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I primi passi 


Un nutrito gruppo di persone circondò Regina dopo la riunione di fronte al palazzo del Rettorato in Città Universitaria. Negli occhi di tutti si esprimeva identico anelito: desideravano partecipare attivamente al Movimento che cominciava.

Regina captò la richiesta non formulata a parole e ad alta voce espresse il suo parere al riguardo. Ogni collaborazione era benvenuta. Coloro che davvero volevano partecipare all'elevata missione che bisognava portare a termine dovevano recarsi al Centro di Messicanità che rimanesse loro più vicino; per ciò sollecitava ai diversi coordinatori dei Centri che facessero conoscere i loro rispettivi domicili.

I quaranta coordinatori dei Centri di Messicanità, alzando le braccia per attirare l'attenzione, cominciarono a gridare le diverse direzioni dove operavano detti Centri. Molto presto ogni coordinatore divenne il fulcro di un piccolo vortice umano. Persone delle più varie condizioni, da Halcones fino a casalinghe annotavano direzioni e facevano ogni tipo di domande, cercando ottenere informazioni che facilitasse loro la localizzazione dei diversi Centri di Messicanità.

Una volta finita la tumultuaria sessione di domande domiciliare, Regina indicò che il giorno dopo, alle sei del pomeriggio, avrebbe luogo nella casa della calle de Alumnos una riunione alla quale dovevano assistere tutti i coordinatori dei centri, alla fine di stabilire le linee guida della loro partecipazione al nascente Movimento.

Regina e i suoi accompagnatori furono degli ultimi a lasciare Città Universitaria. Faceva ormai un bel po' che era calata la notte e nelle strade della capitale regnava un'anormale quiete. Mentre l'affollata volkswagen si muoveva lungo Avenida Revolucion, la giovane commentò:

-C'è una cosa che mi preoccupa moltissimo. Francamente io non avevo nel mio libretto ai signori di verde. Oggi siamo stati fortunati e non è successo niente, ma non voglio né pensare alla reazione che ci sarà quando effettuiamo il rituale in pieno Zocalo. Dobbiamo assicurarci in qualche modo che l'esercito non intervenga in nessuna delle due occasioni in cui lo Zocalo dovrà riempirsi con circa quattrocentomila persone, altrimenti questo sarà una spaventosa carneficina di gente. Non ci sarebbe modo di far sapere ai suoi amici quello che sta accadendo nel paese? -Regina formulò la domanda rivolgendosi a don Rafael.

Il Depositario della Tradizione Zapoteca si sorrise e grattandosi la fronte rispose con dubbioso tono:

-Forse sì e forse no, dipende.

-Dipende da cosa? -domandò don Uriel.

-Di a quale dei due lati dell'esercito gli spieghiamo quello che sta succedendo e di quale dei due lati dell'esercito sia quello che riesca ad imporre la sua volontà in questa situazione.

-Non capisco - disse Regina.

-Come in tutto quello che esiste, c'è una dualità nell'esercito, quello spiega le sue azioni e le sue persone. Ci sono militari, e ci sono sempre stati, che agiscono seguendo l'esempio dei Fanciulli Eroi che difesero il Castello di Chapultepec. Invece, altri hanno come modello Santa Anna. Quelli che si ispirano alla memoria dei Fanciulli Eroi stanno sempre con il popolo, lo soccorrono in inondazioni e terremoti. E il paese sta con loro nel momento delle sprangate. Fu così, insieme, come sconfissero i francesi quando questi avevano il migliore esercito del mondo. Ma ci sono anche militari dominati per lo spirito di Santa Anna, quegli solo cercano il suo guadagno personale, reprimono brutalmente qualsiasi richiesta popolare e sono ben in grado di tradire, come un certo Victoriano Huerta che assassinò il signor Madero, un buon uomo, alquanto ingenuo, che era diventato presidente.

-Questo significa che ci sono militari che potrebbero capire quale è il vero scopo di questo Movimento? -domandò Regina.

-È molto possibile.

-Allora dobbiamo parlare con loro, ma subito - affermò categoricamente la Regina del Messico -. Lei li conosce?

