La lezione cinese
Dopo di breve attesa, Regina e l'ufficiale che la conduceva furono ricevuti dal direttore della prigione. Si trattava di un ometto mingherlino e curvo il cui ferreo sguardo evidenziava l'esistenza di una tenace volontà rinchiusa in un debole organismo. Il direttore osservò approfonditamente la prigioniera, ascoltò attento le spiegazioni del militare e lesse con somma attenzione ognuna delle annotazioni contenute nel dossier del caso. Non c'era bisogno di essere un ottimo osservatore per rendersi conto che quel funzionario era la personificazione stessa della rigidità e la meticolosità.
Conclusa la sua dettagliata revisione del dossier, il direttore pronunciò alcune parole davanti all'apparecchio di comunicazione interna della prigione. A quanto pare aveva chiamato per detto mezzo ad una delle persone che lavoravano nel carcere, perché dopo un po' fece la sua comparsa nell'ufficio un anziano che, a giudicare dagli strumenti che portava appesi all'altezza della vita —alcune forbici da potatura e due piccole zappe— doveva esercitare le funzioni di giardiniere.
Regina dovette fare un sforzo per non tradire il suo stupore. Un solo sguardo all'appena arrivato era bastato per farle capire che si trovava davanti ad un autentico Maestro. Sotto la rugosa faccia ed il magro corpo del presunto giardiniere la giovane percepì la presenza di un essere dotato di un'elevata spiritualità. I suoi occhi riflettevano quella poderosa energia che possiedono solo coloro che hanno ottenuto la piena padronanza di se stessi. Tuttavia, una specie di perfetto travestimento manteneva accuratamente nascosta in quel singolare soggetto ogni manifestazione di qualità superiori. Era stato necessario il penetrante sguardo di una Dakini per scoprire, sotto il suo ingannevole aspetto esterno, la nascosta presenza di un Maestro.
Mentre Regina si formulava mentalmente tutti i tipi di domande, il direttore della prigione, fissando in lei un freddo sguardo, cominciò a dirigerle un demagogico discorso. Ma per sorpresa della giovane l'anziano giardiniere cominciò a tradurre al tibetano ognuna delle parole dell'accesa arringa:
—Il presidente Mao, grande timoniere dell'impetuoso torrente della rivoluzione mondiale, utilizza in occasioni la generosità per trasformare i nemici del paese in servitori delle masse lavoratrici. Questo centro di rieducazione per donne antisociali fu creato grazie ad una magnanima iniziativa di nostro ammirato dirigente. Invece di dar morte a persone che, come lei, sono la spazzatura lasciata per la sparizione di un'antica società feudale, qui applichiamo i saggi insegnamenti del presidente Mao per trasformarle in membri utili alla nuova società rivoluzionaria.
Alzandosi bruscamente in piedi il direttore della prigione scosse minacciosamente davanti a Regina il dossier che aveva nelle mani. Con il volto contratto in una smorfia di rabbia l'ometto proseguì la sua allocuzione:
—Conosciamo già la sua istoria. La sua vita è stata finora quella di un spregevole parassita che si alimenta di quello che riesce a succhiare alle classi lavoratrici. Non le sarà facile cambiare così perniciose abitudini. Dovrà modificare radicalmente le sue abitudini e maniere di pensare. Il primo problema di adattamento alla sua nuova vita sarà quello della lingua. La profonda grandezza dei pensieri del presidente Mao non può essere espressa nei primitivi dialetti con cui parlano tutti i paesi stranieri. Dovrà imparare la nostra lingua per poter avere il privilegio di andare ricevendo gli insegnamenti che le permetteranno, un giorno, arrivare ad essere utile alle classi produttive del suo paese. Il compagno Tsu —il direttore segnalò con un gesto al giardiniere che faceva le volte da interprete— è l'unica persona in questo centro di rieducazione che parla il dialetto con cui lei si esprime, lui sarà chi l'istruirà tanto nella conoscenza della nostra lingua, come delle discipline alle cui dovrà adeguarsi durante la sua permanenza con noi.
