Gli inizi di una Dakini
Le migliaia di tibetani che erano riusciti ad uscire da Lhasa affrontavano ora un incerto destino. Dietro rimaneva tutto quello che costituisse fino ad allora la sua vita ordinaria. Non solo i loro beni materiali, ma perfino il bagaglio spirituale che deriva del radicamento al paese di origine, era stato bruscamente strappato dalla loro esistenza.
Possedendo contemporaneamente le diverse caratteristiche di un mistico e di un statista, il lama Tagdra comprendeva che il dramma di ognuna di quelle persone era parte di un evento che colpiva la intera Nazione. Il Tibet iniziava un riposo di duemila anni simile a quello che provoca la morte e non c'era niente che potesse evitarlo. Improvvisamente, il lama pensò che c'era qualcosa che sì si poteva fare: creare in un posto sicuro una sorta di seme che preservasse per il futuro la preziosa eredità spirituale e culturale del paese dei lama,
Osservando l'enorme moltitudine dei suoi compatrioti che per mantenere il generoso proposito di salvare alla piccola Dakini straniera avevano perso quanto avevano, Tagdra Rimpoche notò che questi rappresentavano una prova abbastanza completa dei diversi componenti che integravano la società tibetana: lama e khampa, nobili e contadini, commercianti e artisti, camminavano insieme gemellati nella sua comune tragedia.
Nell'agile mente del lama stava prendendo forma un progetto di portata millenaria se tutte quelle persone potessero essere spostati fino ad un posto che stesse fuori dalla vista degli invasori, potrebbe crearsi qualcosa di simile ad un "piccolo Tibet", cioè il seme che proteggesse al suo interno tutto quel mondo di magico incantesimo che costituiva l'essenza stessa del paese delle nevi eterne.
Rivedendo mentalmente i possibili luoghi dove potrebbe svolgersi un progetto di questa natura, il lama ricordò la regione attorno a Dharmsala, ubicata in piena zona himalayana. Si trattava di un vasto e quasi disabitato territorio appartenente all'India, possessore di un clima e di un mezzo geografico che risulterebbero altamente familiari ai tibetani.
Si presentavano, tuttavia, gravi difficoltà per la realizzazione di così ambizioso progetto. La prima e più immediata consisteva in riuscire ad arrivare fino a Dharmsala. I tibetani usciti di Lhasa non portavano con sé più vestiti di quelli che portavano addosso, né maggiore riserva di alimenti che la contenuta nei suoi stomachi. Inoltre, la loro totale mancanza di armi antiaeree li rendeva del tutto vulnerabili agli attacchi dell'aviazione cinese, i quali si produrrebbero di sicuro una volta si schiarisse il cielo.
Non appena fecero una sosta lungo il percorso, il lama comunicò a Tsering e a Regina i suoi piani e la forma come cercava di realizzarli. Prima di tutto c'era il problema del cibo. Fortunatamente il percorso che dovrebbero seguire attraversava una delle regioni più prospere del Tibet e di sicuro i suoi abitanti offrirebbero loro ogni tipo di aiuto. Tuttavia, occorreva prevenire a questi affinché stessero in migliore possibilità di assistere all'immensa colonna di bisognosi che transiterebbe per il suo suolo. A richiesta del lama, Tsering ordinò a molti dei suoi khampa si dirigessero immediatamente alle diverse popolazioni che incrocerebbero nella sua strada, con oggetto di cominciare a coordinare i compiti di sostegno alla marcia della colonna.
Per quanto riguarda alla grave minaccia rappresentata per gli aerei nemici, il religioso si rivolse a Regina, e come se fosse la cosa più naturale del mondo, le chiese di avviarsi verso la cima di una vicina collina, affinché da lì ordinasse alle nuvole mantenessero il suo fitto mantello per tutto il tempo che durasse il percorso a Dharmsala.
—E come faccio ad ordinarli quello? —domandò la bambina mentre il suo viso rivelava lo stupore che le produceva così insolita richiesta.
—Non lo so, tu sei una Dakini e saprai come farlo —rispose il lama.