-Conosco alcuni di loro. Come vi ho detto, il sentiero zapoteca per arrivare ad essere messicano richiede nel suo inizio di un salto per la caserma. Lì lasciai molti amici, con il tempo alcuni sono arrivati a colonnelli e generali. Se lei vuole potremmo provare a parlare con loro.

-Certo che sì, non appena arriviamo a casa la prego di chiamarli.

Una sola telefonata bastò a don Rafael per mettere in moto il progetto di riunione. Dopo di parlare con il primo dei suoi amici militari - un generale di divisione oaxaqueño - questo si impegnò a promuovere una colazione nel suo domicilio per il giorno dopo, alla quale inviterebbe tutti i suoi compagni di armi di assoluta fiducia che riuscisse a localizzare nella città.

La casa dove si effettuerebbe la colazione si trovava a solo quindici minuti di percorso in auto da quella in cui viveva Regina. Proprio all'ora che gli era stata fissata, la Regina del Messico e i Quattro Guardiani della Tradizione bussarono alla porta. A quanto pare l'anfitrione aveva citato gli altri ospiti in anticipo perché, come lui stesso disse,  tutti erano presenti. Erano una ventina di militari di alta gradazione: generali e colonnelli esclusivamente.

Don Rafael era stato compagno nel Colegio Militar degli ufficiali lì riuniti. Con la sua solita gentilezza il Supremo Guardiano della Tradizione Zapoteca s'incaricò delle presentazioni. Non si concretò a citare i corrispondenti nomi ufficiali, ma in ciascun caso fu facendo riferimento a cui considerava le sue qualità più eccellenti. Concluse le presentazioni don Rafael espose brevemente il motivo della riunione: importanti eventi stavano per succedere nel paese, in virtù di trattarsi di eventi del tutto insoliti sarebbe stato molto facile che dessero luogo a sbagliate interpretazioni; cosa c'era di meglio, pertanto, che chi aveva al suo carico la responsabilità della conduzione di detti eventi procedesse a spiegarli.

In seguito Regina prese la parola. Con totale sincerità, senza cercare in nessun momento di occultare la realtà con veli che la facesse meno incredibile, parlò del Messico concepito non come una semplice entità geopolitica, bensì come un essere vivo e potente che giaceva prostrato in un profondo letargo, del quale bisognava risvegliarlo quanto prima, richiedendosi per questo di un rituale che solo lei potrebbe effettuare.

Allo stesso tempo che parlava, Regina percepiva chiaramente l'impressione che stava causando nei suoi ascoltatori. Questi si dibattevano tra la confusione e la comprensione. Anche se era evidente che sia la rottura del carcere della Luna come l'acqua dei cieli avevano propiziato condizioni particolarmente favorevoli per capire i temi dello spirito, lo era anche che l'inerzia derivata di innumerevoli secoli di considerare l'illusione come realtà, trasformava la ricezione di questa in un compito in estremo difficile.

Sforzandosi perché la sua spiegazione fosse la più chiara e concisa possibile, Regina menzionò i requisiti essenziali che si richiedevano per effettuare il rituale che inizierebbe il risveglio del paese, sottolineando la necessità di occupare due volte lo Zocalo con circa quattrocentomila persone. Ancora prima di concludere, la giovane sapeva già che aveva fallito nel suo tentativo di spiegare ai militari quello che stava succedendo, gli sguardi di questi riflettevano solo sentimenti di diffidenza e sconcerto. Finì dicendo che se le volevano fare domande procedessero a formularle e che dopo di sentirle tenterebbe di risponderle in una sola esposizione.

Si fece un teso silenzio, poi un generale di brigata inquisì in tono accusatore:

-Mi piacerebbe sapere se lei appartiene al Partito Comunista o seppur non facendo parte di questo partito professa quell'ideologia.

Un generale di divisione di grosse e brune fazioni intervenne per indagare.

-Estendendo la domanda precedente, vorrei ci dicesse quale è la sua ideologia: è lei di destra o di sinistra?

Un colonnello interrogò a sua volta:

-Quale è esattamente la sua posizione davanti al governo?

Un generale brigadiere interrogò a sua volta:

-Mi scusi signorina, ma francamente non posso credere a tutto quello che ha detto, considero che questi piantagrane studenteschi cercano solo destabilizzare il governo e...

