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L'enigma


Tra Regina e il lama Tagdra Rimpoche esisté fin dall'inizio stesso dell'insegnamento di quest'ultimo verso essa una stretta collaborazione ed una piena identificazione di obiettivi. La giovane trovò nell'anziano lama un insuperabile Maestro che in maniera ad un stesso tempo affettuosa e severa la stava guidando passo dopo passo per il difficile sentiero del superamento spirituale. A sua volta, il saggio tibetano ebbe nella Dakini una perfetta discepola. Regina possedeva come principale qualità del suo carattere una volontà che superava la durezza del diamante, ciò permetteva che mai considerasse eccessive le estenuanti discipline e le complesse prove alle quali il lama la sottometteva di continuo.

Le quotidiane giornate di lavoro cominciavano prima dell'alba. Portando la vecchia lampada che trovarono nella caverna, il lama arrivava fino alla rocciosa stanza sotterranea che fungeva da camera di Regina. Fermandosi nell'ingresso, l'ex primo ministro del Tibet cominciava a recitare una poesia di sua creazione.

Al paese delle aquile la sua regina ritornerà
il carcere della Luna preciserà rompere
guardiani di altri tempi al suo fianco verranno
e uniti tutti insieme la battaglia daranno.
Sonnambuli erranti la vedranno avanzare
e l'unico sveglio il suo aiuto chiederà
i peggiori e i migliori per lei si uniranno
e l'acqua dei cieli a tutti pulirà.
A tocchi del passato il presente si sentirà
ma solo nel silenzio la sua voce si ascolterà
e in caso di sordità un sacrificio avrà
la cui luce per millenni la rotta illuminerà.

La giovane supponeva che quella poesia —che lei denominava "l'enigma"— conteneva tutta una serie di preziose indicazioni sulla missione per la quale la stavano preparando; Tuttavia, le sembrava dal tutto impossibile decifrare il significato delle enigmatiche frasi che integravano il poema.

Regina iniziava la giornata dedicando brevi momenti a pregare di fronte al piccolo altare che aveva improvvisato accanto al suo letto. Il dipinto della Vergine di Guadalupe che appartenesse a sua madre e la tangka rappresentando a Tara, la femminile divinità tibetana, costituivano le uniche figure che integravano l'altare.

Concluse le sue preghiere la giovane si incamminava fuori dalla caverna. Quasi sempre il lama l'aveva preceduto e era già in un vicino chiaro in riva al lago. Lì realizzavano insieme una prolungata sessione di complicati esercizi psicofisici, ognuno dei quali era il risultato di un'esperienza accumulata nel corso dei millenni dagli yogi indù e tibetani, che hanno fatto di questo tipo di esercizi un prezioso strumento volto ad incrementare al massimo le nascoste energie che possiede l'organismo umano.

Dopo la serie di esercizi di yoga veniva un bagno nelle fredde acque del lago. Regina trasformava quegli istanti in un piacevole intrattenimento. Utilizzando un molto personale stile natatorio percorreva con veloci bracciate la liquida superficie, tuffandosi di tanto in tanto a notevole profondità davanti al sorpreso stupore dei multicolori pesci che popolavano le acque.

L'elaborazione di una frugale colazione e l'ingestione della stessa costituivano i seguenti passi nel quotidiano programma di attività. In seguito venivano i lavori di pulizia della caverna e la preparazione degli alimenti che dovrebbero mangiare a mezzogiorno. Una volta finite queste faccende, il lama e la Dakini si avventuravano nel bosco. Allo stesso tempo che raccoglievano quanto la natura forniva loro di fruibile —legna, miele, piante e radici commestibili— il lama approfittava di quelle lunghe passeggiate per impartire i suoi insegnamenti.

Tra i molteplici aspetti che comprendevano detti insegnamenti, esisteva uno al quale il lama dava particolare importanza: quello di addestrare la sua discepola per poter comunicare con ogni tipo di esseri, tra cui i considerati comunemente come inanimati. In realtà la Dakini aveva dimostrato già la sua idoneità sull'argomento dialogando con le nuvole, ma ora le si chiedeva che cercasse di ripetere di continuo questa esperienza con esseri così diversi come le formiche, i venti, gli alberi o i fiumi. La procedura per questo consisteva nel ottenere che Regina fosse raggiungendo in modo permanente un stato di coscienza così elevato che, superando ogni tipo di attaccamento personale, cominciasse a sentirsi collegata con quanti esseri esistono nell'Universo.