Una volta detto questo, il direttore del carcere fece un dispregiativo gesto indicando a Regina e al giardiniere che potevano ritirarsi.
Senza dire una parola, l'anziano guidò Regina attraverso passaggi dell'antico monastero trasformato in prigione. Affascinata, la giovane scoprì poco dopo iniziato il percorso la nascosta realtà del luogo in cui si trovava: quella non era una semplice costruzione, bensì un gigantesco strumento musicale. In diverse parti dell'edificio esistevano grate elaborate con un strano metallo detentore di una misteriosa capacità di risonanza, la cui sensibilità era di tale grado, che reagiva con sottili vibrazioni percependo qualsiasi causa produttrice di suono, tanto se si trattasse del sussurro di una voce o la lieve brezza del vento. L'onda di frequenza in cui si producevano dette vibrazioni risultava inudibile all'orecchio umano ordinario, ma non per la sviluppata percezione uditiva di una Dakini.
Uscendo dall'edificio, l'anziano si avviò all'enorme e ben posizionato orto dietro la struttura. Regina lo seguì trattenendo il suo desiderio di fare un'infinità di domande. Diverse centinaia di donne lavoravano alacremente nelle colture. A quanto pare il lavoro intensivo in contatto con la natura faceva parte importante del sistema di rieducazione impiantato in quella prigione.
Sotto un gazebo costruito con bei legni, Regina osservò una fila di campane di diverse dimensioni. Il giardiniere arrivò fino al gazebo e prendendo la corda che pendeva da una delle campane cominciò a suonare lo strumento.
Un'indescrivibile sinfonia si lasciò sentire non appena cominciò a suonare la campana. Ognuno dei rintocchi originava un infinito gioco di risonanze nelle diverse grate che esistevano all'interno dell'edificio. Mentre si interconnettevano, le vibrazioni si trasformavano in una melodia che possedeva una bellezza superiore alla più terminata composizione musicale. Infatti, quella melodia possedeva tutta la forza e l'armonia delle energie che governano nei cieli il movimento degli astri.
Profondamente emozionata Regina rimaneva statica, ascoltando questo incredibile spreco di varietà tonali che si intrecciavano in innumerevoli cadenze. Sentendo i rintocchi, le prigioniere avevano sospeso i suoi lavori e dopo di riunirsi in piccoli gruppi procedevano a sedersi sul suolo a riposare. Era evidente che la vita della prigione si regolava a rintocchi di campana. Ugualmente, e a giudicare da quello che vedeva, Regina concluse che tranne l'anziano Maestro travestito da giardiniere, nessuno degli occupanti dell'antico edificio riusciva a catturare le sottili vibrazioni che le singolari grate erano capaci di produrre, e pertanto, non erano consapevoli che vivevano dentro un prodigioso strumento musicale. Con frasi intervallate, che tentavano esprimere in poche parole sentimenti largamente contenuti, la giovane affermò:
—Rispettabile Maestro Tsu, prima di tutto io vorrei, beh, come potrei dirle, avvelenata per il rancore commisi il grave errore di rivelarmi davanti all'autorità del più saggio Maestro del Tibet, il lama Tagdra Rimpoche. Il mio maestro mi indicò che doveva venire in Cina per imparare a suonare strumenti sacri. Io mi rifiutai apertamente di compiere le sue indicazioni perché sentiva, e la verità è che ancora sento, un profondo rancore contro i cinesi. Voi, cioè, una certa classe di cinesi, assassinarono gli esseri che più ho amato. Ho la sensazione che, in qualche modo che sfugge alla mia comprensione, il lama Tagdra Rimpoche dispose in tal modo le cose che è per questo che sono qui. Sono sicura che lei è il Maestro con cui lui desiderava che io studiasse, quello che francamente non so è se sono degna di essere la sua discepola, perché come già ha potuto rendersene conto, sono molto lontana da superare le emozioni negative.
