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L'acqua dei cieli 


Ascoltando la richiesta che le era fatta, le fazioni di Regina soffrirono un'istantanea trasformazione. La sua sorridente espressione abituale lasciò posto ad un severo volto. Con voce di grave tono disse laconica:

-Per favore, andiamo tutti!

Unendo l'azione alla parola la giovane intraprese veloce corsa. Coloro che l'accompagnavano la seguirono senza vacillazione alcuna. In pochi secondi avevano oltrepassato le prime file di manifestanti e si avvicinavano affrettati verso il sito che fosse loro fissato. Il posto abbandonato nella colonna dal gruppo di Regina fu presto occupato per un compatto contingente di soggetti possessori di feroce sguardo e sincronizzati movimenti. Erano gli Halcones, i quali rivelavano attraverso il suo atteggiamento la ferma decisione di non fallire in quella che era una seconda opportunità di compiere loro funzioni. Un'altra volta cominciarono a inneggiare come un solo uomo la parola "Zocalo." E un'altra volta questa parola sembrò essere dotata di un sorprendente potere di massiccia mobilitazione, perché subito migliaia e migliaia di voci espressero il loro sincero desiderio di marciare quanto prima fino al posto che detta parola indicava.

Non appena arrivarono all'incrocio di viale segnalato dal rettore, l'Hostess e i suoi quattrocento fedeli formarono una barriera che ostacolava il transito di persone e veicoli in quel sito. La Regina del Messico si mise al centro della prima fila e i Quattro Autentici Messicani - due ad ogni lato - rimasero vicino a lei. Tutti i membri del gruppo si presero delle mani intrecciando le loro braccia davanti a sé.

L'immensa colonna si avvicinava. In prima linea proseguivano ancora il rettore e i funzionari universitari, ma era chiaro che essendo la testa del gigantesco organismo, non controllava già né i sentimenti né i propositi di questo. Il desiderio di portare la marcia fino al centro storico del paese aveva unificato la volontà dei manifestanti. La consegna "allo Zocalo per Coyoacan" si comunicava di contingente in contingente, provocando un generalizzato entusiasmo. Gli Halcones sorridevano piacevolmente soddisfatti, convinti che stavano raggiungendo il loro obiettivo di condurre un gregge umano al suo appuntamento con la morte.
  
L'avanzata della manifestazione arrivò all'incrocio dei viali Coyoacan e Felix Cuevas. In ognuno dei tratti del viso dell'ingegnere Barros Sierra poteva leggersi l'intensa preoccupazione che lo dominava. Il suo angosciato sguardo percorse i membri dell'appena formata barriera di contenimento e si fermò nella figura dell'Hostess. Lei lo osservava a sua volta. Gli sguardi di entrambi si incontrarono ed alla mente del rettore arrivò un tranquillante messaggio trasmesso senza aver pronunciato parola. Il messaggio parlava della supremazia delle forze dello spirito, dell'esistenza di legittime autorità e della piena fiducia che a queste deve concedersi. Sentendosi riconfortato nel più più profondo del suo essere, l'ingegnere Barros Sierra abbozzò un gesto di saluto e girò a destra per iniziare la marcia di ritorno a Città Universitaria.

Ed allora arrivarono gli Halcones. Un'espressione di sadica allegria si lasciò vedere nei loro visi notando che si formava una barriera con la pretesa di ostacolar loro il passo. La possibilità di dare libero sfogo ai suoi istinti aggressivi produceva in essi una genuina gioia. D'altra parte - e giudicando solo per quello che vedevano - i membri del gruppo paramilitare conclusero che quella barriera solo rappresentava un spregevole ostacolo nella loro avanzata, perché i suoi rivali non li superavano in numero ed avevano nelle loro file una considerabile percentuale di donne.

Nello stesso momento di lanciarsi all'attacco, i robusti giovani di feroce sguardo ulularono di nuovo il suo grido di guerra:

-Halcooones!

