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La Hostess del '68


In attesa dell'arrivo dei due membri mancanti del quintetto, Regina dedicò diversi giorni a portare avanti il suo giro per Chapultepec, soprattutto per visitare i suoi musei. Tra questi, il Museo Nazionale di Antropologia e Storia attrasse particolarmente la sua attenzione. La giovane era la prima ad entrare al mattino e l'ultima ad uscire quando chiudevano le sue porte in serata. Ogni visita rappresentava per lei una sorta di viaggio nel passato, ma non inteso questo come qualcosa di inerte e sparito, bensì come una potente forza sempre operante che precisa essere debitamente incanalata.

Don Rafael ritornò di Tuxtepec tre giorni dopo la sua partenza. Lo accompagnavano sua moglie, due delle sue figlie ed una chitarra. Don Gabriel ritornò di Dzidzantún dopo quattro giorni. Veniva con una delle sue nipoti -una vivace ragazzina di sedici anni- e il suo antichissimo codice maya. La vecchia casa della calle Alumnos ormai era piena di occupanti che riempivano tutte le sue stanze.

Una volta assemblato il quintetto, si diede inizio al primo compito: pulire il sentiero che conduce di Chapultepec allo Zocalo. Per sette giorni di fila si utilizzò a tal fine identica procedura. Proprio a mezzogiorno, quando il Sole si trovava nel centro della volta celeste, Regina e il suo gruppo attraversavano l'invisibile porta custodita per El Sargento e iniziavano la camminata verso il Zocalo, rintracciando una linea di energia altrettanto invisibile.

Il primo giorno Regina fu l'unica con la dovuta sensibilità per percepire, in ogni momento, qual era la traiettoria del sentiero. Questo portava nella sua prima tappa dal vecchio ahuehuete fino ad un'enorme spianata situata di fronte al Museo Nazionale di Antropologia e Storia.

-Qui si dovevano aver riunito Tenoch e i sacerdoti con tutto il popolo azteco - commentò Regina.

In seguito la strada si trasformava in una linea retta che coincideva, per un lungo tratto, con il viale più importante della capitale messicana -il Paseo de la Reforma-. Dopo, arrivando all'angolo di Paseo de la Reforma e Avenida Juárez, la linea di energia girava a destra e continuava dritto, ma non arrivava direttamente fino al già vicino Zocalo, ma arrivando alla Avenida de San Juan de Letrán girava a sinistra e dopo aver percorso una sola strada di detto viale, girava poi a destra per seguire per l'Avenida Cinco de Mayo, fino a sfociare nello centro stesso della Piazza della Costituzione.

A quanto pare, bastò un solo percorso della Regina del Messico e dei Quattro Autentici Messicani, affinché l'invisibile sentiero incrementasse immediatamente la sua capacità energetica. Al secondo giorno gli accompagnatori di Regina percepivano già con ogni chiarezza non solo il tratto esatto del sentiero in ognuna delle sue parti, ma le sezioni dello stesso che erano "sporche", cioè, quelle in cui si era verificato una specie di accumulazione di rifiuti a seguito di un'insufficiente circolazione di energia. Era ovvio che anche se giornalmente camminavano per quelli viali molte migliaia di persone, era da secoli che nessun gruppo di esseri pienamente coscienti aveva realizzato il percorso tra Chapultepec e il Zocalo.

Non appena localizzavano alcuna parte del sentiero particolarmente "sporca", i membri del quintetto ritornavano sui loro passi e percorrevano più e più volte quel tratto. La ripetuta presenza in un stesso posto dei massimi rappresentanti del paese produceva effetti immediati. La addensata energia si riattivava e tornava di nuovo a circolare. In occasioni il luogo dove si era accumulato la "spazzatura" coincideva con una strada secondaria. Il continuo transito di veicoli ostacolava in questi casi l'operazione di pulizia. Regina e il suo gruppo dovevano stare aspettando i momenti in cui si cedeva il passo ai pedoni e sfruttarli per attraversare ripetutamente il viale. C'erano momenti in cui le loro manovre suscitavano la curiosità dei passanti e questi si fermavano ad osservarli, domandandosi straniti sulle possibili cause che motivavano l'incessante andirivieni del singolare quintetto.

