Capitolo VI

La prova dell'aria 
o la Manifestazione del Silenzio



Il vero obiettivo di questo Movimento è il di far si che 
il Messico risvegli

ANTONIO VELASCO PIÑA
Regina


A tocchi del passato il presente si sentirà.


Hostess in azione


La signora Teresa Lopez vedova di Romero e il lic. Horacio Guajardo non si conoscevano e non dovrebbero farlo mai; tuttavia, il momento decisivo della vita di entrambi succedé simultaneamente, quando i due viaggiavano nello stesso sgangherato autobus urbano che avanzava lanciando abbondante monossido di carbonio per le strade del Messico.

Nata, cresciuta e invecchiata nel quartiere di Tepito, tutta l'esistenza della signora Lopez era trascorsa in un'incessante lotta contro la povertà, il vizio e gli abusi delle autorità. E in quella nebbiosa mattina d'agosto, proprio il giorno in cui aveva compiuto i quaranta otto anni di età, la tepitense giunse alla conclusione che il prolungato combattimento contro i suoi tre vecchi nemici aveva finito in un totale fallimento. Era più povera che mai, suo marito era appena morto pochi giorni prima vittima di una cirrosi generata da un incurabile alcolismo, e suo figlio era in prigione, sgradito luogo a cui era finito a seguito di una rapina effettuata per ottenere risorse con cui soddisfare il suo debole per le droghe. Come se tutto questo non bastasse, agenti doganali e giudiziari continuavano a prendere provvedimenti contro di lei per il fatto di aver avuto, molti anni fa, un piccolo posto dove vendeva articoli di contrabbando.

Una volta riconosciuta la sua totale sconfitta nella vita, la signora Lopez decise che quello più opportuno era porre fine alla sua esistenza. Riunendo i pochi soldi che aveva si diresse alla farmacia più vicina con l'intenzione di acquisire una buona dose di barbiturici. Non è mai entrata al negozio, improvvisamente pensò che il suo acquisto poteva destare sospetti nel farmacista, vecchio conoscente della famiglia.

Prendendo il primo autobus che arrivava dall'angolo, percorse nel veicolo una considerevole distanza, scendendo in una sezione dalla città che era per lei del tutto sconosciuta. Dopo di camminare pochi isolati trovò una farmacia ed entrando in questa acquisì il prodotto desiderato. Stringendo fortemente la borsetta che conteneva il flacone di sonniferi, la signora Teresa Lopez vedova di Romero prese l'autobus che l'avrebbe portata di ritorno al quartiere dove aveva vissuto sempre.
Il lic. Horacio Guajardo era prossimo a compiere quaranta tre anni di età. Nato nella città di Monterrey, aveva soggiornato in essa fino a concludere la preparatoria, trasferendosi poi al Distretto Federale a l'effetto di studiare nell'UNAM e diventare avvocato, professione che praticamente non arrivò mai ad esercitare, perché da studente cominciò a praticare il giornalismo e a lottare in favore delle cause popolari. Di convinzioni cristiane, aveva incanalato le sue attività a favore degli oppressi attraverso la creazione di organizzazioni sindacali, ispirate nei postulati sociali delle encicliche papali. Tale era il caso del FAT (Fronte Autentico di Lavoro) di cui era stato membro fondatore ed attivo militante. Emarginato della la stampa più importante per la sua definita posizione antigovernativa, riusciva a sussistere grazie alle entrate che otteneva come direttore di una modesta rivista cattolica e come professore dell'Università Iberoamericana.

Cominciando il conflitto studentesco, il lic. Guajardo presentì che si apriva per il paese una possibilità di rinnovazione e incoraggiò la speranza che le due istituzioni dove lavorava collaborerebbero in una certa misura in favore del Movimento. Ben presto si rese conto come fossero infondate le sue supposizioni. I proprietari della rivista erano persone profondamente tradizionaliste e si rifiutarono a pubblicare in questa un approccio degli eventi che comportasse critiche alle autorità. All'Università Iberoamericana assistevano principalmente giovani di famiglie ricche, tra cui molti figli di funzionari pubblici. I giorni passavano e non si osservava tra gli alunni di detta Università il minore interesse per unirsi al Movimento.