Dai tempi del regnato di Cuauhtemoc, in Messico non era tornato a pronunciarsi mai un autentico ordine, cioè un mandato proveniente di un'autorità sacra, capace, pertanto, di regolare con la sua sola voce il funzionamento delle energie che compongono il Cosmo. Avvicinandosi gli Halcones con l'evidente intenzione di aggredirla a lei e il suo gruppo, la Regina del Messico pronunciò con forte voce un'ordine, contenuta in soltanto due lettere che esprimevano in modo indiscutibile verso dove dovevano incamminarsi tanto gli aggressori come i manifestanti:

-C.U.!

Come se avessero sbattuto improvvisamente con un invisibile muro, l'avanzata degli Halcones si fermò. Il passaggio da una veloce corsa per una improvvisa immobilità fu un cambiamento così brusco che molti non riuscirono a tenersi in piedi e rotolarono per terra. Espressioni del più completo stupore si riflettevano in tutti i visi. Le due lettere pronunciate dalla Sovrana della Nazione non solo avevano avuto l'effetto di paralizzare gli attaccanti, anche avevano propiziato che questi dovessero affrontare ora la più dura delle prove a cui può sottomettersi un essere umano: il confronto con sé stesso.

In modo simile alla visione di un film, in grado di contenere in alcune immagini gli aspetti più eccezionali da ogni esistenza, ad ognuno degli Halcones gli fu dato contemplare e valutare quello che avevano fatto con le loro vite, così come il valore reale che avevano le loro personalità a seconda del grado di sviluppo spirituale raggiunto. L'impressione risultante del rigoroso giudizio interno fu terribile. Sfigurate fazioni ed esausti corpi. Mani senza forza lasciavano cadere le bacchette di bambù e negli occhi di molti spuntavano le lacrime.

Pienamente consapevole dell'intensa sofferenza che dominava gli esausti giovani, Regina ruppe l'intreccio di mani che la univa ai loro amici e con le pupille lanciando fulgori di gentile comprensione si avvicinò agli Halcones, invitandoli con espressivi gesti ad unirsi al loro gruppo. Quell'invito era molto di più che un generoso gesto, portava implicito la possibilità di una redenzione. Così l'intuirono i frustrati attaccanti posseduti di sinceri sentimenti di pentimento. Con vacillante camminare a causa dell'inenarrabile esperienza che avevano appena sofferto, gli Halcones percorsero gli scarsi passi che li separavano dalla barriera costituita per i membri dei Centri di Messicanità, fondendosi immediatamente nelle loro file e intrecciando le sue mani con loro.

Le innumerevoli contingenti che integravano la manifestazione cominciarono a fare il loro arrivo all'incrocio degli multi-citati viali. La loro decisione di non ritornare all'Università e proseguire la loro avanzata verso il centro della città era, apparentemente, incrollabile. Così l'esprimevano all'unisono più di duecentomila persone che non cessavano di ripetere con ostinata insistenza la solita parola:

-Zo-ca-lo!  Zo-ca-lo! Zo-ca-lo!

Vedendo arrivare di fronte a lei i manifestanti chiedendo di passare, Regina pronunciò nuovamente le due iniziali che designavano il posto dove al suo giudizio questi dovevano incamminarsi. Coloro che l'accompagnavano apportarono le sue gole in un coro che ripeteva entrambe le lettere allungando la sua pronuncia.

-Cee Uu! - Cee Uu!- Cee Uu!

Ottocento e una voci si affrontavano a più di duecentomila, la disputa potrebbe sembrare disuguale, ma in realtà non lo era, perché una delle voci del gruppo minoritario apparteneva alla Regina del Messico, la quale stava pronunciando quelle due lettere non come semplice suggerimento bensì come inappellabile mandato.