Il giorno in cui effettuavano il suo terzo percorso, localizzarono una grande concentrazione di energia accumulata intorno alla rotonda ubicata nell'incrocio di Paseo de la Reforma e Rio Mississipi. Fare in modo che scomparisse detta accumulazione ci volle loro un'ora di costanti giri. Stavano per proseguire sulla loro strada, quando arrivò fino a Regina un mingherlino ometto di elegante abbigliamento e raffinati modali.

-Mi scusi, signorina -espresse con voce appena udibile-, potrebbe parlare alcuni momenti con lei?

-Naturalmente -rispose Regina mentre i suoi accompagnatori scrutavano con inquisitivi sguardi lo sconosciuto.

Segnalando verso un vicino edificio che somigliava un'enorme scatola di vetro, l'ometto affermò:

-Lavoro nel Comitato Olimpico e mi piacerebbe che passasse lei al mio ufficio per farle una proposta.

-Che tipoe di proposta? -domandò don Miguel con manifesta sfiducia.

-È suo papà? -inquisì l'ometto segnalando al Supremo Guardiano della Tradizione Nahuatl.

-No -rispose Regina rilasciando un'allegra risata-. Per favore -aggiunse dirigendosi ai Quattro Autentici Messicani-, aspettatemi qui mentre vado all'ufficio del signore.

Una grande attività prevaleva all'interno dell'edificio sede del Comitato Olimpico. Diligenti impiegati lavoravano febbrilmente elaborando una grande varietà di documenti. L'ometto guidò Regina ad un piccolo ufficio che si affacciava sulla strada. Confessò che da lì aveva stato osservando il continuo via vai della giovane e i suoi accompagnatori. Mentre lo faceva -proseguì narrando- concluse che aveva davanti ai suoi occhi la soluzione a quel, fino ad allora, insolubile problema che lo tormentava. Lui era -affermò con orgoglioso tono- il sarto incaricato di disegnare le divise della delegazione messicana nelle prossime olimpiadi. Salvo un'eccezione, la totalità dei suoi disegni erano stati accettati già dalle autorità superiori. L'eccezione in questione era la divisa delle hostess che parteciperebbero nel citato evento. Aveva presentato quattro modelli diversi per queste divise e tutti erano stati respinti. Il piccolo sarto concluse lanciando a Regina una raffica di domande sul vestito che questa indossava. Chi era stato il designer? Era nazionale o straniero? Erano registrati in alcuna parte i diritti di esclusività di quel modello di vestito? Sarebbe fattibile ottenere tali diritti per utilizzare l'originale disegno come divisa delle hostess olimpiche?

La scioccata Regina non trovava a dare una esauriente risposta a tante domande. Cercò di farlo al tempo che formulava le sue proprie domande:  Cosa era le Olimpiadi e quando e dove avrebbe avuto luogo? Il suo vestito è stato confezionato da lei stessa e non aveva alcuna obiezione in cui le hostess olimpiche utilizzassero identici costumi a patto che le fosse spiegato chi erano e che cosa facevano detti personaggi.

Il turno di mostrarsi sorpreso era ora del sarto. Non è che per caso la giovane era appena arrivata dalla Luna? In tutto il paese non si parlava d'altro che di quell'anno, 1968, del mese di ottobre per l'esattezza, in cui si realizzerebbero i Giochi Olimpici nella capitale messicana. Le olimpiadi erano il massimo evento sportivo del mondo e quella sarebbe la prima occasione in cui si terrebbero in una nazione latinoamericana. Un grande onore per il Messico, senza alcun dubbio. Le hostess olimpiche sarebbero le ragazze più belle e colte del paese. La loro missione sarebbe quella di fornire ogni tipo di orientazione ed aiuto ai membri delle diverse delegazioni sportive che, provenienti delle più svariate aree del pianeta, comincerebbero a concentrarsi sulla città del Messico nella seconda quindicina del mese di settembre.