La frase rimase senza finire. Un improvviso, imperativo gesto di Regina fece tacere al militare. Gli occhi della Regina del Messico lanciavano scintille e le sue fazioni rivelavano una profonda rabbia. Con parole dure e taglienti, Regina formulò severi rimproveri ai suoi ascoltatori: se era venuta davanti a loro era nella credenza che parlerebbe davanti ai legittimi eredi della tradizione di onore e gloria trasmessa per i Fanciulli Eroi. Si era sbagliata completamente. Per caso non capivano che la sopravvivenza stessa del Messico era in gioco? Il paese sì lo stava capendo e non c'era il minore dubbio che sarebbe venuto in massa quando arrivasse il momento di effettuare il rituale. L'unica cosa che mancava da sapere era se detto rituale si realizzerebbe pacificamente o tra fiumi di sangue; se questo ultimo succedeva, un'incancellabile macchia cadrebbe sulla storia dell'esercito.

Una volta finita la sua inferocita allocuzione, senza salutare nessuno Regina si diresse all'uscita. I Quattro Autentici Messicani la seguirono. Il padrone di casa raggiunse loro quando erano già in strada e senza pronunciare parola strinse le mani dei cinque. Non c'era solo nel suo sguardo pesare e sconcerto, luccichii di comprensione spuntavano nelle sue nere pupille. Regina presentì che all'interno di quell'uomo si liberava una dura e incompiuta battaglia.

Il quintetto salì sulla loro automobile e questa si allontanò, muovendosi lentamente a causa del pesante traffico.

-Credo che siamo rimasti senza fare colazione e senza possibilità di farci capire con i militari - affermò Regina con un pizzico di scoraggiamento.

Arrivarono a casa loro e sceglierono di non uscire quel giorno in strada, in modo di preparare adeguatamente la riunione che avrebbero nel pomeriggio con tutti i coordinatori dei Centri di Messicanità. Avevano concordato che dopo la riunione offrirebbero una cena ai partecipanti e si diedero al compito di preparare il cibo necessario, contando per farlo con la collaborazione di quei parenti degli Autentici Messicani che convivevano nella casa. Regina aveva imparato già a fare le tortillas e le confezionava a mano con grande rapidità. Si trovava pienamente dedita a questa attività quando suonò il campanello all'ingresso. La slanciata nipote di don Gabriel andò a vedere chi chiamava. Erano gli stessi venti militari di elevato rango con i quali si era sviluppato ore fa la frustrante intervista.

I nuovi arrivati furono introdotti nel soggiorno della casa e si accomodarono nei suoi antichi mobili stile Luigi XV. Un notevole cambiamento si era operato nello stato d'animo dei militari, i suoi visi non denotavano già né incomprensione né sfiducia. Il generale di divisione oaxaqueño parlò per tutti: quanto espresso da Regina li era arrivati alle fondamenta più profonde del loro essere, facendoli sentire che, in effetti, il destino del paese era in gioco e che essi non dovevano rimanere al di fuori degli eventi; l'unica garanzia che chiedevano per offrire la loro collaborazione era la sicurezza che nessun atto che realizzassero mettesse in pericolo le istituzioni governative, perché in nessun modo parteciperebbero al rovesciamento delle autorità che avevano giurato difendere.

Regina ascoltò piacevolmente soddisfatta le parole del generale e diede pronta risposta a queste ultime: non era mai entrato nei suoi piani rovesciare il governo, il quale, per inciso, non le piaceva per niente; tuttavia, finché non si innalzasse il livello della consapevolezza della popolazione - e questo non succederebbe finché il territorio stesso non risvegliasse - non aveva alcun senso togliere le persone che integravano il governo e sostituirle per altre, perché ciò sarebbe soltanto un semplice cambiamento di bande; il suo obiettivo - come aveva spiegato già - era molto più pretenzioso, si tentava di riuscire a risvegliare la coscienza stessa della nazione; raggiungendo questo tutto il resto sarebbe soltanto questione di tempo, e sicuramente prima di un secolo - cioè un istante in una dimensione storica - il Messico avrebbe recuperato la sacra missione che gli era propria, cioè, contribuire allo sviluppo dell'Universo trasformando in beneficio dell'umanità le più sottili energie provenienti del Cosmo,

I militari ascoltarono con profonda attenzione le cosmologiche spiegazioni della Regina del Messico. In seguito le chiesero su ciò che potrebbero fare per collaborare alla realizzazione di così elevati propositi, e lei rispose che non si trattava di fare bensì di smettere di fare, perché il prezioso aiuto che chiedeva era che impedissero loro la repressione del rituale che molto presto dovrebbe effettuarsi nello Zocalo.