Senza esprimere più grandi proteste Regina si diresse direttamente verso la collina. Non aveva immaginato mai che qualcuno potesse chiederle che controllasse il movimento delle nuvole e non aveva né la minore idea di come riuscirci. Una volta raggiunta la cima osservò la moltitudine che si estendeva sotto i suoi piedi. Il miscuglio di profonda angoscia e desiderata speranza che prevaleva nelle menti dei tibetani sembrava averli fuso in un unico e gigantesco essere i cui migliaia di labbra rimanevano chiusi e i cui innumerevoli occhi rimanevano fissi su di lei esprimendole, con intense guardate molto più eloquenti della più fervente supplica, la loro petizione che impedisse all'aviazione nemica di realizzare i suoi sinistri propositi. Sopraffatta dall'enorme responsabilità che così inaspettatamente era caduta sulle sue spalle, la bambina si sedette nel gelato suolo e cercò di rilassarsi. Attraverso incessanti esercizi di rilassamento e concentrazione effettuati in primo luogo nel monastero di Sera e successivamente nel Palazzo di Potala, Regina aveva sviluppato già una elevata padronanza in questa classe di pratiche. Perciò, non le rappresentava problema maggiore ripiegarsi nella contemplazione delle radianti figure che veloci percorrevano il cielo.
Inizialmente molto piano ma poi con crescente celerità, la semplice osservazione delle nuvole fu trasformandosi in una piena identificazione con queste. La sensazione di libertà ed autocoscienza della sua importanza che caratterizza ai femminili esseri di vapore di acqua, derivante dal possedere la facoltà di incessante movimento e di sapersi portatrici di cicli di vita, era trasmessa con ogni precisione a Regina e percepita da essa non come una cosa a sé stante bensì come sentimenti che in quell'istante, facevano parte del suo essere, poiché in una certa misura e grazie al profondo stato di identificazione raggiunto dalla piccola Dakini, lei era anche una nuvola e pertanto condivideva i suoi vissuti, necessità ed emozioni.
Impartire ordini è superfluo tra quelli che hanno raggiunto un'autentica comprensione dei loro reciproci sentimenti. Così l'aveva capito Regina che al momento di riuscire un modo di percezione simile a quella delle nuvole, seppe con assoluta certezza che queste avevano catturato la richiesta di aiuto che per mezzo del suo condotto formulavano tutti i tibetani usciti di Lhasa.
—Non lo so, tu sei una Dakini e saprai come farlo —rispose il lama.
Senza esprimere più grandi proteste Regina si diresse direttamente verso la collina. Non aveva immaginato mai che qualcuno potesse chiederle che controllasse il movimento delle nuvole e non aveva né la minore idea di come riuscirci. Una volta raggiunta la cima osservò la moltitudine che si estendeva sotto i suoi piedi. Il miscuglio di profonda angoscia e desiderata speranza che prevaleva nelle menti dei tibetani sembrava averli fuso in un unico e gigantesco essere i cui migliaia di labbra rimanevano chiusi e i cui innumerevoli occhi rimanevano fissi su di lei esprimendole, con intense guardate molto più eloquenti della più fervente supplica, la loro petizione che impedisse all'aviazione nemica di realizzare i suoi sinistri propositi. Sopraffatta dall'enorme responsabilità che così inaspettatamente era caduta sulle sue spalle, la bambina si sedette nel gelato suolo e cercò di rilassarsi. Attraverso incessanti esercizi di rilassamento e concentrazione effettuati in primo luogo nel monastero di Sera e successivamente nel Palazzo di Potala, Regina aveva sviluppato già una elevata padronanza in questa classe di pratiche. Perciò, non le rappresentava problema maggiore ripiegarsi nella contemplazione delle radianti figure che veloci percorrevano il cielo.
Inizialmente molto piano ma poi con crescente celerità, la semplice osservazione delle nuvole fu trasformandosi in una piena identificazione con queste. La sensazione di libertà ed autocoscienza della sua importanza che caratterizza ai femminili esseri di vapore di acqua, derivante dal possedere la facoltà di incessante movimento e di sapersi portatrici di cicli di vita, era trasmessa con ogni precisione a Regina e percepita da essa non come una cosa a sé stante bensì come sentimenti che in quell'istante, facevano parte del suo essere, poiché in una certa misura e grazie al profondo stato di identificazione raggiunto dalla piccola Dakini, lei era anche una nuvola e pertanto condivideva i suoi vissuti, necessità ed emozioni.