Le pallide e delicate fazioni del sarto si illuminarono all'improvviso come risultato di una improvvisa idea. Non sarebbe interessata la giovane a diventare hostess? Che era molto bella risultava evidente, ma era colta? Il requisito di padroneggiare una lingua oltre allo spagnolo risultava imprescindibile. Assumendo un'aria di importanza il sarto affermò che se Regina parlava un'altra lingua, lui potrebbe -grazie alle sue influenze dentro il Comitato Olimpico- ottenerle un posto di hostess;  in cambio di ciò sollecitava solamente un piccolo favore:  che la giovane lo autorizzasse a nominarsi come il designer dell'abito che questa indossava.

Regina arrossì. La sua bellezza costituiva un attributo di cui non era pienamente consapevole e a cui mai prendeva in considerazione. Con vacillante tono espresse che non sapeva se poteva essere considerata colta;  naturalmente non possedeva titolo professionale alcuno, né documenti che accreditassero studi di qualsiasi tipo. Per quanto riguardava alla conoscenza di altre lingue oltre allo spagnolo, sì, parlava alcune:  nahuatl, tedesco, tibetano e cinese.

Le affermazioni di Regina generarono diffidenza nello spirito del sarto. I suoi piccoli occhietti si agitavano sospettosi all'interno delle orbite. Utilizzando il telefono, chiamò una persona al suo ufficio. Si trattava di una ragazza alta e bionda di attraenti fazioni. Il sarto gliela presentò a Regina ed aggiunse che la giovane bionda era una segretaria che parlava in lingua tedesca, la quale, molto possibilmente, otterrebbe il carico di hostess. Successivamente il sarto chiese alle due donne di conversare in tedesco.

Faceva nove anni -dalla morte di suo padre- che Regina non sosteneva una conversazione in lingua tedesca. Nonostante ciò non le risultò difficile dialogare con fluidità con la sua gentile interlocutrice. Passato un po', il sarto interruppe la già a quel punto animata chiacchierata. Dopo salutare la bilingue segretaria, l'ometto manifestò la sua soddisfazione. Non sapeva, né c'era per il momento modo di scoprirlo, se Regina dominava in realtà le altre lingue che diceva conoscere, ma anche nel caso in cui solamente parlasse tedesco, egli sarebbe disposto a sostenere la sua offerta di procurarle un posto di hostess, fintanto che lei accettasse di riconoscerlo come il designer del vestito che indossava.

Regina espresse il suo accordo in linea di principio con la proposta del sarto;  desiderava, nonostante, consultare in primo luogo con i suoi amici prima di dare una risposta definitiva. Uscendo in strada dialogò brevemente con i Quattro Autentici Messicani. Se accettava il lavoro di hostess -spiegò Regina- questo non interferirebbe nello svolgimento della sua missione, poiché non comincerebbe a lavorare fino alla fine di settembre e da quel momento avrebbe trionfato già o fallito il suo tentativo di iniziare il risveglio del Messico. Inoltre -concluse-, l'adozione del suo modello di vestito come divisa ufficiale di tutto un insieme di giovani, permetterebbe ad un gran numero di persone di osservare il simbolismo rappresentato in detto vestito, cioè l'allusione alla necessità di portare a termine un potente e rinnovatore Movimento che spingesse al Messico verso piani superiori di spiritualità.

I Quattro Autentici Messicani manifestarono un parere pienamente conforme con l'opinione di Regina. Questa ritornò all'interno dell'edificio a dare il suo definitivo consenso alla proposta del sarto. L'ometto la presentò immediatamente ad un alto funzionario del Comitato Olimpico chi la portò a sua volta con un impiegato di più basso livello che la fece riempire vari formulari rispondendo un'infinità di domande. Poi il sarto ed un fotografo la guidarono ad una terrazza dove le presero numerose foto modellando il vestito. Finalmente, la lasciarono andare.