Ritornando delle sue mattutine passeggiate per il bosco, Regina si immergeva nuovamente nelle trasparenti acque del lago. Un'altra volta giocherellava allegramente tra i pesci e percorreva a nuoto con incredibile velocità lunghe distanze. Rinfrescata e sorridente, la giovane emergeva dalle acque e si incamminava alla caverna. Era l'ora del cibo e, Maestro e discepola, ingerivano con buon appetito i loro semplici alimenti. Quasi sempre prolungavano un bel po' il dopopranzo, chiacchierando piacevolmente mentre assaggiavano una tazza di tè.

A volte Regina sentiva desideri di cantare alla fine del pasto. Con voce soave la giovane intonava canzoni del più variegato repertorio: solenni salmi dei rituali buddisti, allegre canzoni del folclore tibetano, antiche melodie tedesche imparate da labbra di suo padre e le composizioni di Gabilondo Soler che le insegnasse sua madre.

I pomeriggi si occupavano interamente a sviluppare in Regina un alto grado di concentrazione nell'osservazione di certi simboli. Come tutte le tradizioni sacre, la tibetana ritiene che esistono alcuni simboli che sono una specie di veicoli per raggiungere una superiore percezione della realtà. Questo è possibile perché tali simboli rappresentano tutta una cosmovisione, ma questa non può essere compresa applicando i metodi ordinari di funzionamento dell'intelletto, anzi si richiede di una lunga preparazione tendente ad esercitare atrofizzate facoltà della coscienza umana.

Completati gli esercizi che erano intesi ad una identificazione con i simboli sacri, Regina si immergeva nel lago per terza e ultima volta nella giornata. Di solito questo accadeva quando le ultime luci del tramonto si trovavano impegnate in rappresentare un affascinante spettacolo. Le innevate cime delle alte montagne sembravano prendere fuoco all'unisono e competere tra di loro per raggiungere un maggior numero di rossicci bagliori. Le ombre che si diffondevano attraverso le vaste foreste della valle conferivano a questa un'atmosfera di impenetrabile mistero. Il lago acquisiva intense tonalità dorate e somigliava un gigantesco forno in cui si fondevano immense quantità d'oro. Istanti dopo spariva all'improvviso tutta l'illusione risultante dal gioco di luci. La nerezza della notte copriva ed eguagliava a quanti elementi integravano un momento prima il multicolore paesaggio. Mentre cedevano ad un riparatore riposo i diversi esseri che abitavano nella valle, un profondo silenzio cominciava a prevalere ovunque.

Quasi sempre era già buio quando Regina usciva dal lago e canticchiando allegramente ritornava alla caverna. Il lama smetteva di pregare ed entrambi si collocavano in posizione di loto per iniziare una lunga meditazione che si prolungava per diverse ore. Circa mezzanotte concludevano la loro meditazione e con ciò davano per concluse le sue giornaliere attività. Prima di abbandonarsi al riposo Regina bisbigliava fervorosamente alcune preghiere davanti al suo improvvisato altare.

Soddisfacendo fedelmente l'impegno assunto, ogni quattro mesi arrivava nella valle una partita di contadini trasportando cibo e gli accessori per gli abitanti della caverna. Insieme a questo imprescindibile aiuto portavano anche notizie di quanto accadeva nel mondo esterno. In questo modo, il lama e Regina poterono sapere che il piano, elaborato dal primo, per salvare l'anima del Tibet, si stava realizzando con successo. Il governo indù aveva concesso asilo sia al Dalai Lama come alle molte migliaia di tibetani che fuggivano dal suo paese. Autorità e paese nell'esilio erano già stabiliti nella regione di Dharmsala e lentamente procedevano a ricostruire le tradizionali istituzioni tibetane (monasteri, biblioteche, scuole di canto e danza, eccetera). Per quanto riguarda quello che stava accadendo all'interno del Tibet i rapporti non erano molto allettanti. I cinesi stavano portando a termine un vero e proprio genocidio. Gli abitanti delle regioni in cui prevaleva un maggiore spirito di ribellione erano stati implacabilmente sterminati e sostituiti per coloni portati dell'interno della Cina. Un vero sistema di sfruttamento coloniale si era stabilito in tutto il paese e si reggeva in base ad un ferreo controllo militare che manteneva soggetti ai tibetani sopravvissuti.