Lo stesso generale brigadiere che segnalasse apertamente la sua incredulità a quanto affermato per Regina nel primo incontro, l'interrogò ora con gentile accento:

-Quando si realizzerà questo rituale?

-Non appena esista nel paese lo stato di coscienza adattato per effettuarlo; alla velocità a cui vanno le cose credo che sarà tra qualche settimane.

-Lei menzionò - intervenne un colonnello - che lo Zocalo sarebbe occupato due volte. Si tratta di un rituale o ci sono due?

-È uno, ma è diviso in due parti e per ciò è necessario occupare due volte lo Zocalo; tra l'altro,  non so se sarebbe chiedere troppo, ma sto pensando alla necessità di effettuare prima una prova generale in modo da avere la certezza che tutto andrà bene.

-Allora sarebbero tre volte quelle che dovrebbero occupare lo Zocalo? -domandò il generale oaxaqueño.

-Esatto - rispose Regina.

-Non sarà affatto semplice - affermò lo stesso generale con preoccupato tono -; avrete già notato  che il governo ha vero panico che si svolgano nella Plaza Mayor qualsiasi tipo di atti che non siano gli strettamente ufficiali; tuttavia, può avere l'assoluta sicurezza che tutti i qui presenti faremo tutto il possibile per riuscirci. Sembra che oggi ritorni da Guadalajara il signore presidente, da qui andremo a Los Pinos a sollecitare un'audizione. Gli diremo con tutta franchezza che ci opporremo fortemente a che siano represse le prossime tre grandi concentrazioni che si realizzeranno nella Plaza Mayor. Non potrebbe dirci più o meno le date in cui avranno luogo queste concentrazioni?

Regina rimuginò un istante, poi disse:

-La prova generale potrebbe effettuarsi a metà del mese e la prima parte del rituale alla fine, la seconda...

Il viso della Regina del Messico si illuminò all'improvviso dovuto ad un'improvvisa intuizione. Con allegro accento esclamò:

-Sapete una cosa? Credo che la migliore data per celebrare la seconda e definitiva tappa del rituale sia il 13 settembre, anniversario dei Fanciulli Eroi.

Un'espressione di compiacenza si lasciò vedere nelle fazioni dei venti militari. Regina proseguì parlando:

Tra l'altro, non per il gusto di fare critiche, ma perché non avete propiziato una maggiore venerazione alla memoria dei Fanciulli Eroi? Dovrebbe realizzarsi periodicamente in Chapultepec un atto di ricordo che fosse quasi un rituale.

-Quell'atto si effettua in Chapultepec ogni 13 settembre, nel nuovo monumento ai Fanciulli Eroi - rispose un anziano generale di divisione.

-Molto bene, solo che considero che non è sufficiente ricordare questo fatto una sola volta all'anno. Perché non effettuare l'atto commemorativo una volta al mese? Credo che si potrebbe fare tutti i giorni tredici alle dodici ore.

-Lei ha ragione - rispose l'anziano generale -, cercheremo di trasformare in realtà la sua proposta.

Tra cordiali espressioni di affetto, Regina salutò ognuno dei militari.

-Che tengano molta fortuna - augurò loro vedendoli partire verso la vicina residenza presidenziale.
Un ottimista entusiasmo prevalse nel corso della riunione a cui parteciparono i quaranta coordinatori dei Centri di Messicanità. Regina parlò a lungo, sottolineando gli importanti avanzamenti che per la realizzazione dell'obiettivo che li univa, rappresentavano i recenti sviluppi.

Il Movimento volto a riuscire a risvegliare al Messico aveva cominciato - affermò la giovane con ferma convinzione, ora quello che procedeva era non lasciarlo limitato alla capitale della Repubblica, bensì diffonderlo per tutto il paese; perciò, era quindi necessario che tutti i coordinatori dei Centri di Messicanità si avviassero alla provincia, con oggetto di organizzare nei diversi stati nuovi Centri che raggruppassero le persone più consapevoli di tutta la nazione. Questo lavoro doveva realizzarsi parallelamente e in nessun modo in opposizione o competenza con quella che intraprenderebbero molto presto i comitati di sciopero degli studenti, che, per logica, cercherebbero anche di estendere la loro organizzazione all'interno del paese.