Seduti in una delle francesizzate panchine di pietra del Paseo de la Reforma, gli accompagnatori di Regina aspettavano impazienti il suo ritorno. La Regina del Messico si diresse in fretta fino al punto in cui si trovavano i suoi amici. Arrivando vicino a loro, il suo viso si illuminò con un risplendente sorriso. Girando su sé stessa, cominciò a collocarsi nelle diverse posizioni che le avevano fatto prendere per fotografarla. Con allegro tono espresse:

-Sono l'Hostess del '68.
Una volta effettuato il settimo giro di Chapultepec allo Zocalo, Regina considerò che l'invisibile linea di energia che collega questi luoghi si trovava nuovamente in funzione a pieno regime; di conseguenza, potrebbero transitare già per essa le centinaia di migliaia di persone che prenderebbero parte a quel proiettato rituale. La giovane non dubitava che in qualsiasi momento si sarebbe verificato l'improvviso risveglio degli abitanti del paese. Tuttavia, i giorni trascorrevano e non era successo alcun fatto che confermasse questa credenza. In possesso di un attivo temperamento che le faceva estremamente difficile aspettare inattiva lo sviluppo degli eventi, Regina manifestò ai suoi amici:

Non capisco perché la gente è ancora addormentata, ma non mi sembra che dobbiamo stare così aspettando e non fare nulla. Credo che mentre arriva il momento in cui il popolo risvegli, bisogna cominciare a stabilire comunicazione con alcuni dei migliori abitanti del paese, con quelle persone che possiedano un maggiore sviluppo della coscienza. Domani stesso cominceremo a cercare di localizzarli e di chiedere loro di collaborare con noi.

Il giorno dopo di formulare queste dichiarazioni Regina e il suo gruppo diedero inizio ad un fitto programma di attività. Queste cominciavano giornalmente prima delle cinque. Dopo aver ingerito un po' di tè, Regina, i Quattro Autentici Messicani, i parenti di questi e il testimone si dirigevano al vicino Bosco di Chapultepec. Arrivando ai bagni di Moctezuma erano ricevuti per il Segreto Guardiano del Bosco, il quale li introduceva nel chiuso recinto. Discendevano fino al posto dove sgorgava il piccolo getto d'acqua e si lavavano il viso, le mani e i piedi. Poi si dirigevano fino a dove si trovava El Sargento e iniziavano l'esecuzione di antiche danze rituali preispaniche che si prolungavano per due ore. Don Miguel era chi dirigeva le danze e invitava di tanto in tanto a partecipare a queste a diversi gruppi di danza conchera, sia di quelli radicati nella città del Messico, come di quelli che, abitando all'interno della repubblica, si trovavano per caso nella capitale.

Concludendo la danza, Regina e i suoi accompagnatori tornavano alla casa della calle Alumnos, lì procedevano a fare il bagno e a fare colazione. Si accomodavano poi in due automobili - il volkswagen di don Uriel e una opel olimpico proprietà del Testimone- e partivano verso qualche punto della città previamente scelto. In tutti i casi i luoghi selezionati erano posti dove si riuniva un gran numero di persone:  atri di antiche chiese, popolari mercati, strade adiacenti ad enormi locali di spettacoli.

Una volta arrivati al posto scelto tracciavano un circolo con gesso bianco sul pavimento e davano inizio alla loro funzione. Don Uriel annunciava a grandi voci i diversi numeri. Don Rafael suonava la chitarra e cantava accompagnato dai loro figli, interpretando un vario repertorio di canzoni di Oaxaca nel quale includevano sempre alcuna di Álvaro Carrillo, il famoso compositore di moda. Don Gabriel e sua nipote realizzavano diversi atti di prestidigitazione, apparendo e scomparendo ogni tipo di oggetti proprietà degli spettatori. Don Miguel e suo figlio, adornati con i loro vistosi uniformi di Cavaliere Aquila e Cavaliere Tigre, danzavano seguendo il ritmo cadenzato di un tamburo che suonava don Uriel. Regina partecipava alla fine, intonando alcune antiche canzoni cinese e tibetane.

In tutti i casi si riuniva intorno a Regina e il suo gruppo un numeroso pubblico. Nutriti applausi si lasciavano sentire al termine di ogni attuazione. Concludendo lo spettacolo, quando la maggior parte degli assistenti cercava già nelle sue tasche alcuna moneta per premiare coloro che avevano qualificato come eccellenti artisti ambulanti, Regina dirigeva al suo uditorio alcune sconcertanti parole:

-Vi ringraziamo molto la sua cortese attenzione;  in cambio del nostro lavoro chiediamo loro solo un favore:  che non ci diano niente, nemmeno grazie.