Una volta concluse le spiegazioni di Regina, il Maestro Tsu espresse a sua volta con tranquillo tono:
—Conobbi all'onorevole lama Tagdra Rimpoche molto tempo fa, quando eravamo ancora molto giovani. A quel tempo c'era un forte legame tra il monastero taoista che esisteva in questo luogo e il monastero buddista di Sera a Lhasa. Istruttori e novizi di uno ed un altro andavano e venivano in costante scambio di insegnamenti. Fu in Sera dove conobbi il mio amico, dopo è stato qui in due occasioni, prima come discepolo e poi come Maestro. Portavo parecchio tempo senza vederlo, sebbene mantenevamo sempre un stretto contatto —dicendo questo il Maestro Tsu si portò la mano alla testa, in modo che Regina dedusse che il contatto al quale si riferiva era di natura telepatica.
L'evocazione di ricordi senza dubbio graditi sembrava avere ringiovanito un tanto l'avvizzito volto del Maestro Tsu. Con animata voce proseguì:
—Sono sicuro che una volta compiuta soddisfacentemente la sua missione, il lama Tagdra Rimpoche raggiunse l'unità con il Tao. Il mio amico era molto contento di aver avuto il privilegio di poter servire ad una Dakini. Ignoro se potrò essere degno di così onorevole distinzione.
Regina arrossì nell'ascoltare quelle parole, rivelatrici della modestia e grandezza di spirito di cui le esprimeva.
—Per favore, Maestro —disse la giovane—, sono io quella che spera di essere degna di ricevere i suoi insegnamenti. Quello che non immagino è come farà lei per poter impartirli in queste condizioni. Là nel Tibet disponevamo di piena libertà e di tutto il tempo per i nostri obiettivi, ma qui dovrò adattarmi ai regolamenti del carcere e compiere i compiti che mi siano imposti.
Con espressioni un tanto criptiche, il Maestro Tsu, concluse la sua prima conversazione con Regina:
—L'Universo è costante mutazione. Le difficoltà normalmente portano con sé grandi benefici, perché difficile e facile si complementano e il Tao essendo luce somiglia oscurità. In un'altra epoca lei non avrebbe avuto problema alcuno per imparare musica sacra in questo tempio, oggi tutte le circostanze sembrano esserle sfavorevoli. Forse questo costituisca alla lunga un vantaggio e ottenga un maggiore profitto di quanto avrebbe raggiunto se fosse stata qui in una situazione favorevole. Per favore, mi accompagni, le farò vedere il luogo dove si trova la sua cella.
Contrariamente a quanto Regina aveva temuto in un primo momento, la sua condizione di prigioniera non sarebbe un ostacolo per ricevere i saggi insegnamenti del Maestro Tsu. Senza avere la minima coscienza di ciò, dovrebbero essere le proprie autorità della prigione quelle che proporzionerebbero ogni tipo di agevolazioni affinché detta trasmissione di insegnamento potesse essere effettuata. Nel loro tentativo di indottrinare nell'ideologia comunista alla giovane straniera —per il quale si richiedeva che questa imparasse cinese al più presto possibile— disposero che Regina lavorasse permanentemente come assistente dell'anziano giardiniere, permettendo così una costante comunicazione tra il Maestro taoista e la Dakini messicana.
Il Maestro Tsu non solo lavorava come giardiniere, era anche chi si prendeva cura degli strumenti musicali che esistevano nella prigione e l'incaricato di dare i rintocchi di campana secondo ai quali regolavano le loro attività tutti gli occupanti della prigione. Il segreto che rinchiudevano quelli strumenti fu rivelato a Regina poco dopo iniziata la sua nuova fase di apprendistato.
—Ne sarei molto onorato —affermò il Maestro Tsu con il suo caratteristico tono di raffinata gentilezza— se lei volesse aiutarmi nel compito di rintoccare le campane.
—Certamente, Maestro —rispose Regina, sentendosi un po' addolorata davanti a quei eccessi di cortesia ai quali non finiva di adeguarsi, abituata come stava all'informalità e l'umorismo del lama Tagdra Rimpoche.