Impartire ordini è superfluo tra quelli che hanno raggiunto un'autentica comprensione dei loro reciproci sentimenti. Così l'aveva capito Regina che al momento di riuscire un modo di percezione simile a quella delle nuvole, seppe con assoluta certezza che queste avevano catturato la richiesta di aiuto che per mezzo del suo condotto formulavano tutti i tibetani usciti di Lhasa.
La voce del lama chiamandola per il suo nome tirò fuori Regina dalla sua estasi. Accanto alla sottilissima persona del religioso si trovava la robusta figura di Tsering. Scioccata notò che ormai era notte, il che significava che non erano stati solo pochi minuti ma molte ore il tempo che rimanesse immersa in un profondo stato di concentrazione.
—Già le nuvole sanno del nostro problema —affermò Regina con sicura convinzione.
—Molto bene, allora avremo il suo aiuto —rispose il lama con uguale certezza.
Tsering si collocò la bambina sulle spalle e insieme al lama intraprese la discesa della collinetta. Un rumore di voci, proveniente dell'entusiastico sciame umano riunito attorno ai piedi della collina, li accompagnò durante il ritorno. Nonostante le tenebre notturne, l'espressione di trionfale gioia specchiata nei visi del trio non passò inosservata dalla moltitudine. In pochi istanti l'atmosfera di incertezza che dominasse fino ad allora nello stato d'animo dei tibetani trocose in sicura fiducia, poiché tutti ebbero la certezza che la Dakini aveva raggiunto il suo scopo e che avrebbero la necessaria protezione delle nuvole durante il loro percorso fino all'India.
Si organizzò immediatamente una spontanea festa popolare. Alla luce dei falò la gente cantò e ballò presa di gioioso entusiasmo. Regina partecipò alla gioia generale, intonando una ed un'altra volta in spagnolo le canzoni infantili del compositore Gabilondo Soler imparate di labbra di sua madre. In due occasioni tentò di includere nel suo repertorio la lettera di conosciuti cantici tibetani, ma in entrambi i casi fu interrotta per la rispettosa ma ferma petizione dei suoi ascoltatori, i quali insistevano nel sentirla cantare in una lingua che per loro era totalmente sconosciuta e incomprensibile.
Portate dal gelido vento e ripetute dall'eco delle vicine montagne, si diffondevano durante la notte fantastiche storie che parlavano di un topo cowboy, una bambola brutta e di una zanzara che coraggiosa pilotava un guscio di noce.
La fiduciosa sicurezza dei tibetani non sarebbe delusa. Il giorno dopo di quello in cui Regina tenesse il suo silenzioso dialogo con le nuvole, queste tesero mantelli di grosso spessore al di sopra della colonna di rifugiati. Una ed un'altra volta, le squadriglie di aeroplani cinesi cercarono di localizzare i loro avversari per distruggerli dall'aria. Vano sforzo. Sembrava come se tutte le nuvole del pianeta si fossero dato appuntamento nella regione compresa tra Lhasa e il nord dell'India. Disperati, gli aviatori effettuarono bombardamenti a caso con la speranza di indovinare per mero caso. Varie montagne strappate ed alcune capre selvatiche sventrate furono l'unico risultato di un'elevata spesa di esplosivi e carburante. Il quarto giorno di infruttuosa ricerca, un bombardiere si schiantò contro la cima di una montagna perendo tutto il suo equipaggio. I voli furono sospesi.
Tale e come supponesse il lama, i tibetani usciti di Lhasa riuscirono a sopravvivere e proseguire la loro fuga grazie al generoso aiuto dei loro compatrioti. Prevenute dai suoi emissari, inviati da Tsering, le popolazioni alle quali arrivavano si erano organizzate con celerità per procurargli la maggiore assistenza possibile.