L'inaspettata richiesta di Regina suscitava un sentimento di stupore. La stranezza della gente si evidenziava in molti modi diversi. Alcuni applaudivano, altri esprimevano a voce alta un'ironia e i meno cercavano di formulare una possibile spiegazione di questa singolare condotta. Tutto questo durava troppo poco, in un momento la riunione si dissolveva e ognuno proseguiva la sua strada riprendendo le loro quotidiane attività. Tuttavia, non mancavano mai alcuni spettatori che, guidati dalla curiosità, si avvicinavano ai presunti artisti cercando di parlare con loro.

In rari casi la Regina del Messico giocava che esisteva, tra i semplici curiosi che l'abbordavano, alcuna persona con le caratteristiche di coloro a cui lei stava cercando. Si trattava sempre di quelli la cui rettitudine interna aveva fatto loro notare la piccola trappola ordita da Regina. Esseri dotati di un innato senso di giustizia, intuivano con chiarezza che erano stati abilmente condotti all'accettazione di qualcosa che risultava indebito, perché avevano ricevuto qualcosa in cambio di niente.

In tutti i casi questo tipo di persone manifestavano sia il suo dissenso con quello  successo, come un sincero desiderio di compensare agli artisti per lo sforzo realizzato. Ugualmente, erano anche chi esprimevano più ripetutamente il suo interesse per conoscere i veri motivi che originavano le esibizioni del gruppo.

Regina non rispondeva direttamente le domande che le formulavano, si riduceva a rispondere che se in realtà desideravano conoscere i motivi del loro comportamento, dovrebbero assistere ai colloqui che si tenevano ogni settimana nel loro indirizzo di casa.

Conclusa la loro attuazione il gruppo riposava un momento mentre prendeva un po' di acqua che trasportava nelle automobili, dopo salivano su questi e si dirigevano ad un altro posto a ripetere la funzione. Normalmente tenevano cinque rappresentazioni giornaliere. C'erano volte in cui passavano fino a tre giorni di fila senza che Regina trovasse una sola persona alla quale ritenesse opportuno invitare agli incontri esplicativi. Invece, in altre occasioni arrivava a trovare in un stesso giorno fino a due persone con le qualità desiderate. La gente a chi la giovane stava convocando avevano soltanto in comune la menzionata caratteristica di una grande onestà. Per il resto, erano molto diverse. C'erano studenti e casalinghe, operai e professionisti.

Dando le cinque del pomeriggio, sospendevano le loro attività e ritornavano alla casa dove alloggiavano, iniziando in essa un altro tipo di lavori. Tutti i mercoledì, alle sei del pomeriggio, Regina riceveva allo scelto numero di persone che era stato invitato nel corso della settimana. Seduti negli antichi mobili della sala della casa, gli assistenti ascoltavano attentamente le spiegazioni della giovane. Con assoluta sincerità e semplicità, la Regina del Messico esponeva i motivi della riunione: il paese era addormentato, si richiedeva iniziare un movimento di carattere spirituale che racchiudesse un grande settore della popolazione;  detto Movimento culminerebbe nella realizzazione di un rituale destinato a iniziare il processo che risveglierebbe il Messico. Coloro che l'ascoltavano -concludeva- possedevano qualità eccezionali, questo comportava una maggiore responsabilità. Erano disposti a partecipare attiva e consapevolmente nel Movimento che stava per accadere?

L'esatta comprensione degli approcci di Regina non costituiva un compito facile per i suoi ascoltatori. Il concetto che il Messico fosse un essere organicamente vivo -e pertanto soggetto a cicli di sonno e veglia- era per loro totalmente innovativo e molto difficile da accettare. Nonostante, la superiore personalità della Regina del Messico operava prodigi;  sotto il suo influsso cadeva fatta a pezzi la chiusa visione materialista della vita, vera barriera che ostacola ai membri delle moderne società raggiungere una profonda comprensione della realtà. Lentamente, come quelli che mentre vanno riprendendo la facoltà della vista cominciano a intravedere i profili delle cose, le persone che assistevano per prima volta ad un colloquio di Regina cominciavano a intuire l'esistenza di una dimenticata saggezza il cui possesso potrebbe aprir loro le porte di un mondo affascinante.