—In tal caso credo conveniente che lei conosca quali furono gli obiettivi che si erano proposti facendo quelle campane e in generale i diversi strumenti sacri che sono stati salvaguardati in questo posto. Gli antichi cinesi scoprirono qual è la vera natura dell'Universo. Tutto quello che esiste è vibrazione. L'Universo intero è una sinfonia risultato delle note musicali che produce ognuno degli esseri che lo compongono. È per ciò che chi può armonizzarsi coscientemente con il ritmo del Cosmo non dovrà effettuare opera alcuna: praticherà la non azione e tuttavia niente rimarrà senza fare. Gli imperatori del nostro remoto passato non avevano bisogno di esercitare il comando né di grandi eserciti né di complicate leggi. Essi sapevano utilizzare strumenti musicali simili ai quali esistono qui e per questo mezzo ottenevano un armonico ordine sociale, perché quando ognuno occupa il posto che gli spetta non è possibile il disordine.
Regina ascoltava con attenzione le spiegazioni dell'anziano rispetto all'elevata funzione che la musica può arrivare ad avere. Indicando una delle strane grate costruite con incavati tubi e il cui sconosciuto proposito la incuriosiva oltremodo, la giovane espresse:
-Immagino che queste grate devono essere un strumento musicale sacro che opera per risonanza e non per percussione diretta, ma francamente non riesco a capire per quale motivo le fecero, se quasi nessuno può percepire i suoni che producono.
Con voce il cui tono indicava la particolare importanza che concedeva alle sue parole, il Maestro Tsu rispose.
-Quelle sacre grate sono fatte di tombacco, una lega composta di oro, argento e rame, elaborata attraverso lunghi e complicati procedimenti da saggi alchimisti del passato. I dodici suoni diversi che questo metallo può produrre sono in realtà le dodici vibrazioni fondamentali che sostengono l'Universo. Queste grate non furono fatte affinché i suoi suoni li ascoltassero le orecchie umane, bensì per risvegliare la Cina quando arrivi il momento di farlo, nel frattempo, producono una gradevole musica che favorisce un sonno ristoratore alla nostra Nazione.
-Ora capisco perché il lama Tagdra Rimpoche desiderava che venisse qui - esclamò Regina -. Sicuramente voleva che imparasse a suonare questo sacro strumento. È molto difficile?
-Non per una Dakini.
-Ho notato che in realtà le grate non smettono mai di suonare, poiché fino al più lieve rumore origina in esse un'interminabile varietà di risonanze.
-Infatti, l'elevata sensibilità del metallo con cui sono state fatte fa che reagiscano davanti a tutti i tipi di suoni, ma non tutte le risonanze che questi suoni producono riescono ad arrivare alla dormita coscienza dalla Cina; per ciò si richiedono tre condizioni. La prima che queste risonanze siano il risultato della vibrazione di un altro strumento sacro. La seconda che questo strumento sia stato toccato per qualcuno che sappia il modo giusto per farlo. E la terza che quel qualcuno conosca la Via del Tao, dove senza camminare l'obiettivo è raggiunto. Se alcuna di queste condizioni non si realizza, il messaggio trasmesso attraverso le grate non arriverà a destinazione.
Con il suo solito tono di voce, nello stesso tempo affabile e solenne, il maestro Tsu concluse:
-La parte centrale del rituale con cui lei tenterà di risvegliare il suo paese consisterà in produrre determinate risonanze in alcune grate simili a queste, per raggiungere questo obiettivo dovrà suonare una campana sacra. Ecco perché ho osato chiederle il suo aiuto nel compito di suonare le campane, potrà così praticare diverse volte al giorno e quando arrivi il momento saprà già il migliore modo per farlo.
-Sono pronta per cominciare -rispose Regina con grande entusiasmo.
-Molto bene, cominceremo domani stesso.
La formazione di Regina nell'ambito della musica sacra non si sarebbe concretizzata nella pratica del suono di campane. Anche se queste dovrebbero essere sempre l'oggetto principale della sua attenzione, il Maestro Tsu cercò in modo che assumesse anche le conoscenze sufficienti per poter utilizzare i principali strumenti che hanno integrato da tempo immemorabile le orchestre cinese: cetre, cembali, liuti, flauti, viole, arpe, oboi e violini.