L'atteggiamento dei proprietari della rivista e degli alunni della "Ibero" portò al lic.Guajardo alla decisione di dimettersi quanto prima dei suoi due lavori. Non aveva idea di come avrebbe ottenuto in futuro i mezzi necessari per il suo sostegno personale e familiare, ma li sembrava impossibile continuare a collaborare con istituzioni evidentemente cieche agli importanti fatti che stavano accadendo. Presa la sua determinazione, parlò con i proprietari della rivista presentando le sue dimissioni alla direzione della stessa. Gliela accettarono e gli diedero un assegno per l'importo di tre mesi di stipendio, magra compensazione per i suoi lunghi anni di servizio. Dopo aver incassato l'assegno per contanti, il lic. Guajardo prese un autobus che lo condurrebbe al proprio domicilio. Pensava di andare quello stesso pomeriggio all'Università Iberoamericana a dare le dimissioni.
La signora Teresa Lopez vedova di Romero la vide ancora prima che salisse all'autobus. L'Hostess era nell'angolo, accompagnata da un anziano vestito con abiti campagnoli. Attraverso il finestrino del veicolo la signora Lopez poté osservare a breve distanza la figura della giovane. L'Hostess era di media altezza e ben proporzionato corpo. Una lunga, nera e sciolta chioma che le arrivava quasi alla vita. La sua carnagione era bruna e sembrava possedere una speciale lucentezza e freschezza. Tutta la sua persona trasudava salute e dinamismo.

Il lic. Horacio Guajardo osservò la salita all'autobus di due persone di uniche caratteristiche. Una era un uomo di età avanzata che sembrava uscito di una estela maya. L'altra era una giovane di straordinaria bellezza che portava la divisa delle hostess olimpiche. Il suo volto era di caratteristiche ovali e fini lineamenti. Nei suoi occhi, grandi e profondamente azzurri, ardeva un fuoco che produceva scintillanti fulgori di potente energia. Un raggiante sorriso le illuminava il viso, ispirando fiducia ed affetto fin dal primo momento.

L'Hostess non dovette fare nulla per attirare l'attenzione dei passeggeri, gli occhi di tutti i presenti si mantenevano fissi in lei rallegrandosi nell'osservare ciascuno dei suoi movimenti, i quali erano così graziosi ed armoniosi che superavano la plasticità delle più sofisticate posizioni delle danze classiche. E poi l'Hostess cominciò a cantare in una lingua strana e incomprensibile. La sua voce possedeva incredibili tonalità e senza sforzo alcuno poteva percorrere tutti i livelli della scala musicale. A volte somigliava il ronzio di un ruscello e in altri il rombo di una tempesta. I passeggeri rimanevano statici ed affascinati. L'autista aveva fermato l'autobus per così godere di più a suo agio dell'inaspettato spettacolo.

Al termine della sua canzone, la giovane cominciò a esporre con fermo tono: Messico affronta una prova di cui dipendeva la sua sopravvivenza; il Movimento appena iniziato ed al quale appoggiavano non solo gli studenti, bensì un crescente numero di persone, mirava a risvegliare il paese; chiedeva di tutti comprensione ed aiuto per il Movimento, dovendo darsi questo secondo le circostanze e possibilità di ogni persona. Per finire, l'Hostess manifestò che stava raccogliendo fondi per le spese del Movimento, per cui ringrazierebbe qualsiasi contributo per quanto piccolo fosse.

Il lic Horacio Guajardo occupava uno dei sedili anteriori del bus; ascoltando la richiesta della giovane estrasse della sua tasca l'intero importo del risarcimento che aveva appena ricevuto con motivo delle dimissioni del suo rapporto di lavoro, e senza esitazione alcuna, lasciò cadere la spessa mazzetta di soldi nel largo sacchetto di stoffa che portava l'Hostess. Questa osservò con profonda sorpresa il generoso contributo e fissando il suo espressivo sguardo nel donatore inquisì:

-Senta, che non è molto?

-No, non lo credo, al contrario, è ben poco.

-Che lavoro fa?

-Sono insegnante dell'Università Iberoamericana, ma presto smetterò di esserlo.

-E questi ragazzi, perché non sono entrati al Movimento?

-Questo è precisamente il motivo per cui questo pomeriggio smetterò di essere insegnante di questa Università, perché non ho nessuna risposta per questa domanda.

-Allora perché non fa innanzitutto la domanda agli studenti prima di licenziarsi?

-Va bene, gliela farò.