Uno dopo l'altro, i partecipanti ai colloqui introduttivi continuavano ad accettare collaborare in un Movimento che inizierebbe il risveglio del Messico. Allo stesso modo, accettavano anche la necessità di prepararsi affinché la sua partecipazione in quel Movimento fosse il più consapevole possibile. La giovane chiedeva loro che per iniziare detta formazione assistessero giornalmente alle riunioni che si svolgevano in quella stessa casa dalle sette alle nove di sera. In queste riunioni, sia Regina come i Quattro Autentici Messicani parlavano di molteplici temi, ma tutti riguardanti il Messico e l'urgente necessità di risvegliarlo. In molte occasioni -affrontando questioni relative alle vere caratteristiche del paese ed alla sua autentica storia- il codice maya di don Gabriel aiutava a chiarire molti dei complessi problemi che in quelle riunioni si esponevano. Ognuno dei geroglifici del codice sintetizzava, in modo magistrale, le caratteristiche che possiedono le diverse energie cosmiche che in un determinato momento interagiscono sul territorio nazionale. La graduale comprensione degli insegnamenti contenuti in quel inestimabile codice -e in generale tutte le spiegazioni che il quintetto proporzionava al suo uditorio- stava permettendo alle persone che assistevano alle riunioni essere iniziate nella conoscenza dell'autentica realtà del Messico.

Man mano che scorrevano le settimane il gruppo di coloro che collaboravano con Regina aumentava in maniera lenta ma inesorabile. Ciò rese possibile di creare in diversi luoghi della città un crescente numero di "Centri di Messicanità." Cioè, di diversi domicili nei quali si lavorava attivamente per far conoscere l'urgente necessità di portare a termine un Movimento che iniziasse il risveglio del paese.

Le rappresentazioni artistiche in luoghi pubblici che davano Regina e i suoi accompagnatori furono diminuendo fino ad essere sospese. Invece di queste, percorrevano ora i domicili dei suoi nuovi collaboratori e partecipavano alle numerose attività che lì si svolgevano, da costanti colloqui a piccoli gruppi fino ad animate feste.

Regina era piacevolmente soddisfatta dall'indubbia qualità umana e il manifesto entusiasmo di quanti partecipavano nei Centri di Messicanità;  tuttavia, seguiva senza trovare risposta alla domanda di perché non si produceva un massiccio risveglio della popolazione. Ben presto cominciò a percepire evidenze che detto risveglio si stava dando già, ma con sua sorpresa, quelle evidenze non provenivano dal Messico bensì da altri paesi.

Primo furono soltanto notizie isolate e sperdute nelle pagine interne dei giornali, relative a conflitti che succedevano in assai diverse parti del mondo e i cui attori principali erano sempre alcuni giovani. Si trattava in tutti i casi di incidenti a cui, inizialmente, non si dava loro alcuna importanza, come il rifiuto degli studenti di un particolare centro educativo all'istruzione che in questo si impartiva, o la negativa di alcuni coscritti al compimento del servizio militare. Improvvisamente il conflitto cresceva in modo vertiginoso, fino ad acquisire dimensioni del tutto sproporzionate alla causa che gli desse origine. In pochi giorni praticamente la totalità della gioventù di un paese si solidarizzava con gli iniziatori della protesta, generalizzandosi ovunque manifestazioni ed ogni tipo di richieste e censure alle autorità, le quali risultavano dal tutto incompetenti e tanto meno per risolvere il problema, bensì neanche per capire quello che stava succedendo.