Nonostante le loro crescenti difficoltà, gli abitanti del villaggio ribadivano in ogni visita al lama e Regina la loro ferma intenzione di continuare ad assisterli. La scarsa densità di popolazione della regione dove si trovava il villaggio l'aveva liberato fino ad allora della presenza permanente di truppe di occupazione. I cinesi si erano limitati ad organizzare un sistema di sfruttamento della ricchezza forestale della zona, a tal fine costringevano ai loro abitanti a lavorare nel abbattimento degli alberi senza alcuna retribuzione.

I campagnoli si mostravano fiduciosi che non sarebbe mai stata scoperta la presenza dell'ex primo ministro e della Dakini. A quanto pare, sia i rapporti delle pattuglie di esplorazione dell'esercito, come le foto scattate dall'aria per gli aviatori, avevano convinto le autorità di occupazione che non esisteva nessun centro abitato tra quelli massicci montagnosi. E in effetti, il tempo trascorreva senza che la valle vedesse distorte le loro quotidiane attività con la poco gradita presenza degli invasori.
Il lama e la sua discepola portavano quasi sei anni di permanenza nella valle. L'aspetto fisico di Regina aveva continuato a cambiare, ora in forma piuttosto naturale, fino a corrispondere pienamente alla sua età cronologica. La sua apparenza esterna era quella di una bellissima giovane di diciassette anni, in possesso di un singolare fascino il quale si manifestava fino al minore dei suoi gesti. Tutto in lei costituiva un'inesauribile fonte di armonia e bellezza.

I progressi di Regina per quanto riguarda lo sviluppo di facoltà inerenti alla sua condizione di Dakini erano sempre più evidenti. La giovane non aveva già bisogno di realizzare maggiori sforzi per stabilire una comunicazione cosciente con quanto la circondava. A volte erano alcuni uccelli che davanti alle sue petizioni accedevano volentieri a scendere dalla cima di un albero un certo tipo di frutte. In altre occasioni si trattava di qualche adirato vento, i cui incessanti ruggiti si calmavano immediatamente sentendo le gentili parole di Regina.

Una sera, ritornando Regina alla caverna dopo la sua solita immersione nelle acque del lago, si sorprese di non trovare il lama pregando come faceva sempre a quell'ora. Il religioso preparava simultaneamente diverse infusioni e in tal senso manteneva accesi tre scoppiettanti falò, ognuno con la sua corrispondente pentola di acqua bollendo. Regina osservò le erbe che utilizzava il lama per elaborare le infusioni. Non riuscì a riconoscere nessuna malgrado credesse conoscere tutte le piante che crescevano nella valle e nei suoi paraggi.

—Queste erbe da dove provengono e a cosa servono? —domandò intrigata.

—Provengono da una regione vicina al villaggio. I nostri amici ce le hanno portate nella sua ultima visita. Isolate non servono da niente, ma se si preparano separatamente e poi si mischiano nella giusta proporzione, si elabora un tè che serve affinché le Dakini possano dormire meglio ed anche affinché non si sentano tanto importanti.

Regina suppose che il lama scherzava, che era molto abituale in lui, per cui a sua volta rispose con un pizzico di ironia.

—Be', io dormo molto bene e non mi sento importante, quindi sarà necessario cercare qui intorno alcuna Dakini per darle questo intruglio.

Il lama aveva cominciato a mescolare, con la massima cura, il risultato delle tre diverse infusioni. Una volta concluso affermò:

—Come me dispiace che non sia tu chi ne tragga vantaggio con questo tè; dicono che quando le Dakini cessano di darsi importanza vengono a sapere di molte cose.