Anche in questo caso sarebbero le autorità del carcere quelle che, inconsapevolmente, faciliterebbero alla Dakini la realizzazione dei suoi scopi. Nel loro zelo per infondere nelle carcerate sentimenti di venerazione verso il massimo dirigente politico del paese, le obbligavano a cantare ogni giorno lunghi inni contenenti ogni tipo di lodi a Mao Tse Tung. Questo fatto faceva che si richiedesse una grande orchestra per accompagnare con le sue sonore melodie i menzionati inni, motivo per cui si stimolava tra le recluse l'istruzione musicale ed era fornita loro a tal fine la variegata collezione di strumenti ereditata dell'antico monastero. Pertanto, l'interesse di Regina in imparare a suonare ogni tipo di strumenti fu visto di buon grado per i dirigenti della prigione.
Oltre alle sue giornaliere e intensive lezioni in questioni di musica sacra, la Dakini riceveva insegnamenti altrettanto intensivi in due materie per le quali possedeva scarsi per non dire nulle conoscenze: la natura umana e la cultura cinese.
All'ingresso in prigione, Regina aveva appena compiuto diciassette anni; di questi, i primi undici li aveva trascorsi nel monastero di Sera e nel Palazzo di Potala, circondata di precettori scelti tra i più saggi e mistici lama del Tibet. I sei anni successivi sono trascorsi nella paradisiaca valle himalayana, avendo come unica compagnia quella del lama Tagdra Rimpoche. Lì la giovane aveva imparato a stabilire una comunicazione cosciente con quanti esseri integravano i regni minerale, vegetale e animale, ma invece, continuava senza acquisire esperienza alcuna in materia di conoscenza della natura umana.
La femminile prigione di Chengtu, che eufemisticamente le autorità cinesi davano il nome di "Centro di Rieducazione per Donne Antisociali", contava nel 1965 con circa tremila detenute. I motivi di incarceramento di queste erano alquanto diverse. C'erano prostitute, ladre, assassine e ogni tipo di delinquenti. Allo stesso modo, abbondavano anche intellettuali e rappresentanti di diverse organizzazioni politiche e religiose, imprigionate tutte per la sua opposizione al governo comunista nel potere.
L'enorme varietà di caratteri e di livelli morali e culturali che possedevano le costrette ospiti della prigione facevano di questa un immenso laboratorio del comportamento umano, dove infamia e generosità, abiezione e nobiltà, marciavano insieme e si manifestavano quotidianamente nei piccoli atti che conformavano la vita quotidiana della prigione. Se l'avesse cercata, difficilmente avrebbe trovato Regina una migliore scuola per rimediare la sua inesperienza per quanto riguardava la conoscenza degli esseri della sua stessa specie.
L'apprendistato di Regina nella difficile arte di conoscere il cuore umano fu duro ma efficace. Ben presto cominciò a sviluppare una sorta di precisa intuizione che le permetteva di catturare immediatamente l'elemento essenziale del modo di essere di qualsiasi persona. In base a ciò riusciva sempre una veloce e profonda comunicazione con gli altri, perché sapeva in anticipo che cosa ci si poteva aspettare di loro. Inoltre, la carismatica simpatia che la Dakini emanava non smetteva di fare prodigi. Fino alle detenute più spietate e i più severi carcerieri finivano per provare affetto verso quella giovane straniera di eterno sorriso che non obiettava mai dinanzi a qualsiasi ordine o punizione e che aveva per tutti parole di comprensione e incoraggiamento.