La giovanile rivolta non rispettava nessun sistema di organizzazione politica ed racchiudeva paesi di molti diversi livelli di sviluppo economico. La stessa cosa succedeva nella Cina sottosviluppata e comunista che nel Giappone industrializzato e capitalista. I motivi iniziali ed apparenti del conflitto erano i più svariati. In Francia erano stati strettamente accademici, protestando gli studenti dell'Università della Sorbona contro l'anacronistica organizzazione amministrativa esistente in quell'istituzione. Inaspettatamente, la maggior parte degli operai della nazione Galla appoggiarono gli studenti ed ebbe luogo un sciopero generale che paralizzò la Francia per circa una settimana. Negli Stati Uniti alcuni giovani cominciarono a rifiutarsi di svolgere il servizio militare, sostenendo che non volevano partecipare all'ingiusta guerra scatenata dal suo governo contro il popolo vietnamita. Quello che erano solamente isolati atti personali, si trasformarono all'improvviso in enormi proteste collettive. Da un estremo all'altro del paese milioni di persone manifestavano il suo totale rifiuto dell'uso della forza nelle relazioni umane. In Cecoslovacchia gli eventi erano stati ancora più sorprendenti. Simultaneamente tutta la popolazione notò che vivevano sotto un regime dispotico e che le sue autorità erano semplici burattini dell'Unione Sovietica. Senza sparare un solo colpo e in alcuni giorni -in realtà si potrebbe dire che in alcune ore- la società si trasformò riprendendo ognuno dei suoi membri l'esercizio del suo diritto alla libertà.

La principale ragione dello sconcerto che opprimeva ai governi fronte alla crisi derivava dal fatto che questa non nasceva nel tradizionale desiderio di ogni gruppo oppositore di impadronirsi del comando dello Stato. Nella sua incapacità di poter trovare le cause che motivavano tali insolite rivolte, le autorità finivano per attribuirle all'intervento di quelli governi che possedevano un'ideologia contraria alla sua. Così Mosca accusava Washington di essere il promotore di quello che accadeva a Praga, mentre questo sosteneva che il medesimo era l'unico colpevole dei disordini che scuotevano a Chicago.

Ogni giorno, dopo aver fatto colazione e prima di iniziare le loro quotidiane attività, il gruppo di coloro che vivevano nella casa della calle Alumnos si riuniva per discutere la più recente informazione di quello che stava accadendo nel mondo. Primo vedevano un telegiornale nazionale e dopo Regina leggeva ad alta voce alcune cronache e articoli giornalistici. Per la giovane risultava abbastanza semplice trovare una logica spiegazione a quello che stava accadendo. Quando rimase rotto il carcere della Luna, importanti nuclei di popolazione in molte diverse regioni del pianeta erano uscite bruscamente dal loro sogno ad occhi aperti e raggiunto un'inusitata lucidità. A causa di questa, risultava loro impossibile continuare a sopportare infamie che faceva appena alcuni giorni avevano considerato corrette. Gli inganni che penetravano tutte le ideologie politiche risaltavano ora con palese chiarezza. Le enormi ingiustizie in cui si basa il funzionamento delle società moderne risultavano apprezzabili in tutta la sua crudezza. Lo stesso avveniva con gli abusi di autorità ai quali sono così affezionati i politici del nostro tempo. Queste erano, in sostanza, le vere cause delle massicce rivolte. Il fatto che nella maggior parte dei casi fossero i giovani -e molto specialmente i gruppi studenteschi- coloro che iniziavano i movimenti di protesta, era altrettanto comprensibile. Senza essere legati ai molteplici legami e interessi che condizionano la condotta degli adulti, i giovani godevano di una maggiore libertà di azione per opporsi a quanto giudicavano falso o ingiusto, e in quei momenti tendevano a nominare con dette qualifiche a tutte le istituzioni che strutturano la moderna civiltà.

Per Regina sembrava molto più facile trovare spiegazioni per quello che stava succedendo che per quello che non stava succedendo. Il fatto che in Messico la gente continuasse addormentata mentre in gran parte del mondo aveva già risvegliato non lasciava di preoccuparle. Il suo naturale ottimismo la portava a pensare che il momento in cui dovrebbe iniziare il massiccio risveglio degli abitanti del suo paese si sentiva sempre più vicino. Forse -rifletteva fra sé e sé- era necessario soltanto che si verificasse in alcun luogo qualche evento incidentale e banale, affinché quest'ultimo scatenasse il desiderato processo che condurrebbe al risveglio del suo popolo. Nel frattempo -concludeva- non le restava altro che continuare incrementando il numero dei centri di Messicanità e partecipando alle attività che in questi si realizzavano.