—Di quali cose?

—Non lo so, io non sono una Dakini e non penso di provare né una goccia di ciò.

Ogni nuova affermazione del lama incrementava la curiosità di Regina, nonché il suo desiderio di ingerire il tè. Simulando indifferenza esclamò:

—Per adesso non ho voglia di venire a sapere niente, forse un altro giorno sì, e allora me lo beva.

—Che strano che non hai voglia di sapere niente, ho sempre pensato che ti interessava arrivare a decifrare l'enigma.

La presunta indifferenza di Regina saltò fatta a pezzi. Con il viso traboccante de curiosità inquisì:

—Se mi prendo il tè conoscerò il significato dell'enigma?

—Oh no, io non ho detto questo! Il significato dell'enigma è molto semplice e volentieri te lo spiegherò quando vuoi. Peccato che ora non ti interessi nulla, forse un altro giorno, quando avrai voglia di prenderti il tè.

Regina era ora un fascio di febbrile eccitazione. Con rapidi gesti si impadronì del fumante recipiente e rischiò di scottarsi la bocca pretendendo di bere affrettatamente il suo contenuto. Mentre soffiava la superficie del liquido e procedeva a sedersi nel suolo, affermò implorante:

—Per favore, Maestro, sono anni che desidero sapere cosa vogliono dire quelle strane frasi.

L'improvviso cambiamento nell'atteggiamento di Regina fece sorridere all'anziano. Prendendo posto di fronte alla giovane espresse in tono condiscendente:

—Bene, allora sì c'è qualcosa che ti interessa. Va bene, se è così parleremo un po' di quell'enigma che tanto ti incuriosisce. Cominceremo dal inizio: "Al paese delle aquile la sua regina ritornerà." Non mi dire che in tutto questo tempo non ti sei immaginata mai di che paese e da che regina si tratta?

Ascoltando la domanda il volto di Regina cominciò ad arrossire. In realtà quell'era l'unica affermazione del poema per la quale aveva forgiato una possibile spiegazione, ma stimava che menzionarla poteva essere presa come un segno di vanità, poiché il suo sospetto era nel senso di considerare che era lei la regina alla quale si alludeva in quella frase. Con parole vacillanti cercò di dare soltanto una risposta parziale alla domanda sollevata per il lama.

—Il paese potrebbe essere il Messico.

—Perché pensi ciò?

—Nell'Era dell'Acquario corrisponde all'Himalaya riposare mentre le Ande lavorano. Questo motiverà che i due chakra del pianeta che sono in America debbano tornare a funzionare al massimo, tanto quello del sud come quello del nord. Possedendo gli esseri del nord un servizio più attivo in paragone con quelli del sud, tocca sempre loro cominciare a lavorare prima. Credo per questo motivo che la prima missione sacra di questa Era sarà riuscire a svegliare il chakra messicano, il quale era noto anticamente come "il paese delle aquile." Lì succederanno molto presto cose importanti, forse siano queste a cui fa riferimento il poema, ma francamente mai ho potuto capire il modo come lei descrive quegli eventi.

Le fazioni del lama riflettevano un'espressione di pieno accordo con quello manifestato per Regina. Sottolineando ognuna delle sue parole affermò e inquisì allo stesso tempo:

—Bene, molto bene, quello per quel che riguarda il nome del paese, ma cosa mi dici della sua regina?

Il viso di Regina arrossì ancora di più al tempo che diceva:

—Sono io, vero?

—Proprio così —rispose il lama mentre un ampio sorriso illuminava il suo volto. Questo è ciò che indica il tuo nome e così lo "vidi" durante il nostro primo incontro nel palazzo di Sua Santità, quando mi fu dato a conoscere il tuo Dharmakaya. Tu sei la Regina del Messico. I compiti di una regina non sono sempre semplici e in questa occasione dovrai realizzare uno specialmente difficile. Hai detto che la prima missione sacra dell'Era dell'Acquario sarà quella di riuscire a svegliare al chakra messicano. In effetti, potrà solo così continuare a crescere la coscienza del pianeta. In questa Era la Terra deve utilizzare adeguatamente il prana che assorbe attraverso la Cordigliera delle Ande e ciò non succederà finché il chakra messicano non sia stato riattivato. Tu sei la legittima Sovrana del Messico, e pertanto, è tuo l'obbligo di risvegliare il tuo paese del profondo letargo in cui si trova.