Per quanto riguarda all'internalizzazione nei molteplici ed affascinanti aspetti della cultura cinese, Regina ci stava riuscendo all'acquisire una crescente padronanza della lingua del paese. In questa linea dovrebbe esserci anche il Maestro Tsu che le avrebbe fornito le più preziose conoscenze. In realtà quell'uomo era una specie di incarnazione vivente dello spirito della Cina millenaria. L'anziano giardiniere intercalava sempre nelle sue conversazioni frasi raccolte delle opere di Lao Tse e di Confucio. Le sue valutazioni rispetto alle diverse dinastie che nel passato governavano il Celeste Impero erano straordinariamente interessanti e profonde. Parlare con lui era stabilire comunicazione con un pozzo di saggezza apparentemente interminabile.
Unita all'informazione proveniente dal Maestro Tsu, Regina otteneva giornalmente delle sue compagne di reclusione conoscenze di molti diversi aspetti della cultura cinese. In alcuni casi i suoi informatori erano semplici contadine, proprietarie tuttavia di un ricco bagaglio di tradizioni contenuto nelle sue credenze religiose e morali, così come nelle sue leggende e proverbi. In altri casi si trattava di sofisticate intellettuali. C'era, per esempio, una specialista nelle diverse manifestazioni dell'arte sviluppate nella Dinastia Ming, così come un'esperta nella poesia di Li Po, il più famoso dei poeti cinesi dell'antichità.
La completa immersione di Regina in quel mondo singolare che costituisce la Cina le avrebbe causato trascendentali conseguenze. Il suo risentimento e antipatia contro quanta persona o cosa provenisse da quella Nazione furono sparendo per essere sostituiti, primo per un sincero interesse e poi, per un profondo affetto a quanto riguardava detto paese.
Con sua grande sorpresa, la giovane si rese conto che conforme si estingueva nel suo interno il rancore verso i cinesi aumentava in forma proporzionale la sua capacità per eseguire musica sacra. Comprese allora quale era stata la vera intenzione del lama Tagdra Rimpoche propiziando - a costo della sua propria vita - il fatto che lei andassi a studiare alla Cina. Non bastava dominare alla perfezione le tecniche relative alla forma di suonare gli strumenti sacri; affinché questi ultimi producessero gli effetti che erano propri di loro, si richiedeva che chi faceva uso di essi si trovasse sprovvisto di emozioni negative e spinto da intenzioni di un'impeccabile purezza, altrimenti si raggiungerebbe solo una musica particolarmente bella, ma priva della forza necessaria per influire lo spirito che anima tutti gli esseri, obiettivo essenziale della musica sacra di tutti i tempi.
Mancavano due mesi affinché Regina concludesse i tre anni di permanenza nella prigione, quando il Maestro Tsu ebbe con lei una eloquente conversazione. La giovane aveva appena dato il suono delle campane con il quale si davano per finite le quotidiane attività della prigione e le recluse si incamminavano a passo tranquillo verso le loro celle.
-Le sarei molto grato se non tornasse a suonare mai più queste campane -affermò con soave tono l'anziano.
-Perché, Maestro, sto facendolo davvero male? -inquisì allarmata Regina.
-Esattamente tutto il contrario: lo fa già così bene che vi è il rischio che con i suoi suoni agiti il sonno della addormentata coscienza Cinese, e questo sarebbe totalmente inconveniente, perché non è ancora il momento di risvegliarla.
Dopo una breve pausa, il Maestro Tsu proseguì:
-La unica cosa permanente è il cambiamento. È arrivato il tempo che finisca il suo soggiorno in Cina, perché finita l'opera la cosa giusta è ritirarsi. Conosce già i segreti dei dodici suoni fondamentali e può, quindi, produrre le vibrazioni che dovranno risvegliare il Messico. Sono certo che si è realizzato il proposito che aveva a mandarla a questo tempio il nostro ricordato amico, l'onorevole lama Tagdra Rimpoche. Nella misura in cui me l'ha permesso la mia ignoranza e inettitudine ho cercato di aiutarla. Considererò sempre aver potuto servire ad una Dakini come la più grande fortuna che mi ha riservato l'esistenza. Spero che riesca a portare a termine la sua importante missione e così facendo raggiunga il Tao.