Il Movimento - spiegò entusiasta la Regina del Messico - costituirebbe qualcosa di molto simile alla tempestiva nascita di un potente gigante di effimera esistenza. Il cervello e il cuore dell'enorme essere sarebbero rappresentati dalle organizzazioni studentesche che si stavano creando per dirigerlo. Corrispondeva ai Centri di Messicanità diventare lo spirito del Movimento, cioè, la parte invisibile che determinerebbe e darebbe incoraggiamento a tutte le loro azioni. Il tempo era molto stretto - concluse Regina - chiunque andasse all'entroterra doveva ritornare prima che concludesse il mese, al fine di poter partecipare alla prima tappa del rituale.

La riunione si prolungò fino a notte fonda. Buon umore, canzoni, risate, progetti ed arrivederci. Negli occhi di ciascuno dei coordinatori si apprezzava l'esistenza di quella luce interna, indefinibile e misteriosa che hanno posseduto sempre tutti quelli che hanno fatto parte dei movimenti spirituali che hanno trasformato - alzandola - la coscienza dell'umanità.

La mattina dopo i Quattro Autentici Messicani manifestarono, all'unisono, il loro disaccordo con la disposizione di Regina che anche essi dovevano incamminarsi a diffondere il Movimento all'interno del paese. A giudizio dei quattro il loro posto era accanto all'autentica Sovrana della Nazione e non dovevano allontanarsi dal suo lato per nessun motivo. Regina pensava diversamente. Il Movimento - ribadì - si trasformerebbe rapidamente di capitalino in nazionale. Se congiuntamente con la sua espansione fisica non si produceva un'altra di carattere spirituale, si avrebbe dato vita ad un semplice mostro, vigoroso ma inconsapevole. Per evitare che questo ultimo succedesse non bastava l'opera - preziosa ed altrettanto insostituibile - che realizzerebbero gli incaricati di fondare Centri di Messicanità su tutti gli stati della Repubblica; si richiedeva che questa opera fosse appoggiata e supervisionata da coloro che, dopo di lei, possedevano la massima responsabilità nella missione di riuscire a risvegliare il Messico.

Finalmente il quintetto si mise d'accordo: in rotazione un Autentico Messicano rimarrebbe sempre accanto a Regina, mentre gli altri tre viaggiavano all'interno del paese. Quello stesso pomeriggio, una volta tracciate le loro iniziali rotte di azione, partirono don Uriel, don Miguel e don Rafael. Il Supremo Guardiano della Tradizione Maya rimase nella casa della calle de Alumnos, aiutando dal centro del paese alla Regina del Messico nel suo compito di dirigere e coordinare sia gli sforzi che cercavano di aumentare al massimo il processo di risveglio del popolo, come il lavoro volto a riuscire ad insufflare un spirito al Movimento che detto risveglio aveva propiziato.
La notizia che la manifestazione che intestasse il rettore dell'UNAM non era stata soffocata motivò un enorme rabbia nel presidente Díaz Ordaz. Lanciando schiume di rabbia per la sua larga bocca, maledì per un bel po' l'incompetenza dei loro funzionari. In seguito dispose il suo ritorno per la mattina successiva alla città del Messico.

Tenendo conto i rapporti che gli proporzionasse via radio il segretario della Difesa, il fallimento dell'operazione era dovuto al fatto che gli Halcones non erano stato in grado di condurre i manifestanti fino al sito dell'imboscata montata dalle truppe. Perciò, prima di abbordare l'aeroplano che lo avrebbe trasportato alla città, il presidente diede istruzioni di localizzare il Tenebras e di portarlo alla residenza ufficiale di Los Pinos dove lo vedrebbe più tardi.