Mentre parlava avvenne un'evidente trasformazione nell'atteggiamento del lama. Il tono umoristico con cui iniziasse la conversazione sparì per far posto ad una grave solennità, rivelatrice dell'importanza che concedeva ai temi che stavano abbordando. Da parte sua, Regina sentiva che il panico si stava impadronendo di lei. Non aveva supposto mai che la missione per cui se la stava formando potesse avere simile trascendenza. Con voce che lasciava vedere la confusione che la dominava, affermò:

—Maestro, non è che stia cercando di sottrarmi alle mie responsabilità., ma mi sento completamente incapace di svolgere un compito come quello che lei menziona. Non ho né la minore idea di quello che dovrei fare per risvegliare il mio paese, e per favore, non mi dica che per essere una Dakini devo saperlo, perché definitivamente non lo so.

Notando la paura della giovane il lama abbandonò immediatamente qualsiasi segno di solennità. Riprendendo la sua abituale giovialità esclamò con tranquillizzante tono:

—Dai, dai, non ti sottovalutare. Già in vite precedenti hai saputo risvegliare il tuo paese e sono sicuro che ce la farai nuovamente, malgrado esistano ragioni per supporre che questa volta sarà molto più difficile. Credo che il tuo soggiorno in questa sacra caverna si avvicini al termine. Hai ritrovato già la strada che porta a trascendere l'illusione dello molteplice e presto potrai raggiungere l'unità con tutto ciò che esiste. Ci sono solo alcuni residui di ego nel tuo interno che si rifiutano di sparire, ma forse domani stesso cominci il processo che finirà per dissolverli.

Le parole e soprattutto l'atteggiamento del lama infusero una certa calma al preoccupato spirito di Regina; tuttavia, ribadì la sua ignoranza su il modo di svolgere la sua missione:

—Francamente non saprei nemmeno da dove cominciare per cercare di svolgere un tale compito.

Al tempo che serviva a Regina una seconda tazza di tè, il lama affermò con paziente tono:

—Non ho mai avuto la fortuna di essere in Messico, ma so che il centro della sua coscienza è rappresentato da due montagne sacre. Se riesci a riattivarle spetterà già a loro il lavoro di andare risvegliando la totalità del paese.

—E come potrò riattivare la coscienza di quelle due montagne sacre?

—Realizzando passo dopo passo le varie tappe di un rituale che solo tu, per essere la Regina del Messico, può effettuare. Da diversi anni sto ripetendoti tutti i giorni ognuno dei passi che dovrai dare per raggiungere il tuo scopo.

—Nell'enigma sono dettagliati ognuno di quei passi?

—Giusto.

—Quindi, per favore, mi segua spiegando quello che vogliono dire quelle frasi che non sono riuscita mai a capire. Che cosa vuol dire che devo rompere il carcere della luna?

I falò che accendesse il lama si erano consumati fino ad estinguersi le sue braci. La vacillante luce che emanava dall'arcaica lampada produceva mobili ombre che sembravano danzare nelle pareti della caverna. Regina aveva concluso rapidamente la sua seconda tazza di tè e rimaneva seduta nel suolo, annodando il suo corpo con le braccia e ascoltando con profonda attenzione le sorprendenti rivelazioni rispetto a quello che si aspettava di lei. L'anziano, seduto in posizione del loto a scarsa distanza della giovane, meditò qualche istante prima di dare risposta all'ultima domanda formulata dalla medesima:

—Hai progredito molto nella comprensione di ogni tipo di esseri ma finora hai trattato molto poco agli esseri umani. Quando li conoscerai ti renderai conto che le cause che spingono le sue azioni sono quasi sempre illusorie. Gli uomini soffrono e si rallegrano, lavorano e si divertono, amano e odiano, spinti per una visione completamente deformata della realtà. L'umanità vive preda nel carcere del sogno e uno dei suoi sogni preferiti è proprio quello di credersi liberi. Qual è la causa precisa di questo? —il lama puntò l'indice verso l'alto mentre affermava con enfasi—. La Luna.