Regina si aveva finalmente abituato alla schiacciante cortesia del suo Maestro. Utilizzando un linguaggio altrettanto lambiccato rispose:
-L'uomo di virtù superiore non fa ostentazione della sua virtù, ma è grazie al suo esempio che le altre persone orientano i suoi passi. Non potrò mai ringraziarla debitamente l'immeritato aiuto che mi ha dato. Non credo riuscirci, ma cercherò almeno di arrivare ad essere degna di avere avuto la distinzione di essere la sua discepola.
Concluso l'imprescindibile scambio di espressioni raffinatamente gentili, Regina proseguì:
-C'è una questione che mi sta preoccupando. Supponendo che già possa produrre le risonanze che saranno necessarie nel rituale con cui cercherò di risvegliare il mio paese, dove troverò la campana e le grate sacre per produrre quelle risonanze? Quelle che qui esistono furono fatte nel corso dei secoli per varie generazioni di alchimisti dediti esclusivamente a quel compito. Anche in Messico ci furono scuole di alchimisti nelle quali si fecero questo tipo di strumenti?
Attraverso il suo costante rapporto con il Maestro Tsu, Regina era arrivata ad oltrepassare la apparentemente impenetrabile corazza con cui questo manteneva soggetta qualsiasi esteriorizzazione delle sue emozioni. Grazie a ciò poté avvertire, in una specie di accenno di sorriso appena disegnato nel viso di solito impassibile dell'anziano, la soddisfazione che li produceva l'opportunità di poter parlare di quel tema.
-Alchimisti capaci di elaborare campane sacre ci sono sempre stati in molti paesi, ma il segreto di produrre tombacco, la lega con cui sono fatte queste grate, è stato solo raggiunto dagli alchimisti cinesi. In esse si trova rinchiuso ciò che costituisce il centro dell'Universo: il vuoto.
-E allora come posso fare per ottenere in Messico grate di questo tipo? -domandò Regina profondamente preoccupata.
-Così come il nostro corpo viene mantenuto unito grazie ad una complessa struttura interna che non è visibile dall'esterno, l'umanità, che è anche un essere organico, possiede legami che non si apprezzano ad occhio nudo, ma sono quelli che in realtà spiegano la loro sussistenza. Tutti quelli che hanno raggiunto il Tao hanno fatto sempre ciò che era necessario affinché l'organismo dell'umanità possa vivere e svilupparsi. Non dubito, pertanto, che prevedendo che arriverebbe il giorno in cui dovrebbero usarsi in Messico questi strumenti, i saggi alchimisti cinesi abbiano avuto la precauzione di inviarli da molto tempo. Coloro che raggiungono il Tao dirigono il mondo senza cercare il proprio dominio.
-Spero davvero che lei abbia ragione -affermò Regina non del tutto convinta.
Compiuto il vero obiettivo del suo soggiorno in Cina, mancava alla Dakini ottenere la sua libertà della prigione in cui si trovava. Il Maestro Tsu l'aveva orientato sempre rispetto alla condotta che doveva assumere affinché la sua liberazione coincidesse con il termine dell'insegnamento. I funzionari della prigione incaricati di rieducare alle detenute le osservavano di continuo e tenevano un minuzioso resoconto del suo comportamento. Regina non aveva bisogno di fingere per evidenziare un totale distacco dai beni materiali ed un genuino interesse per i problemi dei suoi simili, atteggiamenti entrambi che erano estremamente apprezzati dai suoi rigorosi osservatori. Le lunghe giornate di indottrinamento nelle tesi marxiste le risultavano noiose e ingenue, nonostante le vedeva come un obbligo che bisognava compiere e memorizzava alla perfezione quanto ascoltava, lo stesso citazioni di Mao Tse Tung che arringhe intere di altri autori comunisti. Di qualsiasi punto di vista in cui fosse giudicata, la giovane straniera costituiva una reclusa modello.