Il Tenebras era una vera e propria immagine della confusione. Non aveva argomento alcuno per spiegare lo strano atteggiamento assunto dei membri del gruppo paramilitare al suo carico, i quali avevano scelto di disertare in massa, senza nemmeno prendersi il disturbo di far conoscere le ragioni del loro comportamento. Qualcosa di veramente insolito e misterioso doveva essere successo in un certo momento della manifestazione - affermò afflitto trovandosi di fronte al presidente - e anche se ignorava le cause di quello accaduto, era fermamente deciso ad investigarle e a far pagare una grande rivalsa per il fallimento subito.

L'umore del primo mandatario non era il più adatto per cercare di svelare enigmi. Con aspra voce notificò al Tenebras che da quel momento era fuori delle casse dell'erario, con conseguente applicazione di questa stessa misura a tutti e ciascuno dei "suoi polli." La commissione di formare e dirigere un autentico gruppo di Halcones sarebbe data ad una persona che in realtà avesse fegato per questo compito.1

1. La commissione di integrare un nuovo gruppo di Halcones gli fu data a José González González, soggetto che acquisì successivamente una certa notorietà per la scrittura di un libro di memorie intitolato Lo negro del Negro Durazno.

Il secondo gruppo di Halcones non riuscì a costituirsi con la rapidità necessaria per intervenire negli eventi di 1968; la sua attuazione più "distaccata" ebbe luogo il 10 giugno 1971, ma quella è già un'altra storia.

Non appena il Tenebras lasciò l'ufficio presidenziale, entrò in questo il generale Marcelino García Barragán, segretario della Difesa. Il lic. Díaz Ordaz gli comunicò che aveva deciso di risolvere una volta per tutte il conflitto studentesco: decreterebbe lo stato di sito; l'esercito occuperebbe le scuole e sparerebbe senza tanti complimenti su chi, in qualsiasi parte della repubblica, cercasse di svolgere manifestazioni o qualche altro tipo di protesta.

Il presidente stava ancora dando istruzioni riguardo all'estrema durezza con cui dovevano comportarsi le truppe, quando il suo segretario personale gli consegnò una lista contenente i nomi di una ventina di militari di elevata gerarchia che sollecitavano un colloquio con carattere d'urgenza. Sorpreso per l'insolita richiesta, il primo mandatario mostrò l'elenco al segretario della Difesa, chiedendogli se aveva precedenti sull'argomento che i militari desideravano esporle. Il generale García Barragán rispose che ignorava completamente tale questione; poi, dopo aver letto l'elenco dei nomi, affermò:

-Riguarda alcuni dei migliori uomini di cui dispone l'esercito.

-Nessuno di loro fa parte dello Stato Maggiore Presidenziale - espresse il lic. Díaz Ordaz con diffidente tono -. Non vedo perché io debba riceverli, dovrebbero affrontare i loro problemi attraverso i canali tradizionali.

-Due di loro sono comandanti di Zona e tutti godono di un grande prestigio - indicò il segretario della Difesa -. Forse solo desiderano renderle palese la loro piena adesione in un momento così difficile.

-Va bene, li riceverò - borbottò il presidente -. Lei resti, così anche lei potrà sapere cosa vogliono.

I venti militari penetrarono nel privato presidenziale. Dopo salutare il lic. Díaz Ordaz e il generale Marcelino García Barragán - i quali si erano alzati per riceverli - rimasero formando un semicerchio intorno ad entrambi. Un generale di divisione di fazioni tipicamente zapoteche prese la parola. Cominciò ribadendo la lealtà che come soldati tenevano alle autorità costituite. Le sue prime dichiarazioni produssero una chiara soddisfazione nel morale del primo mandatario, ma questa si trasformò in stupore sentendo le successive dichiarazioni del generale.

Al di sopra dei transitori punti di vista personali - affermò il militare con forte tono - doveva prevalere il permanente e superiore interesse del Messico, e nelle presenti circostanze, detto interesse chiedeva un rispetto assoluto ai partecipanti di tre grandi concentrazioni che prossimamente si realizzerebbero nella Plaza Mayor.

Completamente sconcertato e senza riuscire a capire che cosa era esattamente quello che il generale oaxaqueño stava tentando di dirgli, il presidente domandò a questo di quali tre concentrazioni parlava. Il militare rispose che il vero proposito del Movimento che si era suscitato nel paese era di portare a termine tre grandi manifestazioni che culminerebbero nello Zocalo, dette manifestazioni sarebbero pacifiche e non comportavano alcun pericolo per il governo, motivo per cui, concluse, tutti i militari lì presenti si opponevano tassativamente che si effettuassero misure repressive contro tali concentrazioni.