Una radicale trasformazione si operava nello stato d'animo dei diversi contingenti che continuavano ad arrivare al posto dove si trovava la barriera. Confrontando il loro desiderio di andare allo Zocalo con l'ordine di ritornare a Città Universitaria, ognuno dei manifestanti capiva all'improvviso il mortale pericolo che rappresentava il cercare di dare soddisfazione al suo desiderio, così come quanto sensata era l'ordine che stava ricevendo. Senza un attimo di esitazione, i nutriti contingenti si voltavano e si dirigevano a Città Universitaria. Fu allora quando cominciò a piovere in cascate di autentico diluvio.

I peggiori ed i migliori per lei si uniranno 
e l'acqua dei cieli a tutti pulirà.

Senza dubbio non si trattava di un semplice acquazzone. Soltanto pochi istanti fa il Sole risplendeva e nessuna nuvola si affacciava nell'orizzonte. Improvvisamente, con incredibile rapidità, il cielo cominciò a coprirsi di grosse nuvole. Istanti dopo si scatenava una pioggia densa di intensità raramente vista. E non pioveva solo abbondantemente nella città del Messico, in realtà non c'era stato della repubblica in cui quel pomeriggio non registrasse una precipitazione pluviale ben superiore alla solita.

Seppure per la sua sola intensità ed estensione le acque che bagnavano al paese risultavano eccezionali, lo erano molto di più per gli effetti interni che provocavano nei loro abitanti. Una misteriosa ma molto tangibile sensazione di purificazione si produceva su quanti erano toccati dalla pioggia; detta sensazione era così piacevole che innumerevoli persone, dopo rimanere bagnate, entravano alle case di familiari, amici o semplici vicini, per convincerli che uscissero ad inzupparsi. Il paese intero stava ricevendo un bagno purificatore di trascendentali conseguenze.

La manifestazione, vortice in quei momenti dell'acqua dei cieli, continuava la loro avanzata. "Ora non andiamo camminando, andiamo nuotando", gridavano numerosi studenti. In modo del tutto particolare i partecipanti nell'atto di protesta presentivano che qualcosa di realmente straordinario stava succedendo. Insieme al temporale di acqua si abbatteva su di loro un turbine di emozioni: rimpianto per gli errori commessi, desiderio di raggiungere un vero superamento, chiara coscienza della loro propria realtà e di quella del loro paese. Nessuno abbandonava le file nonostante la intensità della tempesta. La manifestazione non era già unicamente un gigantesco organismo, ora possedeva la coscienza di rappresentare una specie di segno che marchiava l'inizio di un evento storico.

L'acqua dei cieli stava anche inzuppando le truppe che aspettavano impazienti l'arrivo dei manifestanti per mitragliarli. Come succedesse con studenti e professionisti, soldati ed ufficiali avrebbero risultato profondamente affettati per l'influsso di quella pioggia singolare. Non appena iniziava il temporale, quando arrivarono davanti ai comandanti dell'operazione varie sentinelle per informare che coloro chi si aspettavano non sarebbero arrivati, perché erano di ritorno verso Città Universitaria. Tenendo conto il proposito che aveva motivato la mobilitazione dell'esercito - punire l'insolenza di chi osavano protestare contro il governo - la logica reazione dei militari avrebbe dovuto essere aver inseguito i manifestanti e procedere al loro annichilimento. Tuttavia, un profondo cambiamento si era avvenuto nello stato d'animo tanto degli ufficiali come delle truppe: improvvisamente tutti si chiedevano perché dovevano ammazzare gente disarmata che non stava commettendo errore alcuno. Attenendosi strettamente alla lettera delle ordine ricevute, le quali indicavano loro che dovevano aspettare l'arrivo della manifestazione ed aprire fuoco su questa, i comandanti decisero che in vista che la marcia di protesta non era arrivata fino a dove loro l'aspettavano, potevano disporre il ritorno delle truppe ai loro quartieri.