Appena compiuti dieci giorni di costante avanzamento, i khampa che cavalcavano alla testa della colonna avvistarono ad un gruppo di fantini che in tutta fretta si avvicinavano a loro. I nuovi arrivati appartenevano alle bande armate che comandavano i fratelli Pangda Tsan ed erano portatori di un messaggio di questi ultimi indirizzato a tutti i capi khampa. In detto messaggio si informava loro che il Dalai Lama era al sicuro ed adeguatamente protetto nella fortezza di Lhuntse Dzong. Ugualmente, si chiedeva loro procedessero a concentrarsi sulle prossimità della citata fortezza, con oggetto di trasformare tutta la regione in un potente bastione che impedisse ai cinesi di impadronirsi del legittimo governante del paese.
Conoscendo i termini del messaggio, Tsering risolse dirigersi in unione dei suoi uomini all'incontro del Dalai Lama, ritenendo che potrebbero volerci unicamente tre giorni per raggiungere tale obiettivo. A sua volta il lama Tagdra Rimpoche decise che anche lui doveva arrivare fino a quel luogo, con oggetto di esporre davanti alla massima autorità spirituale e materiale della Nazione il suo progetto di creare dentro dell'India un "piccolo Tibet", a tal fine si richiedeva che il proprio Dalai Lama facesse suo il progetto e procedesse, innanzitutto, a gestire davanti al governo dell'India l'autorizzazione d'ingresso al territorio di questo paese di molte migliaia di rifugiati tibetani, e successivamente, di agire come supremo dirigente della comunità tibetana in esilio.
Non appena il religioso fece conoscere i suoi piani al guerrigliero, questo riconsiderò la sua iniziale decisione di incamminarsi insieme a tutti i suoi uomini all'incontro del Dalai Lama. Invece di ciò, scelse soltanto una piccola scorta e ordinò al resto dei khampa che continuasse a custodire la marcia della colonna fino al loro arrivo alla frontiera con l'India, sito dove dovevano aspettare nuove istruzioni.
Contando con pochissime riserve, necessarie per il loro percorso attraverso le ripide montagne che li separavano dal loro obiettivo, Tsering, il lama Tagdra Rimpoche, Regina ed una ventina di khampa, si allontanarono dalla strada che conduceva verso il sud e si addentrarono per un gelato sentiero che serpeggiava per tra insondabili precipizi.
Il Dalai Lama non stava già vivendo nella fortezza di Lhuntse Dzong, bensì in un monastero situato a scarsa distanza di questa. Sapendo dell'arrivo del suo antico primo ministro e della Dakini straniera li ricevé immediatamente. Commosso, il governante tibetano ascoltò la narrazione dei drammatici eventi che l'anziano e la bambina avevano assistito: la morte dei genitori di Regina, la sanguinante Battaglia di Lhasa e la fuga di un gran numero degli abitanti della città sacra.
Il lama Tagdra Rimpoche pose fine al suo racconto esponendo il piano che aveva tracciato per preservare l'anima del Tibet, come pure l'urgenza di procedere a realizzarlo quanto prima. Il Dalai Lama ascoltò molto interessato il progetto del suo ex insegnante, esprimendo dal primo momento il suo pieno accordo con lo stesso; tuttavia, manifestò che prima di tentare la sua esecuzione desiderava raccogliere l'opinione dei dignitari e guerriglieri che l'accompagnavano, a tal fine convocherebbe ad una riunione a tutti loro quel stesso pomeriggio.
Nel consiglio menzionato per il supremo Governante del Tibet si approvò in modo unanime il piano del lama Tagdra Rimpoche. Si redasse pertanto un messaggio al governo indiano, sollecitando accedesse affinché entrassero nel suo territorio in qualità di richiedenti asilo sia il Dalai Lama come tutti quelli tibetani che riuscissero a scappare dal loro paese. Le buone relazioni che esistevano tra i governi e i popoli dell'India e del Tibet permettevano supporre che la richiesta sarebbe concordata prontamente e favorevolmente.