Il lunedì 22 luglio Regina e il suo gruppo furono invitati ad una colazione che aveva come scopo formalizzare l'inaugurazione del Centro di Messicanità numero quaranta. Il domicilio del nuovo Centro era un appartamento nel quinto piano dell'edificio Chihuahua, costruzione situata nel lato est della Piazza delle Tre Culture, nell'Unità Abitativa di Tlatelolco. La proprietaria di detto appartamento e dirigente del fiammante Centro era la signorina Leticia Rojas Jiménez.

La signorina Rojas Jiménez era nata nella città di Guadalajara il 6 agosto 1945 - esattamente lo stesso giorno in cui Hiroshima fu devastata per la bomba atomica-. Fin da piccola si era contraddistinta per la preoccupazione che le produceva il dolore di persone ed animali, così come per un sincero desiderio di alleviarlo. Arrivato il momento non fu per lei nessun problema scegliere l'attività alla quale pensava dedicare la sua esistenza:  studiò infermieristica laureandosi con il massimo dei voti. Vicina a sposarsi scoprì che suo futuro marito aveva già donna e due figli. Dopo di rompere il fidanzamento e desiderando allontanarsi per un tempo dal suo ambiente si trasferì a vivere alla città del Messico. Ben presto trovò lavoro nell'Ospedale 20 di Novembre dell'ISSTE.1 Per quelle stesse date (aprile 1967) aveva fatto il primo passo per l'acquisto di un appartamento a Tlatelolco.

1 Istituto di Sicurezza e Servizi Sociali per i Lavoratori dello Stato.

L'infermiera conobbe Regina in una visita che realizzasse questa all'ospedale al fine di salutare una signora che, essendo membro attivo di uno dei due Centri di Messicanità, era costretta a letto come risultato di un'estrazione di appendice. Leticia comprese che si trovava davanti ad un essere superiore e che quell'incontro trasformerebbe la sua vita. A sua volta il perspicace sguardo di Regina intuì che dietro i dolci modi dell'infermiera esistevano doti di dirigente. Trascorse alcune settimane in cui Leticia assistesse alle riunioni di abilitazione che si impartivano nella casa dove abitava Regina, questa le aveva affidato l'organizzazione e direzione di un nuovo Centro di Messicanità.

Mentre camminava per la Piazza delle Tre Culture in direzione al domicilio dove avrebbe luogo la colazione, don Rafael commentò che era sorprendente la rapidità con cui si erano diffusi i Centri ideati da Regina, i quali costituivano già una sorta di rete che si estendeva per tutta l'area metropolitana. Don Uriel era d'accordo con questo parere ed espresse a sua volta il piacere che li procurava accorgersi della radicale trasformazione che si operava nelle persone che dirigevano detti Centri. Non c'era il minore dubbio -affermò convinto- che i quaranta dirigenti costituivano un nucleo di persone pienamente coscienti della trascendentale importanza di portare a termine il rituale con cui inizierebbe il risveglio del Messico.

La Regina del Messico ascoltò entrambi i pareri con il sincero interesse che manifestava sempre a quanto le era detto. All'improvviso si fermò e il suo sguardo vagò per tra le rovine preispaniche della Piazza delle Tre Culture.

-Mi sento come se fosse stato qui in altri tempi -bisbigliò in modo pacato mentre il suo viso assunse l'espressione di chi soffre di dolore intenso.

Facendo un sforzo, Regina riuscì a superare gli strani sentimenti che l'invadevano. Riprendendo il filo della conversazione, manifestò davanti ai suoi sorpresi uditori asseverazioni del tutto discordanti con il suo solito ottimismo:  avevano trascorso già quattro mesi dei sei che disponevano per effettuare il rituale. Che bello che ci fossero già quaranta persone coscienti, ma per poter effettuare detto rituale dovevano ottenere non quaranta persone bensì circa quattrocentomila. A quel ritmo di crescita nel risveglio degli abitanti del paese -finì con sarcasmo insolito in lei- avrebbero di aspettare vari millenni in più prima di raggiungere quel numero.

Giustamente negli stessi momenti in cui Regina manifestava il suo insolito scoraggiamento, una vecchietta, commessa di una misera miscellanea, pronunciava una frase che stava per diventare nell'immediato detonatore dei più inaspettati eventi. La frase in questione era la seguente:

-Non ci sono più gomme alla menta.