutta la sua condotta- quello che meno desiderava il generale e lic. Corona del Rosal era inimicarsi con i suoi propri compagni d'armi. Perciò, molto a malincuore, decise che la rappresaglia poliziesca solo doveva effettuarsi contro la Vocacional Cinque e la Preparatoria Isaac Ochoterena. Con forte voce di comando il signore reggente ordinò attraverso l'interfono l'immediata presenza nel suo ufficio della Polizia Capitalina.

Raul Mendiolea Cerecero, vicecapo della Polizia del Dipartimento del D.F., era in realtà l'autentico direttore delle forze poliziesche della città del Messico. Luis Cueto Ramírez, presunto capo delle stesse, era solo un personaggio decorativo. Evitando sempre di comparire eccessivamente ("per non scottarsi") Mendiolea Cerecero controllava da molti anni tutti i fili di uno dei corpi di polizia più corrotti del pianeta. Pelato, tarchiato, e tozzo, con un'ingannevole espressione di sciocchezza specchiata nel viso, il vicecapo della Polizia penetrò silenzioso e in sottomessa attitudine agli uffici della massima autorità capitalina.

Il capo del dipartimento del D.F. informò il vicecapo della Polizia dei fatti successi quella mattina nella Piazza della Cittadella. Mendiolea Cerecero si permise di sottolineare che era stato informato di detti fatti nel momento in cui succedevano. Se la polizia si era astenuta di intervenire, era in base alle istruzioni che si tenevano nel senso di evitare scontri con gli studenti e lasciare che fossero i porros chi controllassero loro.

Il vicecapo della Polizia fu elogiato calorosamente dal modo in cui svolgeva le funzioni al suo carico. Di seguito il signore reggente menzionò il pericolo che esisteva che studenti di altri centri educativi prendessero come esempio quello successo quella mattina alla Cittadella. Per evitarlo bisognava agire drasticamente. L'indomani, non appena cominciassero le lezioni, il corpo di granaderos doveva prendere d'assalto tanto la Vocacional Cinque come la Preparatoria Isaac Ochoterena. Al fine di facilitare l'operazione, prima di procedere all'assalto i granaderos effettuerebbero una metodica saturazione delle scuole con gas lacrimogeni. Realizzata questa, penetrerebbero nelle strutture e darebbero di bastonate a tutti gli studenti che trovassero.

Mendiolea Cerecero aveva le sue, molto personali, ragioni per opporsi all'impiego di gas lacrimogeni. Non potendo esternare i veri motivi della sua opposizione, sostenne che forse non sarebbe conveniente utilizzare gas, perché questi, estendendosi, colpivano sempre nuclei di popolazione che non avevano nulla a che fare con il conflitto, generando con ciò un'animosità dell'opinione pubblica contro le forze politiche.

Il reggente respinse i ragionamenti del vicecapo della Polizia. L'impiego di gas lacrimogeni -sentenziò- porterebbe con sé multipli vantaggi. In primo luogo era il migliore procedimento per far sì che la punizione che si cercava applicare coprisse il maggior numero possibile di studenti. In secondo luogo, eliminava qualsiasi possibilità di resistenza, perché quando i granaderos entrassero nella scuola a colpire i loro occupanti, questi si troverebbero già impossibilitati per presentare opposizione alcuna. Per quanto riguardava alle ripercussioni che l'operazione avrebbe nell'opinione pubblica -concluse- lui prenderebbe le misure necessarie affinché questa vedesse positivamente la severa correzione inferita agli studenti.

Considerando finita l'intervista, il reggente indicò al suo subalterno che uscendo dall'ufficio prendesse con sé il Chupetas e lo istruisse su cosa dovrebbe fare il giorno dopo:  doveva accompagnare i granaderos e parlare con gli studenti che questi catturassero, per fargli vedere che sarebbe meglio per loro continuare a sopportare gli porros che dover far fronte alla polizia.

Mentre Mendiolea Cerecero abbandonava l'ufficio del signore reggente, costui richiedeva la presenza del direttore della Stampa e Relazioni Pubbliche del Dipartimento del D.F. Non appena detto funzionario arrivò, procedé ad impartirgli istruzioni sul bollettino di stampa che dovrebbe fare circolare tra i mezzi informativi rispetto a quanto era accaduto quella mattina nella Piazza della Cittadella. La versione ufficiale di tali incidenti comportava la più completa distorsione della verità. Senza fare alcun riferimento ai gruppi di porros, si affermava che il conflitto ebbe origine nel sorgere, per cause sconosciute, un confronto tra studenti universitari e politecnici, appartenenti i primi alla Preparatoria Isaac Ochoterena e i secondi alla Vocacional Cinque. Come risultato dell'incontro si erano verificati considerabili danni. Negozi, case ed automobili lapidate e innumerevoli passanti feriti costituivano il bilancio lasciato per l'irrefrenabile barbarie studentesca. Il bollettino di stampa concludeva "suggerendo" ai diversi mezzi informativi che facessero menzione di stare ricevendo incessanti chiamate esprimendo identico richiesta:  la presenza di forze poliziesche nella Piazza della Cittadella al fine di ostacolare nuovi eccessi degli studenti.

Il capo del dipartimento del D.F. aveva già concluso di impartire le sue direttive, volte a raggiungere la manipolazione dell'opinione pubblica, quando la rete privata di intercomunicazione installata nell'ufficio di tutti gli alti funzionari cominciò a suonare, indicando che era il segretario di Governo chi chiamava. Il signore reggente suppose che molto probabilmente era che il lic. Echeverria fosse a conoscenza della rissa verificatasi quella mattina tra porros e studenti. La sua chiamata di sicuro aveva lo scopo di tentare di coordinare la repressione governativa. Lasciare che fosse il segretario di Governo chi si potesse esibire davanti al presidente come il funzionario che aveva risolto il problema non era nei piani del generale e lic. Corona del Rosal. Rapidamente istruì il suo segretario personale affinché rispondesse la chiamata, indicando che il capo del Dipartimento del D.F. non si trovava nel suo ufficio e che ignorava dove poteva essere.

Il segretario personale compié fedelmente le indicazioni ricevute e Corona del Rosal sorrise compiaciuto. Il suo sguardo si diresse nuovamente attraverso la finestra verso il Palazzo Nazionale. Anche se l'allungata costruzione non si era mossa né un solo millimetro da quando la osservasse due ore prima, l'ambizioso funzionario sentì che il Palazzo Nazionale si trovava ora molto più vicino, quasi a portata di mano.