Non era ancora passata una settimana dopo che il Maestro Tsu informasse Regina che il suo apprendistato in Cina era terminato, quando la giovane fu chiamata a comparire davanti al direttore della prigione. Il funzionario sembrava molto più mingherlino e curvo che quando la giovane lo vedesse per prima volta. In contrasto con il suo precedente incontro, ora si manifestava in estremo cordiale. Segnalando il grosso dossier che stava sulla sua scrivania manifestò:
-I rapporti che ho ricevuto sempre di lei non possono essere migliori. A quanto pare è riuscita a superare le deformazioni causate nel suo carattere per una lunga convivenza in un mezzo marcio e decadente, come lo era l'antica società tibetana. La rieducazione raggiunta da lei è un trionfo in più della insuperabile saggezza del nostro grande leader, il presidente Mao, chi con generosità senza limiti ordinò la creazione di questo centro di rieducazione, dando così un'opportunità di rigenerarsi a persone che, come era il suo caso, vivevano solamente per soddisfare i suoi vizi e sfruttare alle classi lavoratrici.
Il direttore della prigione aprì un cassetto della sua scrivania ed estrasse una busta. Fissando lo sguardo nel viso della giovane per notare la sua reazione, il funzionario lasciò correre nella levigata superficie della scrivania il contenuto della busta: una manciata di diamanti lanciarono subito innumerevoli saette luminose.
Senza smettere di osservare Regina, il direttore affermò:
-Questi diamanti stavano insieme ai suoi documenti e altri effetti personali. A quanto pare rappresentano una regolare quantità di denaro. Nel corrotto mondo capitalista a cui pronto ritornerà, il denaro è prodotto dal sangue estratto agli operai e campagnoli, tuttavia, il nostro governo desidera restituirle questi gioielli, perché mantiene una politica di rispetto incondizionato alle proprietà degli stranieri.
-Sinceramente non mi interessano questi gioielli -esclamò Regina-, possono venderli e fare con l'importo della sua vendita come meglio credono. Forse potrebbero impiegarsi in acquisire alcune cose che sono necessarie qui, come alcuni nuovi strumenti di giardinaggio, perché quelli che abbiamo già sono molto logorati.
-Il Governo Rivoluzionario della Cina non ha bisogno di nessun aiuto che provenga dal depravato mondo capitalista!
Anche se quelle parole erano state pronunciate con un marcato accento di rabbia, Regina poté percepire che detto sentimento era finto e che in realtà il funzionario si trovava estremamente compiaciuto per l'atteggiamento -d'altronde sincero- adottato da lei davanti a quel argomento. Si rese conto allora che si trattava dell'ultima prova che le era stata messa per giudicare se la sua rieducazione di una presunta mentalità feudale era in realtà completa.
Riprendendo il suo gentile tono il direttore della prigione espresse:
-Mi congratulo con lei, vedo che veramente ha saputo comprendere il pensiero del presidente Mao. Ho ordini che le siano restituite tutte le sue appartenenze. Siamo sicuri che quando ritorni al suo paese saprà utilizzare questi gioielli non per soddisfare la sua vanità né i suoi personali interessi, bensì per aiutare le masse lavoratrici nella sua lotta per abbattere le sovrastrutture che le opprimono.
-Prometto che dedicherò tutto il mio impegno ed utilizzerò quante risorse abbia in tentare di liberare al mio paese dell'oppressione in cui si trova -affermò Regina, senza spiegare che l'oppressione alla quale si riferiva era la trasognatezza esercitata dalla Luna.
Il direttore della prigione si alzò e abbozzando un ampio sorriso estese la sua mano a Regina al tempo che diceva:
-Domani uscirà di questo centro, sarà inviata a Hong Kong e consegnata alle autorità della Croce Rossa Internazionale. Attraverso quell'istituzione sarà gestito il ritorno al suo paese.
La giovane si alzò e strinse cordialmente la destra che le era offerta.
All'alba del giorno dopo una piccola vettura di fabbricazione russa usciva dal Centro di Rieducazione di Donne Antisociali della città di Chengtu. Chi era alla guida del veicolo era un impiegato del governo cinese a cui avevano affidato il compito di portare a Hong Kong una giovane straniera e consegnarla alle autorità della Croce Rossa Internazionale di quella città.