—La Luna?

Sì, lei esercita un influsso ipnotico che porta gli esseri umani all'auto-inganno e alle fantasie collettive. Questo non sempre è stato così. In età nelle quali predominava la spiritualità, paesi interi arrivarono a liberarsi di questa ipnosi. I saggi governanti di allora dirigevano la costruzione di apparecchi speciali che neutralizzavano la trasognatezza che genera la Luna. In Messico di sicuro esistono ancora alcuni di quegli apparecchi. La sua forma è sempre piramidale e nel suo interno si accumula un'energia altamente negativa che essendo trasmutata in positiva, costituisce la forza con cui risulta possibile rompere il carcere della Luna. Dovrai, pertanto, localizzare al più poderoso degli apparecchi di quel tipo che esiste nel tuo paese e portare a termine quella trasmutazione. Ma dovrai farlo proprio nel momento opportuno: cominciando l'Equinozio di Primavera dell'anno in cui tu compierai venti di età.

—E come posso riuscirci?

—Per effettuare la trasmutazione dell'energia accumulata in quegli apparecchi prima bisogna farli funzionare. Ciò è possibile creando una forte polarità. La semplice presenza di esseri in possesso di una elevata coscienza genera all'istante quella polarità. Malgrado che il Messico attraversa per una tappa simile alla morte, non tutti i suoi abitanti debbono essere semplici cadaveri ambulanti. Come minimo se ci sono quattro persone vive in tutto il paese è possibile tornare a avviare qualsiasi di questi apparecchi. Se quelle quattro persone esistono, di sicuro staranno aspettandoti quella notte nel luogo in cui si trovi l'apparecchio più potente. Saranno loro, con la sua presenza, che lo faranno funzionare, ma dovrai essere tu quella che dovrà trasformare l'energia negativa in positiva, rompendo così il carcere della Luna. In tal senso dovrai ascendere alla cima dell'apparecchio quando questo si trovi funzionando. Non sarà un compito facile. Il potere che mantiene all'umanità sommersa nel sonno si troverà concentrato lì sulla sua quinta essenza e si opporrà con tutte le sue forze a subire una trasmutazione. Unicamente se ricevi l'aiuto adeguato potrai avere successo. Il come ottenere quell'aiuto è qualcosa su cui io non posso orientarti granché, dipenderà della forza della tua volontà e che tu riesca a superare l'illusione dell'ordinaria concezione del tempo, perché quell'aiuto solo potranno dartelo "guardiani di altri tempi".

—E quei chi sono?

—Questa è una cosa che dovrai scoprire per te stessa, quando trovi la forma di ottenere il loro aiuto. Se l'ottieni e insieme date la battaglia non dubito che la vincerete. In quel caso disporrai di sei mesi per compiere la tua missione: dal inizio dell'Equinozio di Primavera all'inizio dell'equinozio di autunno. Trascorso questo tempo la Luna avrà riconquistato il suo potere di trasognatezza. L'apparecchio per rompere il suo carcere sarà un'altra volta caricato di energia negativa e non ti sarà oramai possibile tornare a trasmutarla, perché questo è un compito tanto delicato che perfino una Dakini può solo tentarci una volta ad ogni ciclo della sua esistenza.

—Una volta rotto il carcere della Luna, se è che riesco a romperlo, quale sarebbe il passo successivo?

—Aspettare.

—Aspettare che cosa?

—In primo luogo che i sonnambuli erranti ti vedano, poi che l'unico sveglio tra loro chieda il tuo aiuto e che alcuni dei peggiori e dei migliori si uniscano e ti forniscano il suo appoggio.

—Mi perdoni, Maestro, ma un'altra volta non lo capisco niente. Cosa vuole dire con questo?