Dopo l'incontro, il Dalai Lama chiese al lama Tagdra Rimpoche se pensava accompagnarlo nel progettato viaggio all'India. L'interrogato rispose negativamente. Considerava che l'ultima missione che gli toccava compiere nel suo attuale ciclo di esistenza era l'istruzione della Dakini messicana, ma questo richiedeva trovare previamente un posto che possedesse adeguate caratteristiche. La propria Regina aveva proporzionato, anni dietro, l'indizio per localizzare detto luogo. Essendo presentata per prima volta al Dalai Lama, questo gli aveva mostrato le venerate reliquie che integravano il tesoro della Nazione e la bambina aveva scelto, senza esitazione, un oggetto che un tempo appartenesse ad una Dakini che aveva l'abitudine di dialogare con le montagne. A giudizio del lama Tagdra Rimpoche questo fatto costituiva un sicuro indizio che le due Dakini erano la cristallizzazione in diverse epoche di una stessa coscienza. Perciò, porterebbe a Regina alla caverna dove risiedesse l'anteriore Dakini e le fornirebbe lì, l'istruzione necessaria. La caverna in questione si trovava situata entro i confini del Tibet, in una delle parti più remote della Cordigliera dell'Himalaya.
Dopo pochi giorni partirono due carovane dall'antico monastero presso alla fortezza di Lhuntse Dzong. Una era molto numerosa e su quella andava il Dalai Lama, il quale aveva deciso aspettare in un posto di frontiera con l'India la risoluzione alla richiesta di asilo formulata al governo di questo paese. L'altra era costituita da una trentina di persone tra khampa, guide e portatori. In essa andavano Regina e il lama Tagdra Rimpoche. Di fronte alla carovana avanzava l'arrogante figura di Tsering montando il magnifico destriero che gli regalasse il Dalai Lama. Il dirigente tibetano aveva voluto premiare la lealtà e l'audacia del guerrigliero. Sapendo che un ricco mercante della località desiderava vendere un cavallo di eccezionali qualità, dispose il suo acquisto per regalarglielo a Tsering. Allo stesso modo, gli consegnò in semplice e pubblica cerimonia un rosario coperto di benedizioni che il khampa portava ora appeso al collo.
La traversata della carovana integrata per Regina e i suoi accompagnatori non risultò un compito facile. Frane su sentieri ripidi e furiose tempeste di neve costituivano quotidiani ostacoli che ostacolavano l'avanzata e in occasioni la impossibilitavano completamente per diversi giorni. Per settimane i viaggiatori dovettero costeggiare imponenti massicci coperti di ghiaccio e maestose vette detentrici di un'abbagliante bianchezza, addentrandosi sempre di più nella regione centrale, vero cuore della cordigliera più alta del mondo.
Finalmente, esausti ma felici, arrivarono a destinazione. La visione unica del paesaggio davanti al quale si trovavano giustificava pienamente gli sforzi realizzati per arrivare fino a quel luogo. Si trattava di una solitaria valle di alta montagna di notevoli dimensioni al cui centro luccicava un lago di indescrivibile bellezza. Le acque del lago riflettevano di continuo cangianti tonalità, a momenti erano di un chiaro azzurro turchese che si stava trasformando in un oscuro verde smeraldo, per poi, a seguito dei raggi del Sole, acquisire tinture dorate e rossicce che rendevano tutta la liquida superficie in una sorta di gigantesco opale di risplendenti colori. Le pendici delle montagne che delimitavano alla valle erano integramente coperte di chiusi foreste di conifere. Dovunque si tornasse lo sguardo si vedevano risplendere le innevate cime dell'Himalaya. Soprattutto, un cielo di un azzurro purissimo dava la pennellata finale in quel quadro di perfetta armonia.
Estasiati davanti alla contemplazione del paesaggio, i viaggiatori rimasero parecchio tempo in silenzio: questo fu rotto per la voce di Regina che, al tempo che indicava un lontano punto vicino le rive del lago, affermava con allegro tono:
—"La mia" caverna sta in quel luogo.
Il lama e il guerrigliero contemplarono la bambina con profondo stupore, perché neanche il religioso conosceva l'esatta ubicazione della caverna che cercavano, solamente sapeva che si trovava da qualche parte vicino al lago.