Ci fu una persona che neanche l'acqua dei cieli raggiunse a spruzzare. Dando inizio il torrenziale acquazzone, il Tenebras si rifugiò frettoloso all'interno dell'edificio che trovò più vicino. Un malevolo istinto gli fece intuire che quella pioggia non aveva niente di ordinario e che il suo contatto con essa potrebbe comportargli conseguenze che stava molto lontano da desiderare. Non uscì dal suo rifugio fino a constatare che la pioggia aveva cessato del tutto. Attonito, si rese conto che le truppe stavano procedendo a ritirarsi. Interrogando ai militari circa il motivo della loro condotta, questi gli risposero che avevano relazioni confermate che la manifestazione non arriverebbe fino a dove si trovavano, ma si incamminava già verso Città Universitaria. Il Tenebras replicò che quello che procedeva era correre per raggiungere i manifestanti ed ammazzarli dove si trovassero. Si suscitò una violenta discussione. Vari ufficiali intervennero nella disputa e presto uno di loro mise fine alla stessa. Tirando fuori la sua pistola collocò il cannone dell'arma nella tempia dell'ex narcotrafficante, indicandogli che se in cinque secondi non spariva dalla sua vista premerebbe il grilletto.

Il massimo dirigente degli Halcones ebbe bisogno anche di meno tempo di quello concesso per rimanere fuori della portata visuale del adirato militare. Umiliato e furioso, si giurò a sé stesso di avere qualche giorno la sua vendetta di colui o coloro che fossero i responsabili che quell'operazione repressiva - in cui aveva cifrato grandi speranze per riuscire a farsi di un solido prestigio davanti al presidente - concludesse in un clamoroso fallimento.

Regina e il suo duplicato gruppo rimasero costituiti in insormontabile barriera fino a che videro passare davanti a loro l'ultima fila di manifestanti. Lasciando scappare un sospiro di sollievo, la giovane affermò:

-Bene, ora sì anche noi possiamo andare a C.U. Andiamocene.

I peggiori e i migliori, confusi in un solo gruppo, marciarono dietro la Regina del Messico. Aveva smesso di piovere, ma le strade erano veri fiumi in cui ogni passo produceva un rumoroso tonfo. Malgrado i disturbi derivati dell'eccesso di acqua nell'ambiente, numerosi curiosi persistevano nel continuare alle intemperie osservando la sfilata. E ora sì, Regina considerò arrivato il momento di esternare a voce alta il suo fervente anelito. In tono gentile ma energico, cominciò a gridare:

-Popolo sveglia!. Popolo sveglia!. Popolo sveglia!

Il risultato dell'esortazione proferita per la legittima Sovrana della Nazione non si fece aspettare. Gli osservatori smettevano di esserlo e si incorporavano immediatamente alla manifestazione. Impiegati e casalinghe, domestiche e venditori, muratori e disoccupati, continuavano a formare un gruppo dopo l'altro che si univa alla sempre crescente colonna. Si trattava, nell'immensa maggioranza dei casi, di persone che ignoravano il motivo per cui si realizzava quell'atto di protesta - vale a dire, per la violazione dell'Autonomia Universitaria - e che ancora nell'ipotesi che qualcuno avesse provveduto a spiegarglielo, molto probabilmente non per ciò avrebbero smesso di rimanere indifferenti. Nonostante, qualcosa di molto prezioso e profondo aveva risvegliato improvvisamente nel loro interno: un senso di responsabilità che copriva quanto succedeva nel loro paese, in modo tale che ora si sentivano obbligati a partecipare attivamente a tutte le cause giuste che sullo stesso si promuovessero.