—Ti ho detto che attualmente, in qualunque Nazione del mondo, i suoi abitanti si trovano in tale stato di letargia che bene possiamo dire che sono come sonnambuli erranti. L'accertamento che il carcere della Luna è rimasta rotta sarà quando i "sonnambuli" siano capaci di "vederti", cioè di rendersi conto dell'esistenza di un essere possessore di un'elevata spiritualità. Se quello succede, "l'unico sveglio", ovvero, la persona che comprenda che tu puoi aiutarli a superare la sua deplorevole situazione, solleciterà il tuo aiuto. Successivamente alcuni dei peggiori e dei migliori abitanti del paese dovranno unirsi grazie a te, offrendoti incondizionatamente il suo appoggio. In quel momento, e non prima, potrai dare inizio al rituale con cui cercherai di risvegliare il Messico. Ogni rituale comincia con una purificazione. Sarà necessario che "l'acqua dei cieli" pulisca a tutti quelli che collaboreranno con te nel rituale.

—E qual è questa acqua?

—In un certo senso tutta l'acqua proviene dai cieli; tuttavia, ci sono determinate acque che hanno la facoltà di pulire non solo l'esterno ma anche l'interno degli esseri umani. Questo spiega il perché le acque di alcuni luoghi sacri possiedono straordinarie proprietà curative. Il suo potere è così grande che pulisce in occasioni il karma di passate azioni restituendo la salute. Avrai bisogno d'acqua di questo genere per realizzare la purificazione di coloro collaboreranno con te.

Regina notò che un strano assopimento si stava impossessando di lei. Le sue palpebre si chiudevano ed era sempre più difficile continuare a prestare attenzione alle parole del lama. Comprese che il suo sonno non era normale e suppose che il tè appena ingerito doveva possedere proprietà sonnifere. Forse —pensò— il lama glielo aveva dato con il deliberato proposito di provare la sua forza di volontà e vedere se era capace di rimanere sveglia mentre le spiegava la natura della sua missione e la forma di portarla a termine. Facendo un sforzo sovrumano la giovane riuscì ad allontanare momentaneamente le ombre che invadevano la sua coscienza. Con voce che intendeva essere ferma e naturale inquisì:

—Dove posso ottenere quel tipo di acqua?

—L'acqua dei cieli lo è perché è stato intrisa di potenti forze. Una di esse proviene dal pentimento degli errori commessi che devono possedere coloro che anelano raggiungere la purificazione attraverso la ricezione dell'acqua. L'altra forza sgorga del disinteressato proposito di aiutare gli altri esseri a superarsi, che incoraggia le persone di elevata spiritualità. Coincidendo in un momento e luogo determinati la forza di entrambi sentimenti genererà l'acqua dei cieli.

Regina si rendeva conto che, nonostante i suoi sforzi per ostacolarlo, il sonno non ci vorrebbe molto a sconfiggerla. Desiderando approfittare al massimo il tempo che rimarrebbe sveglia, formulò una domanda nella quale sintetizzavano tutti i suoi dubbi:

—In che cosa consisterà il rituale che dovrò realizzare?

—Dovrai chiamare il Messico tre volte per il suo nome, ma prima di questo bisogna eseguire una serie di atti preparatori. Il primo sarà localizzare il posto nel tuo paese dove attualmente risiede il potere e trasformarlo in altare; a tal fine è necessario radunare in quel posto un minimo di quattrocentomila persone capaci di unire le loro coscienze in un solo e poderoso spirito. Il fatto che a quel punto il carcere della Luna si trovi rotto farà fattibile questo compito. Il rituale consta di due parti chiaramente differenziate. Nella prima risuonerà il passato. La sua voce proverrà da antichi strumenti sacri che farai risuonare giusto nel momento preciso. Nella seconda, che dovrà aver luogo in data diversa dalla prima, prevarrà il silenzio. Sarà allora quando pronuncerai per tre volte il nome del Messico. È un mantra molto poderoso che essendo pronunciato dalla regina di questo paese farà che si risveglino le due montagne che costituiscono il suo centro, cominciando così il processo di riattivazione di tutto il chakra.