L'aiutante proseguì raccogliendo donativi al tempo che si spostava verso la parte posteriore del veicolo. In uno degli ultimi posti si trovava la signora Teresa Lopez vedova di Romero. Vedendo di fronte a lei alla giovane, la vedova estrasse della sua borsetta il flacone di sonniferi e glielo consegnò dicendo:

-Vorrei poterle dare qualcosa di valore, ma questo è già tutto quello che ho. L'Hostess prese tra le sue mani il flacone e lo diede al suo accompagnatore. Le fiamme azzurre che costantemente sgorgavano degli occhi della giovane osservarono con cura la mappa di sofferenze registrata nel viso della vedova. Con tono gentile ed affettuoso affermò:

-Se questa è già l'unica cosa che ha, allora giusto è che cominci a ricevere. Prenda - dicendo questo consegnò alla vedova la borsa che conteneva i donativi -, sono sicura che le servirà a qualcosa. Buona fortuna.

Voltandosi l'Hostess si diresse verso la porta di uscita. L'anziano di fazioni maya non si allontanava mai di lei. I passeggeri proruppero in un fragoroso applauso. Di un agile salto la giovane abbandonò l'autobus e questo proseguì la sua marcia.

Un'ora più tardi la signora Teresa Lopez vedova di Romero formalizzava in un importante stabilimento commerciale l'acquisto di una macchina da cucire. Soddisfaceva così un vecchio e sempre posposto desiderio. Era sicura che con quel strumento di lavoro riuscirebbe a sussistere, decorosamente, il tempo che le restasse di vita.

Come aveva proposto l'Hostess il lic. Horacio Guajardo approfittò sua classe di quel pomeriggio per chiedere ai suoi studenti il motivo per cui non si avevano aderito al Movimento. La domanda produsse una reazione a catena di eventi del tutto inusuali nella Ibero. Per cominciare, i giovani si sono resi conto che non avevano nemmeno preso in considerazione la possibilità di unirsi o non al Movimento. La ragione per la sua indifferenza veniva rivelata ora con strema chiarezza: la ricchezza di cui godevano aveva generato in essi un egoismo che faceva loro insensibili ai problemi del loro paese. Riconoscendo la mancanza, cercarono con spirito sincero emendare il loro errore. Fu pertanto convocata un'assemblea e cominciarono i dibattiti: questi erano lenti e indecisi, simili ai passi di un cieco avanzando su accidentato terreno. Tuttavia, la volontà di partecipare agli eventi che scuotevano la nazione finì per imporsi. Diversi insegnanti si solidarizzarono con l'atteggiamento assunto dai suoi studenti. Si integrò una commissione di studenti e professori - presieduta per il lic. Guajardo - incaricato di elaborare un manifesto di sostegno al Movimento. Due giorni dopo appariva il corrispondente comunicato in due importanti quotidiani capitalini. L'analisi che si faceva in detto manifesto dei mali che affliggevano il paese risultava in estremo significativo ed azzeccato. Non capita spesso che i membri delle classi benestanti riconoscano che il godimento delle loro ricchezze deriva, comunemente, dell'esistenza di enormi ingiustizie sociali.

È nostra convinzione che non si tratta di una crisi sociale temporanea, bensì di una manifestazione di grandi problemi nazionali irrisolti, o insufficientemente tutelati. Ad esempio: 1. L'ingiusta distribuzione del reddito nazionale. 2. Il marginalismo e la discriminazione tacita, soprattutto nelle aree suburbane, contadini ed indigeni. 3. Il colonialismo interno, autentico sfruttamento delle classi meno avvantaggiate, per settori privilegiati della nazione. 4. Un sistema di sviluppo economico che grava fondamentalmente sulle classi popolari. 5. La concentrazione del potere decisionale nelle mani di pochi. 6. Il controllo governativo sui mezzi di comunicazione sociale. 7. La carenza delle nostre istituzioni universitarie, che nella sua ricerca, cattedre, piani di studio e proiezione sociale, non hanno risposto sufficientemente ai problemi che angosciano al paese.
Il giovane studente politecnico Felix Lucio Hernandez Gamundi e il signore Jose Agustin Roman Herrera, venditore di diversi articoli di casa in casa, non si conoscevano e solo coinciderebbero momentaneamente in un'agitata riunione di genitori, la quale costituirebbe per entrambi un indimenticabile evento.