Alla luce delle indicazioni di Regina si incamminarono direttamente fino al posto indicato per questa. In effetti, a scarsa distanza dalla riva delle serene acque e semicoperta dai pini che crescevano al suo ingresso, esisteva una spaziosa caverna. Un clima di raccolta serenità prevaleva nei dintorni dell'ingresso alla caverna. La sensazione di trovarsi davanti al portico di un misterioso e sacro santuario risultava chiaramente percettibile. Dopo d'improvvisare alcune torce con lunghi bastoni e strisce di vestiti vecchi imbevuti di olio, il trio si addentrò nell'oscurità.
All'istante stesso di penetrare nella caverna si operò una subitanea e incredibile trasformazione in Regina. Come se nel semplice transito dall'esterno all'interno della caverna non avessero trascorso soltanto pochi secondi bensì anni, il suo organismo acquisì all'improvviso una certa strana maturità. Le sue fazioni persero ogni segno di espressione infantile per adottare i fermi tratti di una giovanile e bella parvenza. Allo stesso modo, la statura e conformazione del suo corpo smisero di essere quelli di una bambina di undici anni per prendere le proporzioni adeguate ad una giovane di quindici.
L'inspiegabile cambiamento avvenuto a Regina fu così noto che i suoi accompagnatori lo percepirono immediatamente. Con voce che lasciava vedere il panico che lo dominava, il valoroso Tsering esclamò:
—Questa caverna deve essere stregata, usciamo di qui.
Vero profeta e pertanto conoscitore dell'ingannevole illusione che comporta l'ordinaria concezione del tempo, il lama affermò:
—La nostra Dakini non ha età; tuttavia, sembra che il suo corpo abbia riconosciuto la sua antica dimora e ciò ha prodotto in lei una "trasformazione di luminosa pienezza".1
1 In tibetano è designato con il nome di "sprul-sku" a certe prodigiose trasformazioni, rivelatrici di un repentino progresso interiore, che possono verificarsi negli organismi degli esseri umani. Non esistendo nella lingua spagnola nessun vocabolo specifico per designare un fatto di questo tipo, abbiamo dovuto tradurre letteralmente il termine tibetano ("trasformazione di luminosa pienezza"), sapendo che detta traduzione riflette soltanto parzialmente l'autentico significato dell'espressione tibetana.
Come il lama affermasse, Regina sembrava stare ricordando con crescente celerità quanto alla caverna si riferiva. Primo si diresse ad un ben mascherato cornicione situato in uno dei muri di roccia e prese un'antichissima lampada. Dopo di spolverarla e di metterle un po' di olio applicò fuoco all'artefatto e questo si infiammò diffondendo una certa luminosità nel suo contorno. In seguito si addentrò alcuni passi all'interno della caverna e arrivò fino ad un altro cornicione di pietra nel quale si trovavano collocati alcuni semplici utensili di cucina, tutti essi ricoperti di un spesso strato di polvere che indicava il lungo tempo in cui erano rimasti intatti. Finalmente, rimosse alcune pietre che occultavano una piccola nicchia all'interno della quale estrasse l'unico oggetto lì esistente. Si trattava di un antico libro tibetano. Le sue rettangolari ed allungate foglie erano di rustica carta di riso. La stampa del testo contenuto nelle foglie non era stata realizzata tramite una macchina di stampa, bensì utilizzando i procedimenti di stampa in carta utilizzati dai tibetani molto tempo prima della nascita di Gutenberg.
Esprimendo il suo interesse per l'ultimo ritrovamento, il lama chiese a Regina il libro per esaminarlo:
—Oh! —esclamò con grande entusiasmo—. È un antico studio che si credeva smarrito, sulla vita ed il pensiero di Naropa. Questa sì che è stata una scoperta fortunata.
Conclusa la sua ispezione della grotta il trio ritornò verso l'esterno. Il resto del gruppo era rimasto aspettando rispettosamente all'ingresso della caverna. Notando l'improvviso cambiamento avvenuto nel fisico di Regina si verificò un generalizzato stupore. La giovane impedì che la sorpresa si trasformasse in paura distribuendo sorrisi e facendo battute del suo bizzarro cambiamento.