Il lama si alzò e Regina credé che poneva termine alla conversazione e si ritirava a riposare, ma a quanto pare lo faceva perché desiderava enfatizzare ancora di più le sue seguenti parole:

—Esiste la possibilità che per qualche misteriose ragioni, alcuna delle due montagne sacre non arrivi ad ascoltarti. Speriamo che ciò non accada, perché in tal caso dovrai trovare nella memoria delle tue vite anteriori, l'origine del problema e la forma di risolverlo.

Regina sentì che non poteva continuare a combattere il sonno. I suoi occhi si erano chiusi e a malapena sentiva che il lama continuava a dire:

—C'è un aspetto molto importante del quale mi sembra strano non mi hai chiesto niente. Per effettuare il rituale dovrai imparare a suonare strumenti sacri. Credo che sia arrivato il momento che tu te ne vada al più presto a iniziare il tuo apprendimento con il miglior Maestro in questa materia. Lui è in Cina.

—Come? —un semplice riferimento del nome del paese che manteneva sottomesso il Tibet fece che la pesante sonnolenza che dominava Regina si svanisse all'istante. Un'ondata di indignazione scosse il suo essere fino all'ultima delle sue particelle. Aprendo gli occhi la giovane trattò di alzarsi da un solo movimento. Il furore faceva che le parole si precipitassero nella sua bocca incapaci di uscire. Quando finalmente poté parlare esclamò:

—Cosa vuole dire con questo?

—Oh, be' nient'altro che quello che ho detto —rispose il lama con la più innocente espressione riflessa nel viso—. C'è un Maestro cinese che è chi possiede attualmente il più grande dominio nel mondo per quanto riguarda gli strumenti musicali sacri. Sarebbe magnifico che ti accettasse come discepola.

Gli occhi di Regina sprigionavano scintille e tutta lei era l'immagine stessa della rabbia. Agitando le braccia urlò fuori di sé:

—Non andrò mai in Cina. Se di quello dipende che il mio paese risvegli, già può rimanere dormendo per sempre. Non posso credere che lei mi proponga una cosa del genere. I cinesi assassinarono i miei genitori e hanno distrutto quanto ho voluto nella vita. Se potesse li eliminerei... È quello che farò. Sono una Dakini. Utilizzerò i miei poteri per produrre terremoti, inondazioni e piaghe nei suoi confronti.

L'esplosione di rabbia aveva esaurito le ultime riserve di energia che mantenevano sveglia Regina. Dopo pronunciare la sua fulminante minaccia cominciò a barcollare. Cercò di mantenersi in piedi appoggiandosi in uno dei muri della caverna ma le era impossibile. Lentamente fu scivolando fino ad arrivare al suolo dove rimase immobile, profondamente addormentata.

Il lama rimase un bel po' a guardare la giacente figura della giovane. Lo sguardo dell'anziano rifletteva chiaramente i suoi sentimenti. Nel suo viso si poteva leggere una affettuosa espressione del tutto simile a quella di un nonno che osserva compiaciuto la sua unica nipote. Prendendo una coperta coprì con essa il corpo di Regina e dopo uscì dalla caverna con passo tranquillo.

Era notte di Luna piena e tutta la valle sembrava essere posseduta di una strana eccitazione. Le voci degli animali del bosco —dagli insetti fino agli uccelli— si ascoltavano angosciate e paurose. Perfino gli alberi sembravano scambiare tra di loro nervosi pettegolezzi. Il lama prese posto in una pietra che stava a pochi passi dell'ingresso della caverna. Estraendo tra le pieghe delle sue vesti un antichissimo rosario cominciò a pregare e continuò a farlo per tutta la notte. Le luci dell'alba cominciavano a illuminare la valle quando il lama ascoltò alle sue spalle furtivi passi. Mettendo da parte il rosario si mise in piedi ed allungò con calma i suoi muscoli prima di girare lo sguardo. Una dozzina di soldati cinesi si trovavano vicino a lui puntandolo con i fucili. Un altro gruppo di soldati, portando anche loro le sue armi e qualche torce, si introducevano con grande fretta nella caverna. Per la ferocia dei loro sguardi sembrava che avanzassero all'attacco di una potente fortezza.