Nato il 30 agosto 1946 nella piccola popolazione di Balcazar, situata nella Huasteca Veracruzana, Felix Lucio Hernandez Gamundi costituiva un classico rappresentante del tipo di dirigenti che predominano nei comitati di sciopero. Intelligente e onesto, coraggioso e tenace, aveva trascorso diversi anni in lotta per una genuina rappresentazione studentesca. Primo nella Vocacional Due e dopo nella Scuola Superiore di Ingegneria Meccanica ed Elettrica (ESIME) si era distinto per la sua implacabile opposizione alla corrotta e pro-governo Federazione Nazionale di Studenti Tecnici (FENET). L'indifferenza degli alunni e le ampie risorse che disponeva la federazione studentesca ufficiale avevano frustrato ripetutamente i suoi sforzi di rinnovazione. Cominciando il Movimento, Gamundi (i suoi compagni lo chiamavano sempre per il suo secondo cognome e non per il primo) era stato designato per stragrande maggioranza dirigente del comitato di sciopero dell'ESIME.

Una delle prime disposizioni adottate per il brillante dirigente studentesco consisté nell'immediata requisizione degli autobus dell'Istituto Politecnico Nazionale. Come in tutte le istituzioni educative che si dichiaravano in sciopero, nel Politecnico si stavano formando in grande fretta numerose brigate che avevano al suo carico le più svariate attività, da raccogliere fondi fino a distribuire volantini. Gamundi stimò che il poter disporre di un buon numero di veicoli sarebbe per le brigate di inestimabile valore. Inoltre, intuendo che l'appena iniziato Movimento era molto di più che un semplice conflitto studentesco, considerò la necessità di ottenere la partecipazione dei genitori degli studenti e chiese ai suoi compagni che invitassero alle loro rispettive famiglie ad un'assemblea, la quale avrebbe come scopo informarli dei motivi dello sciopero e chiederli la loro attiva collaborazione.

Lieto di vedere l'incessante arrivo di studenti accompagnati dai loro genitori, Gamundi rimaneva all'ingresso dell'ESIME aspettando il tempo previsto per cominciare l'assemblea. Stava per andare all'auditorium dove si effettuerebbe la riunione, quando osservò che a scarsa distanza parcheggiava in doppia fila una volkswagen di colore verde oliva il cui parafango destro era considerevolmente ammaccato. Dell'interno del veicolo scesero due persone: un uomo di forte muscolatura ed aquilino naso e una giovane di singolare bellezza che indossava la divisa delle hostess olimpiche.

L'accompagnatore dell'Hostess interrogò il primo studente che attraversò la loro strada:

-Scusa, non sai dove potremmo localizzare il compagno Hernandez Gamundi?

L'interrogato segnalò verso la vicina, alta e magra figura di Gamundi.

-Eccolo lì - rispose.

-Come va, buona sera - affermò l'Hostess al tempo che un sorriso l'illuminava il viso ed allungava la mano al dirigente studentesco.

Gamundi strinse la mano della giovane e nel farlo una serie di emozioni scossero il suo spirito. La improvvisa evocazione delle foreste, fiumi e montagne della sua terra natale, gli fece capire che si trovava davanti ad un essere dotato della stessa potente energia e immacolata purezza che caratterizza le forze naturali. Dall'Hostess emanava un magnetismo simile a quello esistente nell'aria poco prima dello scoppio di una tempesta; tuttavia, ciò non generava intorno a lei una sensazione di paura, al contrario, la sua presenza propiziava una atmosfera di serenità e fiducia. La voce della giovane, dolce e seria contemporaneamente, affermò:

-Stiamo lavorando moltissimo per diffondere al massimo il Movimento, sappiamo che tu sei chi sta distribuendo gli autobus del Poli e vogliamo che ci presti uno.

Gamundi non ebbe tempo di dare risposta alla richiesta che l'era formulata, perché proprio in quel momento arrivò di corsa un studente con preoccupata espressione riflessa sul volto.

-Amico - esclamò appena l'arrivato -, vieni presto, un papà iniziò l'assemblea e sta farneticando contro lo sciopero.

Se mi permettono, dopo parliamo - disse Gamundi mentre si dirigeva veloce all'auditorium.