Una volta compiuta la missione di portare fino a quel posto il lama e la Dakini, Tsering e i suoi khampa erano in grado di ritornare accanto ai suoi compagni non appena così lo decidessero; tuttavia, il capo guerrigliero non desiderava lasciare ai suoi amici in quel solitario paraggio senza prima assicurarsi che conterebbero con l'assistenza necessaria per soddisfare le loro necessità, perché sebbene abbondavano nella valle favi di miele e diverse radici commestibili, questo non bastava per garantire la loro sopravvivenza. Le guide che li accompagnavano, profondi conoscitori di quella regione, dissero che a cinque giorni di marcia esisteva un piccolo villaggio e verso di esso si incamminarono i khampa per sollecitare la collaborazione dei suoi abitanti nel compito di assistere i nuovi occupanti della caverna. Ritornarono dieci giorni dopo accompagnati da alcuni residenti del villaggio, i quali portavano con sé una buona scorta di utensili e commestibili. I suoi antenati avevano proporzionato sempre ogni tipo di aiuto alle Dakini che in diverse epoche avevano vissuto in quel luogo. Ora toccava loro continuare detta tradizione.
Tra i contadini veniva un giovane da circa diciassette anni chiamato Puntso. Era un ragazzo di aspetto consumato e nervosi gesti. Orfano da bambino aveva sussistito grazie alla carità pubblica e l'esercizio dei più modesti mestieri. Nel villaggio si dava per scontato che nel corso del tempo sarebbe diventato un mistico rinomato, perché abituava trascorrere le notti pregando e le sue conversazioni giravano sempre sullo stesso argomento: non desiderava entrare in un monastero e trasformarsi in un semplice religioso, il suo modello da imitare era nientemeno che Milarepa,2 aspetterebbe pertanto fino a trovare al Maestro che sapesse guidarlo alla conquista della più elevata spiritualità.
2 Milarepa visse nel secolo XI nel Himalaya e viene considerato come l'asceta di maggiore rilievo in tutta la storia del Tibet. La tradizione popolare gli attribuisce la realizzazione di innumerevoli prodigi.
Arrivando Tsering al villaggio e annunciare che nella valle sacra prossima a questa si trovava una Dakini e il famoso profeta ed ex primo ministro Tagdra Rimpoche, il giovane Puntso considerò giunta la sua ora. Gioioso, proclamò ai quattro venti che con così onorevole Maestro e in così appropriata compagnia realizzerebbe finalmente i suoi sognati aneliti. Durante la traversata tra il villaggio e la valle, il giovane non smetteva di parlare sui mila e un benefici che fornirebbe agli abitanti della regione una volta che avesse i miracolosi poteri che in altri tempi possedesse Milarepa.
Non appena Puntso fu davanti al lama si gettò ai suoi piedi tenendo il volto incollato al suolo. Con voce incrinata per emotivo pianto supplicò di essere ammesso come discepolo, dichiarando ripetutamente la sua intenzione di dedicarsi ad ottenere la riduzione delle sofferenze di tutti gli esseri senzienti. Il lama lo fece alzarsi e per un lungo momento rimase ad osservare con profondo sguardo il viso e le mani del giovane. Poi, con il suo solito tono di serena fermezza, commentò:
—Non c'è fretta, giunto il momento, che arriverà, sarà il mio discepolo, ma prima è necessario aspettare un po', fino a che la sua mente si calmi e capisca la natura illusoria degli attuali motivi che l'animano. Per adesso le consiglio si trasformi in formica e viva le corrispondenti esperienze a quello stato di coscienza in qualche formicaio. Ritorni tra tremila quattrocento ventisette anni e tre giorni. Volentieri l'accetterò come discepolo. Si trasformerà allora nel legittimo occupante di questa sacra caverna.