Ingrossata da più di cinquantamila persone, la manifestazione ritornò al suo posto di origine. Inzuppati, esausti e felici, i suoi membri furono raggruppandosi nella spianata del Rettorato. Nonostante la loro stanchezza proseguivano cantando e proferendo ovazioni. Quando furono riuniti tutti i contingenti, l'ingegnere Barros Sierra arrivò fino al posto in cui erano posizionati i microfoni. Una calda ovazione sorse dalla variopinta moltitudine nel salire il rettore al piccolo palco. Con voce serena e tranquilla, molto diversa al tono di controllata tensione che utilizzasse dando inizio alla manifestazione, l'ingegnere Barros Sierra espresse:

Compagni:
Voglio stimare che queste affettuose espressioni si dirigono alla nostra istituzione, non alla mia persona che per una stravaganza del destino si trova di fronte ad essa. 
Mai nella mia vita mi ho sentito più orgoglioso di essere universitario, perché nessuno, in nessun momento, ha avuto la grave responsabilità di essere di fronte ai problemi, i conflitti, ma anche i trionfi dello spirito e dell'energia, dimostrata oggi come mai prima. Avete risposto meravigliosamente e ben oltre di quanto tutti avrebbero potuto aspettare.
Non solo il numero, è la qualità di questa manifestazione imponente quella che deve renderci orgogliosi a tutti quanti. 
Non posso trascurare la presenza, insieme a noi, delle istituzioni sorelle: del Politecnico, del Colegio del Messico e di varie altre ancora. Abbiamo espresso, non solo davanti al nostro popolo, bensì davanti a tutto il mondo che le nostre istituzioni di educazione superiore sono in grado di autogovernarsi, di decidere il loro destino, di lavorare per lo sviluppo giustiziere del paese, in un modo che risponde agli sforzi che il popolo del Messico fa per sostenere le nostre istituzioni. 
Ovviamente, non finisce la nostra lotta con questa gloriosa giornata di oggi, ma abbiamo dimostrato la forza che ha l'uso delle vie della ragione, fatta salva l'energia con la quale bisogna sostenere le nostre convinzioni più radicate. Per quel motivo la nostra lotta, d'ora in avanti, si svolgerà nelle nostre assemblee, nei nostri raduni, nelle nostre aule, nei nostri laboratori, lavorando, come sempre, per il progresso del Messico. Signori, non posso che aggiungere questo: 
Evviva la nostra Università! Evviva il Politecnico! Vivano le istituzioni sorelle! Ma soprattutto, Viva Messico!
Tutti i presenti risposero con sonora ed emozionata acclamazione alle parole del rettore; concludendo queste si lasciò sentire la melodiosa voce di Regina intonando l'Inno Nazionale. Da quando lo imparasse da piccola, di labbra di sua madre, era questa la prima occasione in cui la Regina del Messico cantava a voce alta l'inno del suo paese; in molteplici occasioni lo aveva ripassato mentalmente, ma senza osare mai pronunciare la sua lettera per considerare che questa costituiva qualcosa di sacro, e per tanto, solo si doveva dire quando ci fosse un motivo che lo meritasse.

I Quattro Autentici Messicani, Il Testimone e tutti gli accompagnatori di Regina unirono le loro voci a quella della Regina del Messico. Come incontenibile incendio il crescente coro si estese abbracciando in secondi tutti i presenti. Trecentomila persone vibravano di emozione, scoprendo nel loro Inno Nazionale nuove sonorità e segrete interpretazioni. Fino al più insensibile degli esseri avrebbe percepito che in quel luogo e in quel momento stava succedendo qualcosa di realmente eccezionale e trascendente.

Conclusa l'interpretazione dell'inno, la moltitudine cominciò a disperdersi. Tutti i partecipanti avevano l'impressione di aver presenziato l'inizio di un evento storico, sebbene quasi nessuno avrebbe potuto spiegare né le cause né tanto meno prevedere le conseguenze che deriverebbero da detto evento. Regina definì in poche parole la cosa veramente fondamentale degli eventi di quel pomeriggio:

-Oggi ha iniziato il Movimento che avrà lo scopo di fare in modo che il Messico risvegli.