Sentendo le esigenze contenute nelle parole del generale, il segretario della Difesa arrossì di rabbia e con adirate frasi cominciò a rimproverare gli ufficiali il loro atteggiamento, il quale - condannò - costituiva una vera e propria insubordinazione e la punizione per questa non sarebbe altro che l'arresto e il successivo processo.

Mentre il suo infuriato segretario vituperava gli ufficiali, il presidente cercò di chiarire mentalmente l'inaspettato problema in cui si trovava. Dovuto al suo carattere particolarmente diffidente e sospettoso, gli era del tutto impossibile supporre che quei venti militari avrebbero osato sfidare la sua autorità senza avere un sostegno che si mobiliterebbe immediatamente se si procedeva al loro arresto. Stava affrontando pertanto - concluse allarmato -  un tentativo di colpo de stato i cui veri promotori dovevano essere altri e non gli ufficiali che aveva davanti a sé.

Una volta giunto a questa conclusione, il primo mandatario aveva dedotto di conseguenza che quello che meno gli conveniva era ordinare in quell'istante l'arresto degli insubordinati militari, perché questo scatenerebbe automaticamente gli eventi. Quello che procedeva - se è che era ancora possibile - era cercare di guadagnare tempo, per avere così l'opportunità di verificare quali erano i fili che integravano la cospirazione e dopo procedere a distruggerli eliminando i suoi autentici dirigenti.

Adottando un conciliatorio atteggiamento che era ben lontano dall'essere onesto, il lic. Díaz Ordaz interruppe l'accesa pappardella del generale García Barragán e con riposato tono affermò che trovava molto ragionevole la richiesta che gli era stata formulata; potevano, pertanto, andare via con la certezza che non sarebbero soffocate nessuna delle tre prossime concentrazioni che porterebbero a termine nello Zocalo coloro che partecipavano al Movimento.

Un'espressione di sollievo si lasciò vedere in venti militari fazioni. Un generale di divisione di avanzata età manifestò la sua gratitudine e compiacenza con quanto espresso dal presidente, ribadendo a questo la fedeltà che gli dovevano come soldati. Il lic. Díaz Ordaz dissimulava la sua rabbia nascondendola dietro una fredda cortesia. Il generale García Barragán rimaneva muto, rimuginando la sua collera. Gli ufficiali salutarono ed marciando in gruppo uscirono de Los Pinos.
I venti militari di alta gradazione che si intervistarono con il presidente Díaz Ordaz il 3 agosto 1968 vinsero, senza sparare un solo colpo, un'importante battaglia. Abile intuizione rispetto a quali erano in realtà gli interessi del loro paese e ferma determinazione di agire secondo a questi furono le loro armi. Il loro sorprendente ed opportuno intervento riuscì ad ammanettare le aggressive intenzioni del governo, proprio nel momento in cui queste stavano per scatenarsi al massimo. Naturalmente, il fatto che il primo mandatario giudicasse che temporaneamente non potrebbe utilizzare l'esercito come strumento di repressione, non diminuì di una virgola la sua intenzione di fare tutto il possibile per ottenere la distruzione del Movimento. Quello che succedé fu che per un tempo - che avrebbe di risultare inestimabile - l'attenzione e l'energia del presidente lasciò di essere centrata nel suo affanno di esercitare una violenza massiccia e generalizzata, per concentrarsi su un'ossessiva ricerca dei nascosti dirigenti che supponeva dovevano trovarsi dietro il Movimento.

Mentre il lic. Díaz Ordaz sospettava anche della sua ombra o ordinava indagine dopo indagine dai suoi più stretti collaboratori - stimando che molto probabilmente era che fosse uno o vari di questi quelli che promuovevano il Movimento per impadronirsi del potere - una hostess olimpica lavorava instancabile risvegliando la coscienza di tutti coloro si incrociavano sulla sua strada. Il ricordo di ciascuno di tali incontri si trasformerebbe in indimenticabile ricordo in tutti quelli che ebbero la fortuna di conoscere questa hostess.