-Andiamo con te - affermò l'Hostess.
Jose Agustin Roman Herrera aveva moglie e dieci figli, ai quali sosteneva con il suo lavoro di agente venditore di casa in casa. Nessuno tranne chi ha svolto questa classe di attività, sa quanto sia difficile guadagnare un salario dal loro esercizio. Una barriera di indifferenza - e spesso di franca ostilità - costituisce comunemente il ricevimento che si concede a coloro che bussano nelle porte pretendendo di vendere diversi prodotti. Sconforto ed abbattimento finiscono per sconfiggere alla maggior parte delle persone dedicate a questi lavori. Tuttavia, non era stato quello il caso del signor Roman Herrera. Possessore di una forte volontà e di un invincibile ottimismo, realizzava giorno dopo giorno non solo il miracolo di ottenere i mezzi sufficienti per sostenere la sua numerosa famiglia, bensì di preservare il suo gioviale carattere.

La forza che forniva sostentamento alla volontà ed ottimismo dell'agente venditore proveniva di una doppia origine. In primo luogo derivava dall'amore che lo legava alla sua moglie, che effettuava quotidiani prodigi per sfruttare al massimo fino all'ultimo centesimo che entrava nella casa. In secondo luogo, detta forza derivava dall'illusione che aveva il signor Herrera di riuscire a fare di ciascuno dei suoi figli un distaccato professionista. Al momento dell'ingresso di suo figlio maggiore alla Scuola Superiore di Ingegneria Meccanica ed Elettrica dell'Istituto Politecnico Nazionale, la anelata illusione cominciò a profilarsi come una possibile realtà. L'improvviso scoppio del conflitto studentesco e la successiva sospensione delle lezioni, furono considerati dal preoccupato padre di famiglia come una seria minaccia al futuro che sognava per i loro figli. Non appena ebbe conoscenza dell'assemblea che si realizzerebbe nell'ESIME per informare i parenti degli studenti, decise di andare a questa accompagnato da sua moglie ed esporre il suo radicale dissenso con lo sciopero.

L'auditorium era pieno da scoppiare e mancavano ancora trenta minuti per l'inizio dell'assemblea. Il signor Roman Herrera dialogava animatamente in una mischia di padri di famiglia, constatando che l'opinione generalizzata di questi era contraria a che i loro figli smettessero di studiare per motivi che a nessuno dei presenti risultava loro comprensibile. Una signora espresse che se la riunione era di padri di famiglia non aveva senso di aspettare che gli studenti autorizzassero l'inizio della stessa. La proposta di dare inizio all'assemblea fu approvata all'unanimità.

Senza aspettare più e senza salire sul palco - parlando dal suo posto nella prima fila delle poltrone dell'auditorium - il signor Roman Herrera espresse la sua opinione con frasi che traboccavano convinzione: gli studenti politecnici, come gli universitari, godevano dell'eccezionale privilegio di acquisire gratuitamente una formazione professionale; sprecare una tale splendida opportunità sarebbe un imperdonabile errore di cui si pentirebbero il resto delle loro vite. Era urgente, pertanto, riprendere quanto prima le lezioni e recuperare il tempo perso.

Uno scoppio di prolungati applausi siglò le parole dell'improvvisato oratore. Gli studenti che accompagnavano i loro parenti erano preda del più completo sconcerto. Sebbene non si avevano aderiti agli applausi, rimanevano in silenzio e senza trovare il modo di contrastare l'evidente sentire dell'assemblea. Una signora ancora giovane ma il cui viso sembrava prematuramente invecchiato, sintetizzò in una frase - che subito cominciò ad essere ripetuta - la generalizzata opinione dei padri di famiglia:

-A lezioni sì, sciopero non!

Seguito da una mezza dozzina di studenti, così come da una bella hostess e da un soggetto di solide fazioni, Felix Lucio Hernandez Gamundi, dirigente del comitato di sciopero dell'ESIME, entrò al locale ed ascendendo al palco prese sedile in unione dei suoi accompagnatori di fronte ad un lungo tavolo. Vedendolo arrivare gli studenti che si trovavano nell'auditorium lo riceverono con applausi. I padri di famiglia compresero che erano arrivati i dirigenti dello sciopero e scoppiarono in una sonora fischia. Imperturbabile, Gamundi aspettò pazientemente che si calmassero i fischi. Il suo sguardo percorse senza animosità i visi dei multipli compagni che colmavano il locale; in ciascuno di essi credé vedere rappresentati i propri genitori. Notando che il tono della protesta diminuiva, espresse:

-Stimati padri di famiglia, vi ringrazio per la loro presenza. Comprendiamo perfettamente che non siano d'accordo con la sospensione delle lezioni, ma questa è il risultato di un conflitto che gli studenti non cerchiamo. Ci interessa conoscere la loro opinione, ma vogliamo anche che voi conosciate le cause e gli obiettivi del Movimento nel quale stanno partecipando i loro figli.