L'inaspettata risposta alla sua petizione causò una strema confusione nello spirito del giovane. La sua mascella era appesa e fuori controllo mentre i suoi occhi ballavano dentro le orbite. Prima che potesse reagire e pronunciare parola, il lama lo aveva lasciato per parlare con i contadini. Secondo il religioso soltanto una denuncia di qualsiasi degli abitanti del villaggio poteva provocare che i cinesi arrivassero a scoprire la presenza di lui e della Dakini in quel isolato nascondiglio. I suoi ascoltatori gli diedero ogni tipo di sicurezze che non si produrrebbe mai simile delazione e ribadirono la promessa di fornire loro ogni tipo di aiuto, a tal fine, un comitato di contadini arriverebbe ogni quattro mesi fino alla grotta trasportando gli alimenti ed altre cose che i suoi occupanti potessero richiedere.
Una volta ottenuta la collaborazione degli abitanti del villaggio nel compito di assistere il lama e la Dakini, Tsering considerò arrivato il momento di partire. Desiderava reincorporarsi quanto prima alla sua guerriglia e dedicarsi ad offrire protezione armata ai numerosi gruppi di tibetani che, di sicuro, starebbero già cercando di lasciare il proprio paese ad ingrossare la popolazione del "piccolo Tibet" che si progettava creare intorno a Dharmsala.
Contadini e khampa andarono via molto presto la mattina. Uno ad uno si sono congedati affettuosamente del lama e di Regina, ricevendo di entrambi le più sincere dimostrazioni di gratitudine. La giovane regalò a Tsering uno dei diamanti che integravano il patrimonio ereditato dai loro genitori. Il guerrigliero manifestò che lo porterebbe sempre con sé sotto forma di amuleto.
Il religioso e la sua discepola non furono gli unici esseri umani che rimasero nella valle. Il giovane Puntso si rifiutò di ritornare con i loro connazionali al villaggio. Dopo aver affermato che non proverebbe cibo alcuno né si sposterebbe di quel luogo fino a che il lama accettasse di diventare il suo Maestro, prese posto vicino all'ingresso della caverna ed adottando un atteggiamento di mistica concentrazione cominciò a bisbigliare le più diverse preghiere.
Arrivando la notte e con essa un intenso freddo, Regina si sentì seriamente preoccupata per la sorte del giovane. Innanzitutto cercò di intervenire nel suo favore davanti al lama, implorandolo che accedesse alla sua richiesta e l'ammettesse come discepolo, ma l'interpellato neppure formulò una risposta a ciò che gli era richiesto, solamente diresse un profondo sguardo a Regina nella quale questa credé indovinare che il lama soffriva per quello che stava succedendo, ma considerava che non poteva fare niente per porvi rimedio.
Al fine di evitare che quell'ostinato soggetto morisse congelato, Regina prese una delle grosse coperte lasciate per i khampa e lo avvolse con essa come meglio poteva. Poi depositò al suo fianco una brocca piena d'acqua ed un buon pezzo di tsampa, il popolare pane tibetano fatto a base di farina e orzo. Mentre la Dakini realizzava tutto questo, Puntso rimase con gli occhi socchiusi, recitando senza sosta la sua interminabile litania di preghiere.
La mattina dopo la prima cosa che fece Regina fu correre all'ingresso della caverna per indagare ciò che era accaduto con il giovane. Non c'era più, come non c'erano la coperta, l'anfora e il pane.
—È dovuto ritornare al suo villaggio— affermò Regina cercando di calmarsi con detta spiegazione.
—Oh no, non credo proprio! —affermò il lama che era anche uscito dalla grotta—. Piuttosto credo che deve aver preso in considerazione il mio consiglio e continuerà cercando un modo di diventare formica. Sono sicuro che ritornerà quando avremo urgentemente bisogno del suo aiuto.
Regina sapeva che il lama non aveva la intenzione di spiegarle il nascosto significato che di sicuro avevano le sue strane parole, cosicché si astenne di formulare domanda alcuna.
Dopo aver contemplato per un po' il bel panorama che si offriva davanti ai suoi occhi, in particolare l'affascinante spettacolo che di continuo presentava il lago con il suo incessante cambio di tonalità, il lama esclamò con festoso tono:
—Oggi si dichiara formalmente inaugurata in questo posto una scuola per la Dakini messicana. Spero che il Dharsan degli elevati Maestri inspiri ed accompagni sempre questa scuola.