-Questo è esattamente ciò che non capiamo - gridò dal suo sedile un robusto operaio -. Quali sono in realtà gli obiettivi di questo Movimento?

Gamundi apriva già la bocca per rispondere alla domanda, quando l'Hostess lo sorpassò. La sua voce sembrava provenire da una dimensione sconosciuta, ciascuna delle sue parole rimbombò in quel riempito locale con la forza di una scossa elettrica; probabilmente così, con quel stesso rivelatore rombo, è come hanno risuonato i messaggi dei profeti di tutti i tempi:

-Il vero obiettivo di questo Movimento è quello di riuscire che il Messico risvegli, e se voi collaborate ce la faremo. Quale è la vostra risposta?

Il signore Roman Herrera non aveva staccato gli occhi dall'Hostess dal momento in cui questa facesse il suo ingresso nel locale. In virtù della sua lunga esperienza come agente di vendite possedeva una speciale facoltà per determinare, con incredibile precisione e velocità, le principali caratteristiche delle persone con cui entrava in contatto. Comprese subito che si trovava in presenza di un essere eccezionale. Anche il più piccolo dei gesti e movimenti di quella giovane evidenziavano un'elevata spiritualità. C'era nell'Hostess qualcosa che ispirava la certezza che era sempre pronta ad ascoltare, comprendere ed aiutare gli altri. Era giustamente la persona ideale che qualcuno che sta vendendo porta in porta si sentirebbe affascinato di trovare in ogni casa. Ancora vibrava  nell'aria la domanda posta per la giovane, quando il signore Roman Herrera, alzandosi con la faccia accesa di emozione, esclamò con forte voce:

-Che la nostra risposta sia un inno per il Messico, forza, tutti insieme, una, due, tre!

Forte e caldo, l'inno rimbombò nel chiuso recinto unificando tutti i presenti in una unica e potente volontà:
Si qui ti bum a la bim bom ba 
Si qui ti bum a la bim bom ba 
Alabio, alabao, a la bim bom ba 
¡Messico, Messico, Ra, Ra, Ra!
Concluso l'inno si sollevò un enorme baccano. Alzati dei suoi sedili e posseduti di una febbrile eccitazione, tutti i padri di famiglia tentavano di far conoscere il modo in cui ognuno di essi collaborerebbe nel Movimento. Gamundi tentò - e finalmente ci riuscì - mettere un po' d'ordine in quel mare magnum. Si integrarono le più diverse commissioni. Così, per esempio, alcune avrebbero al suo carico l'elaborazione di alimenti per i brigatisti, mentre altre si occuperebbero nell'edizione di volantini, raccolta fondi e mantenimento dei veicoli. Il signore Roman Herrera formulò la proposta - che immediatamente fu accettata - che si integrasse una "Coalizione di padri di famiglia", la quale doveva coordinare le attività di tutti i genitori che a sostegno dei loro figli dimostrassero solidarietà con il Movimento.

Era circa mezzanotte quando lasciarono l'ESIME gli ultimi padri di famiglia. Gamundi portò all'Hostess ed il suo accompagnatore fino al luogo dove si tenevano gli autobus del Politecnico. Dopo aver esaminato il corretto funzionamento di uno dei veicoli, fece consegna delle corrispondenti chiavi. La giovane non sapeva guidare e la persona che veniva con lei doveva guidare la sua propria automobile. Diversi studenti si offrirono a portare il mezzo fino al domicilio dell'Hostess. Seguendo l'ammaccata volkswagen, l'autobus di colori vinaccia e bianco si allontanò lentamente fino a scomparire dalla vista. Gamundi lo vide andare via pienamente convinto che quel autobus sarebbe - al di sopra di qualsiasi altro veicolo - quello che fornirebbe maggiori servizi al Movimento.